Wangechi Mutu alla Galleria Borghese: la poesia della materia e il mito della trasformazione

Tempo stimato per la lettura: 3,5 minuti
Dal 10 giugno al 14 settembre 2025, la Galleria Borghese apre le sue porte a un progetto senza precedenti: Poemi della terra nera, la prima mostra personale in Italia dell’artista keniota-americana Wangechi Mutu, a cura di Cloé Perrone. Per la prima volta, le sale dell’antica residenza del Cardinal Scipione, la facciata del museo e i Giardini Segreti diventano il palcoscenico per una potente riflessione poetica e visiva sull’identità, la metamorfosi e il dialogo tra mondi.
La mostra è resa possibile grazie al sostegno di FENDI, sponsor ufficiale del progetto, che conferma l’importanza della sinergia tra arte, istituzioni e mondo della moda nella promozione della ricerca artistica internazionale.
Un intervento site-specific tra poesia e materia viva
Il titolo della mostra – Poemi della terra nera – richiama la forza generativa della terra, fertile e malleabile, che qui diventa metafora della pratica artistica di Mutu: radicata nella materia, ma in grado di evocare memorie, miti e possibilità future. Come in un rito arcaico e visionario, le sue opere emergono dalla terra e si integrano nello spazio della Galleria, dando vita a un dialogo multistrato tra antichità e contemporaneità.
Sospensioni, corpi e nuove narrazioni
Dentro le sale museali, Mutu agisce in punta di piedi, senza mai sovrastare la collezione Borghese, ma proponendo una convivenza inedita: presenze fluttuanti, leggere, che sfidano la gravità e i significati consolidati. Le opere Ndege, Suspended Playtime, First Weeping Head e Second Weeping Head pendono dai soffitti come simboli di una nuova percezione, dove il vuoto e il silenzio sono spazi di ascolto.
Materiali come segni di resistenza
La scelta dei materiali è un atto poetico e politico. Mutu contamina il linguaggio classico del museo con elementi organici e mutevoli: bronzo, legno, piume, cera, terra. Il bronzo, che qui perde la sua rigidità storica, diventa memoria viva, corpo fluido, ponte tra culture e tempi. Questo gesto anticipa uno dei grandi temi del 2026 per la Galleria: la metamorfosi come forma del reale.
La Galleria Borghese un organismo vivo
L’intervento artistico non si ferma all’interno. All’esterno, nella facciata e nei Giardini Segreti, Mutu inserisce opere come The Seated I e IV, Nyoka, Water Woman, Musa, e Heads in a Basket. Queste forme ibride e mitologiche, nate da una commistione tra simbolismo africano e cultura globale, rompono l’ordine classico, portando la spiritualità, la trasformazione e l’ambiguità al centro della scena.
Il suono come memoria e resistenza
Nella mostra, anche il suono diventa materia artistica. Dalle composizioni sospese come Poems for my great Grandmother I al potente Grains of War, tratto dal discorso di Haile Selassie che ispirò Bob Marley, Mutu costruisce un linguaggio scultoreo del suono, che attraversa la mostra come una corrente invisibile.
Un’estensione alla American Academy in Rome
Il percorso espositivo prosegue all’American Academy in Rome con l’opera Shavasana I, scultura bronzea che evoca il silenzio, la morte e la dignità del corpo. Posizionata tra epigrafi funerarie romane, l’opera amplifica i temi del lutto e della memoria, connettendo presente e passato in un’unica linea emotiva e politica.
Un nuovo capitolo dell’arte contemporanea alla Galleria Borghese
Dopo le mostre di Giuseppe Penone e Louise Bourgeois, Poemi della terra nera conferma l’impegno della Galleria Borghese nel costruire ponti tra storia e contemporaneità, offrendo nuovi sguardi sul patrimonio e sul presente. Wangechi Mutu ci invita a riconsiderare lo spazio museale come una zona fertile di domande, mutazioni e nuove mitologie.
Leggi anche Un’estate italiana per Louise Bourgeois tra Firenze, Roma e Napoli
Leggi anche: Giuseppe Penone: da Roma a Parigi
Crediti immagini
1 – WANGECHI MUTU, Suspended Playtime, 2012 – Installation View at the Staatliche Kunsthalle Baden-Baden, Germany. Courtesy of the Artist and Gladstone Gallery
2 – WANGECHI MUTU, Poems by my great grandmother I, 2017. Courtesy of the Artist and Victoria Miro, London.
