ISAO TAKAHATA. L’anima del Giappone animato in mostra a Parigi

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 6 Settembre 2025

Tempo stimato per la lettura: 3,3 minuti

Parigi si tinge dei colori d’autunno e accoglie una mostra che incanta con la sua poesia visiva: “Isao Takahata – Pionnier du dessin animé contemporain, de l’après-guerre au Studio Ghibli”, in scena dal 15 ottobre 2025 al 24 gennaio 2026 presso la Maison de la culture du Japon a Parigi. Un omaggio vibrante e magistrale a uno dei grandi visionari dell’animazione mondiale, che ha saputo trasformare il disegno in poesia, il quotidiano in arte, l’infanzia in una filosofia.

Isao Takahata (1935–2018), cofondatore dello Studio Ghibli insieme a Hayao Miyazaki e Toshio Suzuki, è oggi celebrato con un percorso espositivo curato da Kazuyoshi Tanaka (Studio Ghibli) e arricchito dalla consulenza scientifica di Ilan Nguyên (MEMA), che racconta oltre cinquant’anni di carriera: un viaggio intimo, stratificato e potente, tra schizzi, storyboard, animazioni originali e memorie visive. Un evento che non è solo una mostra, ma una meditazione viva sul tempo, la memoria e la bellezza.

Gli inizi: la rivoluzione di un giovane regista

Il racconto inizia negli anni ’60, nei corridoi ferventi della Toei Doga, la fucina in cui Takahata inizia a scolpire il suo linguaggio. Qui, nel 1968, firma Horus, principe del sole: un film collettivo, ambizioso, in anticipo sui tempi. È un’opera-manifesto, dove l’animazione cessa di essere solo intrattenimento per bambini per abbracciare la complessità del mondo adulto. Già da allora, Takahata non cerca l’evasione, ma la verità. E il disegno si fa strumento di indagine umana.

La delicatezza del quotidiano

Negli anni ’70, abbandonata Toei, Takahata abbraccia l’universo delle serie televisive. Heidi (1974), Marco (1976), Anne (1979): non solo cartoni animati, ma affreschi dell’infanzia, sospesi tra malinconia e speranza. In un contesto industriale che impone ritmi frenetici, lui sceglie il dettaglio, il respiro, la semplicità. In ogni gesto – un pasto condiviso, una carezza, una corsa tra i campi – c’è l’eco della vita vera. È il lirismo del quotidiano, elevato a forma d’arte.

La memoria e il paesaggio dell’anima

La terza sezione della mostra ci conduce nel cuore dell’opera di Takahata: la sua riflessione sulla storia giapponese, tra guerra, ricostruzione e identità. Il tema del satoyama, quel paesaggio liminale tra natura e civiltà, diventa il simbolo di una convivenza armonica e ormai perduta.

A partire dagli anni ’80, e con la nascita dello Studio Ghibli nel 1985, Takahata dà vita a capolavori come Il tumulo delle lucciole (1988), Pioggia di ricordi (1991), Pompoko (1994). Film profondi, dolorosi, ma intrisi di speranza. L’animazione diventa documento, poesia, rituale collettivo per rielaborare il passato e guardare avanti.

L’alchimia dei colori: verso nuove forme

Negli anni ’90 e 2000, Takahata compie l’ultimo salto creativo: abbandona le linee nette della celluloide per avventurarsi nel mondo della pittura digitale, ispirandosi ai rotoli illustrati e all’estetica tradizionale giapponese. Il tratto si fa acquerello, l’immagine respira come su carta di riso.

I miei vicini Yamada (1999) e soprattutto La storia della Principessa Splendente (2013) sono vertici assoluti della sua ricerca: il segno fluttua, dissolve, emoziona. È la mano viva dell’artista che dialoga con la tecnologia, senza mai rinunciare alla poesia. Un’ultima metamorfosi, coraggiosa e necessaria.

Un’eredità luminosa

Questa mostra alla MCJP è più di un tributo: è un invito a rallentare, a osservare, a ricordare. È la celebrazione di un artista che ha saputo elevare l’animazione a linguaggio universale dell’anima.

