Lucamaleonte, artista e illustratore con la passione per la botanica e i bestiari

About the Author: Alessia

Published On: 12 Luglio 2018

Tempo stimato per la lettura: 6,8 minuti

Lucamaleonte, classe 1983, vive e lavora a Roma. Laureato all’Istituto Centrale per il Restauro, è attivo nel campo della StencilArt dal 2001.
È entrato in contatto con la street art realizzando stencil sui muri di Roma, dedicandosi poi ad opere sempre più elaborate dipinte su tela.
Ha partecipato, nel corso degli anni, a diverse esposizioni sia in gallerie italiane, sia all’estero, in Inghilterra, Stati Uniti, Australia.

Cosa significa essere uno street artist? Perché hai iniziato?
Innanzitutto premetto che io non penso di essere uno street artist, perché non faccio più cose illegali, o ne faccio molto poche. In ogni caso, per me significa semplicemente avere a disposizione più spazi per i miei lavori rispetto ad un artista tradizionale. Lavorare all’esterno è molto interessante perché devo adattare il mio linguaggio all’ambiente in cui vado ad operare. Di contro ho anche una grande responsabilità, perché le opere sono viste da tutti.

Infatti sei un meraviglioso illustratore, aperto alle collaborazioni come negli ultimi due casi, solo per citarne alcuni: uno presso l’Hotel Horti a Trastevere a Roma e l’altro nel lancio del nuovo album musicale del rapper Lucci, che racchiude 8 tracce, accompagnate dalle tue grafiche. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze? Cosa significano nel tuo percorso artistico?
Mi piace molto poter alternare progetti personali dove sono libero di decidere tutto io, a lavori legati ad una committenza privata. Spesso avere delle limitazioni imposte, delle scadenze da rispettare, dover veicolare un messaggio che non è mio, è stimolante e mi aiuta molto a migliorarmi, a spingere un po’ più avanti, a tenere i piedi ben saldi a terra. A ricordarmi che, oltre ad essere una vocazione, il mio, alla fine dei conti è solo un lavoro. Il più bello del mondo, ma pur sempre un lavoro.

Ci racconti della tua passione per la botanica? Da cosa deriva? I tuoi studi in Accademia c’entrano con il tuo stile?
La passione per la botanica e per i bestiari nasce dalla mia passione per tutto ciò che è compilation ed enciclopedico, dal raggruppare mucchi di cose tematicamente. Lo faccio anche io nella mia vita. Il metodo da archivista mi affascina molto e, unendolo al mio amore per le tecniche calcografiche, nasce la passione per gli erbari ed i bestiari.
Studiare all’Istituto Centrale per il Restauro sicuramente mi ha aiutato ad avere certe conoscenze, ma a livello tematico non mi ha influenzato.

Cos’è, per te, un muro?
Una superficie come un’altra su cui lavorare, ma che, a differenza di una tela, possiede una storia e un’identità, non solo per me, ma per chi la abita tutti i giorni.

Ph. Lucamaleonte, credits by Carlo Taccari

Che direzione segue la street art in Italia?
Non saprei dire, cerco di restare ai margini e guardare meno cose possibili per non farmi influenzare. Quello che vedo non mi piace molto però, con il tempo il livello si è abbassato, ed il pubblico non se ne accorge, anzi, spesso eleva gli street artist a star, mentre spesso si tratta solo di persone brave a comunicare sul web.

Che cos’è il talento, come si sviluppa?
Il talento è un seme, alla nascita ognuno ne ha uno, ma se non lo si coltiva con cura, e non lo si annaffia tutti i giorni, è difficile che dia frutti.
Io non sarei chi sono se non avessi avuto la possibilità di disegnare ogni giorno della mia vita da quando ho memoria. Sono stato anche molto fortunato, perché la mia famiglia mi ha sempre dato la possibilità di farlo, e mi ha sostenuto nei momenti più complicati. Ho avuto anche un background culturale che mi ha permesso di pensare a questo mestiere come una possibilità, non solo un sogno.