3 – WANGECHI MUTU © Khadija Farah
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Wangechi Mutu alla Galleria Borghese: la poesia della materia e il mito della trasformazione
Tempo stimato per la lettura: 11 minuti
Dal 10 giugno al 14 settembre 2025, la Galleria Borghese apre le sue porte a un progetto senza precedenti: Poemi della terra nera, la prima mostra personale in Italia dell’artista keniota-americana Wangechi Mutu, a cura di Cloé Perrone. Per la prima volta, le sale dell’antica residenza del Cardinal Scipione, la facciata del museo e i Giardini Segreti diventano il palcoscenico per una potente riflessione poetica e visiva sull’identità, la metamorfosi e il dialogo tra mondi.
La mostra è resa possibile grazie al sostegno di FENDI, sponsor ufficiale del progetto, che conferma l’importanza della sinergia tra arte, istituzioni e mondo della moda nella promozione della ricerca artistica internazionale.
Un intervento site-specific tra poesia e materia viva
Il titolo della mostra – Poemi della terra nera – richiama la forza generativa della terra, fertile e malleabile, che qui diventa metafora della pratica artistica di Mutu: radicata nella materia, ma in grado di evocare memorie, miti e possibilità future. Come in un rito arcaico e visionario, le sue opere emergono dalla terra e si integrano nello spazio della Galleria, dando vita a un dialogo multistrato tra antichità e contemporaneità.
Sospensioni, corpi e nuove narrazioni
Dentro le sale museali, Mutu agisce in punta di piedi, senza mai sovrastare la collezione Borghese, ma proponendo una convivenza inedita: presenze fluttuanti, leggere, che sfidano la gravità e i significati consolidati. Le opere Ndege, Suspended Playtime, First Weeping Head e Second Weeping Head pendono dai soffitti come simboli di una nuova percezione, dove il vuoto e il silenzio sono spazi di ascolto.
Materiali come segni di resistenza
La scelta dei materiali è un atto poetico e politico. Mutu contamina il linguaggio classico del museo con elementi organici e mutevoli: bronzo, legno, piume, cera, terra. Il bronzo, che qui perde la sua rigidità storica, diventa memoria viva, corpo fluido, ponte tra culture e tempi. Questo gesto anticipa uno dei grandi temi del 2026 per la Galleria: la metamorfosi come forma del reale.
La Galleria Borghese un organismo vivo
L’intervento artistico non si ferma all’interno. All’esterno, nella facciata e nei Giardini Segreti, Mutu inserisce opere come The Seated I e IV, Nyoka, Water Woman, Musa, e Heads in a Basket. Queste forme ibride e mitologiche, nate da una commistione tra simbolismo africano e cultura globale, rompono l’ordine classico, portando la spiritualità, la trasformazione e l’ambiguità al centro della scena.
Il suono come memoria e resistenza
Nella mostra, anche il suono diventa materia artistica. Dalle composizioni sospese come Poems for my great Grandmother I al potente Grains of War, tratto dal discorso di Haile Selassie che ispirò Bob Marley, Mutu costruisce un linguaggio scultoreo del suono, che attraversa la mostra come una corrente invisibile.
Un’estensione alla American Academy in Rome
Il percorso espositivo prosegue all’American Academy in Rome con l’opera Shavasana I, scultura bronzea che evoca il silenzio, la morte e la dignità del corpo. Posizionata tra epigrafi funerarie romane, l’opera amplifica i temi del lutto e della memoria, connettendo presente e passato in un’unica linea emotiva e politica.
Un nuovo capitolo dell’arte contemporanea alla Galleria Borghese
Dopo le mostre di Giuseppe Penone e Louise Bourgeois, Poemi della terra nera conferma l’impegno della Galleria Borghese nel costruire ponti tra storia e contemporaneità, offrendo nuovi sguardi sul patrimonio e sul presente. Wangechi Mutu ci invita a riconsiderare lo spazio museale come una zona fertile di domande, mutazioni e nuove mitologie.
Leggi anche Un’estate italiana per Louise Bourgeois tra Firenze, Roma e Napoli
Leggi anche: Giuseppe Penone: da Roma a Parigi
Crediti immagini
1 – WANGECHI MUTU, Suspended Playtime, 2012 – Installation View at the Staatliche Kunsthalle Baden-Baden, Germany. Courtesy of the Artist and Gladstone Gallery
2 – WANGECHI MUTU, Poems by my great grandmother I, 2017. Courtesy of the Artist and Victoria Miro, London.
3 – WANGECHI MUTU © Khadija Farah
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