Dopo Parigi, l’esposizione prenderà il volo verso Losanna, dove sarà accolta dal mudac – Musée cantonal de design et d’arts appliqués contemporains, nella primavera 2026. Isao Takahata non è solo il passato dell’animazione. È la sua coscienza. Ed è, oggi più che mai, il suo futuro.

 

Immagine: Le Conte de la princesse Kaguya © 2013 Isao Takahata, Riko Sakaguchi / Studio Ghibli, NDHDMTK

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Isao Takahata (1935–2018), cofondatore dello Studio Ghibli insieme a Hayao Miyazaki e Toshio Suzuki, è oggi celebrato con un percorso espositivo curato da Kazuyoshi Tanaka (Studio Ghibli) e arricchito dalla consulenza scientifica di Ilan Nguyên (MEMA), che racconta oltre cinquant’anni di carriera: un viaggio intimo, stratificato e potente, tra schizzi, storyboard, animazioni originali e memorie visive. Un evento che non è solo una mostra, ma una meditazione viva sul tempo, la memoria e la bellezza.

Gli inizi: la rivoluzione di un giovane regista

Il racconto inizia negli anni ’60, nei corridoi ferventi della Toei Doga, la fucina in cui Takahata inizia a scolpire il suo linguaggio. Qui, nel 1968, firma Horus, principe del sole: un film collettivo, ambizioso, in anticipo sui tempi. È un’opera-manifesto, dove l’animazione cessa di essere solo intrattenimento per bambini per abbracciare la complessità del mondo adulto. Già da allora, Takahata non cerca l’evasione, ma la verità. E il disegno si fa strumento di indagine umana.

La delicatezza del quotidiano

Negli anni ’70, abbandonata Toei, Takahata abbraccia l’universo delle serie televisive. Heidi (1974), Marco (1976), Anne (1979): non solo cartoni animati, ma affreschi dell’infanzia, sospesi tra malinconia e speranza. In un contesto industriale che impone ritmi frenetici, lui sceglie il dettaglio, il respiro, la semplicità. In ogni gesto – un pasto condiviso, una carezza, una corsa tra i campi – c’è l’eco della vita vera. È il lirismo del quotidiano, elevato a forma d’arte.

La memoria e il paesaggio dell’anima

La terza sezione della mostra ci conduce nel cuore dell’opera di Takahata: la sua riflessione sulla storia giapponese, tra guerra, ricostruzione e identità. Il tema del satoyama, quel paesaggio liminale tra natura e civiltà, diventa il simbolo di una convivenza armonica e ormai perduta.

A partire dagli anni ’80, e con la nascita dello Studio Ghibli nel 1985, Takahata dà vita a capolavori come Il tumulo delle lucciole (1988), Pioggia di ricordi (1991), Pompoko (1994). Film profondi, dolorosi, ma intrisi di speranza. L’animazione diventa documento, poesia, rituale collettivo per rielaborare il passato e guardare avanti.

L’alchimia dei colori: verso nuove forme

Negli anni ’90 e 2000, Takahata compie l’ultimo salto creativo: abbandona le linee nette della celluloide per avventurarsi nel mondo della pittura digitale, ispirandosi ai rotoli illustrati e all’estetica tradizionale giapponese. Il tratto si fa acquerello, l’immagine respira come su carta di riso.

I miei vicini Yamada (1999) e soprattutto La storia della Principessa Splendente (2013) sono vertici assoluti della sua ricerca: il segno fluttua, dissolve, emoziona. È la mano viva dell’artista che dialoga con la tecnologia, senza mai rinunciare alla poesia. Un’ultima metamorfosi, coraggiosa e necessaria.

Un’eredità luminosa

Questa mostra alla MCJP è più di un tributo: è un invito a rallentare, a osservare, a ricordare. È la celebrazione di un artista che ha saputo elevare l’animazione a linguaggio universale dell’anima.

Dopo Parigi, l’esposizione prenderà il volo verso Losanna, dove sarà accolta dal mudac – Musée cantonal de design et d’arts appliqués contemporains, nella primavera 2026. Isao Takahata non è solo il passato dell’animazione. È la sua coscienza. Ed è, oggi più che mai, il suo futuro.

 

Immagine: Le Conte de la princesse Kaguya © 2013 Isao Takahata, Riko Sakaguchi / Studio Ghibli, NDHDMTK

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