Che cos’è che, oggi, potrebbe fare la differenza?
Studiare il più possibile la Storia dell’Arte.

La prima volta che hai visto un artista di strada, il tuo primo ricordo in questo senso…
La prima opera street art che ho visto era a Roma, forse nel 2000 o 2001: uno stencil di JBRock su una colonnina per pagare il parcheggio, un piccolo ritratto di una persona che urla, fatta con lo spray marrone, in zona Piazza Sant’Emerenziana. Me lo ricordo perfettamente, da quel momento ho iniziato ad indagare per capire chi fosse JB e alla fine, collegando un po’ di elementi, ho riconosciuto il cugino di un mio amico, che conoscevo dal 1990 circa.

I tuoi maestri, i tuoi punti di riferimento nell’Arte…Da cosa trai ispirazione?
Ho tanti punti di riferimento, Durer, Holbein, Dorè sono quelli che osservo più spesso. Per quanto riguarda invece artisti contemporanei, sicuramente Marcello Crescenzi “Rise Above”, JBRock per l’attitudine, Hitnes, e tutta una serie di illustratori statunitensi per nulla conosciuti qui in Italia.

Ti è mai successo di partire con un’idea e di cambiarla in corso d’opera?
Non penso, sono abbastanza rigido e faccio degli studi approfonditi prima di realizzare un bozzetto. Al massimo devo adattare qualche dettaglio, ma si tratta sempre di poca roba.

Da bambino avresti voluto diventare…
Lo zoologo o l’entomologo, poi, in adolescenza, il fumettista.

Come ti vedi fra tre anni…
Mi immagino esattamente incasinato come ora, con mille lavori accavallati, ma felice.
Spero solo che sarà più semplice gestire il mio tempo e riuscire a bilanciare il tempo passato a lavorare con quello dedicato alle persone che mi sono vicine.

Secondo te verso chi è difficile spiegare ciò che fai?
Non ho mai riscontrato difficoltà, forse i più conservatori sono le persone anziane, ma spesso è proprio da loro che arrivano i maggiori apprezzamenti, in forma di piatti di pasta e dolci mentre sto dipingendo vicino a casa loro!

Che atteggiamento trovi nelle persone che ti osservano mentre componi un’opera?
Non saprei, e non mi interessa neanche tanto. Quando lavoro resto concentrato il più possibile su quello che sto facendo e non faccio caso alle persone che passano.

Viaggi in tante città nel mondo…qual è quella che avrà sempre un posto nel tuo cuore?
Oltre Roma, il luogo più bello dove ho dipinto è senza dubbio Salvador de Bahia in Brasile. Ho trascorso 15 giorni 6 anni fa e ancora ci penso. Vorrei tornarci prima o poi, ho dipinto tre murales lì. Vorrei portare la mia famiglia, ma non credo che potrei viverci.

Hai sempre voluto fare questo o il tuo percorso artistico è diverso e ci sei arrivato per altre vie?
È capitato per caso, in realtà. Aver iniziato con i graffiti a metà degli anni ’90 mi ha dato quell’approccio che altrimenti non avrei mai avuto. Ho interrotto i graffiti presto perché ero veramente scarso e non mi piaceva dipingere da solo. L’amore per la strada era rimasto.

Cosa vuol dire per te “creatività”?
Saper leggere la realtà e trasformarla attraverso il proprio sguardo, in maniera originale, offrendo punti di vista differenti.

“La bellezza salverà il mondo” recita una frase famosa. Sei d’accordo? Se sì, quando avverrà? Perché?
Non credo che serva la bellezza per salvare il mondo; credo che serva la cultura del rispetto nel prossimo, la conoscenza della storia dell’uomo…riuscire ad avere uno sguardo critico sui tempi che stiamo vivendo. Ovviamente tutto questo è veicolato anche attraverso la bellezza, ma quello che serve sono i contenuti.

I tuoi prossimi progetti.
Sono stato a Verona a fine giugno per dipingere per un’associazione. Ora sono concentrato principalmente sulla mia personale di novembre, a Milano.

FB: Lucamaleonte
Instagram: lucamaleonte

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Published On: 12 Luglio 2018

About the Author: Alessia

Tempo stimato per la lettura: 20 minuti

Lucamaleonte, classe 1983, vive e lavora a Roma. Laureato all’Istituto Centrale per il Restauro, è attivo nel campo della StencilArt dal 2001.
È entrato in contatto con la street art realizzando stencil sui muri di Roma, dedicandosi poi ad opere sempre più elaborate dipinte su tela.
Ha partecipato, nel corso degli anni, a diverse esposizioni sia in gallerie italiane, sia all’estero, in Inghilterra, Stati Uniti, Australia.

Cosa significa essere uno street artist? Perché hai iniziato?
Innanzitutto premetto che io non penso di essere uno street artist, perché non faccio più cose illegali, o ne faccio molto poche. In ogni caso, per me significa semplicemente avere a disposizione più spazi per i miei lavori rispetto ad un artista tradizionale. Lavorare all’esterno è molto interessante perché devo adattare il mio linguaggio all’ambiente in cui vado ad operare. Di contro ho anche una grande responsabilità, perché le opere sono viste da tutti.

Infatti sei un meraviglioso illustratore, aperto alle collaborazioni come negli ultimi due casi, solo per citarne alcuni: uno presso l’Hotel Horti a Trastevere a Roma e l’altro nel lancio del nuovo album musicale del rapper Lucci, che racchiude 8 tracce, accompagnate dalle tue grafiche. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze? Cosa significano nel tuo percorso artistico?
Mi piace molto poter alternare progetti personali dove sono libero di decidere tutto io, a lavori legati ad una committenza privata. Spesso avere delle limitazioni imposte, delle scadenze da rispettare, dover veicolare un messaggio che non è mio, è stimolante e mi aiuta molto a migliorarmi, a spingere un po’ più avanti, a tenere i piedi ben saldi a terra. A ricordarmi che, oltre ad essere una vocazione, il mio, alla fine dei conti è solo un lavoro. Il più bello del mondo, ma pur sempre un lavoro.

Ci racconti della tua passione per la botanica? Da cosa deriva? I tuoi studi in Accademia c’entrano con il tuo stile?
La passione per la botanica e per i bestiari nasce dalla mia passione per tutto ciò che è compilation ed enciclopedico, dal raggruppare mucchi di cose tematicamente. Lo faccio anche io nella mia vita. Il metodo da archivista mi affascina molto e, unendolo al mio amore per le tecniche calcografiche, nasce la passione per gli erbari ed i bestiari.
Studiare all’Istituto Centrale per il Restauro sicuramente mi ha aiutato ad avere certe conoscenze, ma a livello tematico non mi ha influenzato.

Cos’è, per te, un muro?
Una superficie come un’altra su cui lavorare, ma che, a differenza di una tela, possiede una storia e un’identità, non solo per me, ma per chi la abita tutti i giorni.

Ph. Lucamaleonte, credits by Carlo Taccari

Che direzione segue la street art in Italia?
Non saprei dire, cerco di restare ai margini e guardare meno cose possibili per non farmi influenzare. Quello che vedo non mi piace molto però, con il tempo il livello si è abbassato, ed il pubblico non se ne accorge, anzi, spesso eleva gli street artist a star, mentre spesso si tratta solo di persone brave a comunicare sul web.

Che cos’è il talento, come si sviluppa?
Il talento è un seme, alla nascita ognuno ne ha uno, ma se non lo si coltiva con cura, e non lo si annaffia tutti i giorni, è difficile che dia frutti.
Io non sarei chi sono se non avessi avuto la possibilità di disegnare ogni giorno della mia vita da quando ho memoria. Sono stato anche molto fortunato, perché la mia famiglia mi ha sempre dato la possibilità di farlo, e mi ha sostenuto nei momenti più complicati. Ho avuto anche un background culturale che mi ha permesso di pensare a questo mestiere come una possibilità, non solo un sogno.

Che cos’è che, oggi, potrebbe fare la differenza?
Studiare il più possibile la Storia dell’Arte.

La prima volta che hai visto un artista di strada, il tuo primo ricordo in questo senso…
La prima opera street art che ho visto era a Roma, forse nel 2000 o 2001: uno stencil di JBRock su una colonnina per pagare il parcheggio, un piccolo ritratto di una persona che urla, fatta con lo spray marrone, in zona Piazza Sant’Emerenziana. Me lo ricordo perfettamente, da quel momento ho iniziato ad indagare per capire chi fosse JB e alla fine, collegando un po’ di elementi, ho riconosciuto il cugino di un mio amico, che conoscevo dal 1990 circa.

I tuoi maestri, i tuoi punti di riferimento nell’Arte…Da cosa trai ispirazione?
Ho tanti punti di riferimento, Durer, Holbein, Dorè sono quelli che osservo più spesso. Per quanto riguarda invece artisti contemporanei, sicuramente Marcello Crescenzi “Rise Above”, JBRock per l’attitudine, Hitnes, e tutta una serie di illustratori statunitensi per nulla conosciuti qui in Italia.

Ti è mai successo di partire con un’idea e di cambiarla in corso d’opera?
Non penso, sono abbastanza rigido e faccio degli studi approfonditi prima di realizzare un bozzetto. Al massimo devo adattare qualche dettaglio, ma si tratta sempre di poca roba.

Da bambino avresti voluto diventare…
Lo zoologo o l’entomologo, poi, in adolescenza, il fumettista.

Come ti vedi fra tre anni…
Mi immagino esattamente incasinato come ora, con mille lavori accavallati, ma felice.
Spero solo che sarà più semplice gestire il mio tempo e riuscire a bilanciare il tempo passato a lavorare con quello dedicato alle persone che mi sono vicine.

Secondo te verso chi è difficile spiegare ciò che fai?
Non ho mai riscontrato difficoltà, forse i più conservatori sono le persone anziane, ma spesso è proprio da loro che arrivano i maggiori apprezzamenti, in forma di piatti di pasta e dolci mentre sto dipingendo vicino a casa loro!

Che atteggiamento trovi nelle persone che ti osservano mentre componi un’opera?
Non saprei, e non mi interessa neanche tanto. Quando lavoro resto concentrato il più possibile su quello che sto facendo e non faccio caso alle persone che passano.

Viaggi in tante città nel mondo…qual è quella che avrà sempre un posto nel tuo cuore?
Oltre Roma, il luogo più bello dove ho dipinto è senza dubbio Salvador de Bahia in Brasile. Ho trascorso 15 giorni 6 anni fa e ancora ci penso. Vorrei tornarci prima o poi, ho dipinto tre murales lì. Vorrei portare la mia famiglia, ma non credo che potrei viverci.

Hai sempre voluto fare questo o il tuo percorso artistico è diverso e ci sei arrivato per altre vie?
È capitato per caso, in realtà. Aver iniziato con i graffiti a metà degli anni ’90 mi ha dato quell’approccio che altrimenti non avrei mai avuto. Ho interrotto i graffiti presto perché ero veramente scarso e non mi piaceva dipingere da solo. L’amore per la strada era rimasto.

Cosa vuol dire per te “creatività”?
Saper leggere la realtà e trasformarla attraverso il proprio sguardo, in maniera originale, offrendo punti di vista differenti.

“La bellezza salverà il mondo” recita una frase famosa. Sei d’accordo? Se sì, quando avverrà? Perché?
Non credo che serva la bellezza per salvare il mondo; credo che serva la cultura del rispetto nel prossimo, la conoscenza della storia dell’uomo…riuscire ad avere uno sguardo critico sui tempi che stiamo vivendo. Ovviamente tutto questo è veicolato anche attraverso la bellezza, ma quello che serve sono i contenuti.

I tuoi prossimi progetti.
Sono stato a Verona a fine giugno per dipingere per un’associazione. Ora sono concentrato principalmente sulla mia personale di novembre, a Milano.

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