“PURISME(S)”: L’arte della purezza torna a splendere a Parigi alla Galerie Zlotowski

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 4 Ottobre 2025

Tempo stimato per la lettura: 3,9 minuti

C’è una bellezza che non urla, ma sussurra. Che non abbaglia, ma seduce con ordine e chiarezza. È la bellezza del purismo, movimento d’avanguardia nato nel 1917 sotto la visione limpida di Le Corbusier e Amédée Ozenfant, e che oggi – dopo un silenzio lungo venticinque anni – torna a parlarci, nella prima grande mostra collettiva in Francia a lui dedicata.

La Galerie Zlotowski, con grazia e rigore, apre le sue porte a PURISME(S), un’esposizione che – dal 8 ottobre al 20 dicembre 2025 – non è solo rievocazione, ma risveglio: quello di un’utopia formale, di un linguaggio visivo che ha saputo immaginare la modernità con chiarezza mistica.

L’equilibrio come promessa

Nato come risposta critica al cubismo, il purismo non lo nega, ma lo riflette. Le Corbusier e Ozenfant – affascinati da quella che definivano “confusione ornamentale” – sognano invece una grammatica dell’essenziale. Bottiglie, brocche, bicchieri: oggetti quotidiani, resi sacri dall’ordine. Il colore? Mai urlato. Le forme? Sintetiche, perfette, rigorosamente leggibili.
Nella poetica purista, tutto si decanta: la verità delle cose emerge nella loro più pura geometria. Una bellezza funzionale, quasi morale.

Corpi, città, silenzi

Accanto alle opere iconiche dei fondatori, la mostra illumina figure troppo a lungo lasciate ai margini delle narrazioni canoniche. Come Franciska Clausen, danese, che porta nel purismo una sensualità imprevista, fatta di corpi e città sognanti, sospesi tra il reale e l’onirico. O Marcelle Cahn, straordinaria pioniera dell’astrazione, che nei suoi lavori innesta dinamismo, movimento, velocità: tram, battelli, paesaggi urbani ridotti all’osso, ma vibranti di vita.

Ed è nella loro presenza, forte e luminosa, che PURISME(S) si allinea con la missione della Galerie Zlotowski: riscrivere la storia dell’arte moderna dando voce alle artiste, così spesso oscurate, ma fondamentali per comprendere l’evoluzione della forma.

Le radici del pensiero visivo

Il percorso espositivo si apre, come è giusto, con Le Corbusier, pittore prima ancora che architetto. Nelle sue gouaches e nei suoi disegni ritroviamo la disciplina di un pensiero che ha segnato il XX secolo: composizioni di oggetti, colori sobri, linee che sembrano misurare il mondo. Anche dopo la rottura con Ozenfant, avvenuta nel 1925, Le Corbusier non ha mai smesso di tornare a quella visione, come a un luogo sicuro, originario.
La sua fedeltà al purismo non fu rigida, ma evolutiva: nel tempo lo trasformerà in arazzi, architetture, visioni.

Ozenfant, invece, resta il teorizzatore più fedele al cuore del purismo: le sue nature morte – fredde e limpide come icone moderne – sono mappe razionali dell’oggetto, ridotto all’essenza.

Le geometrie dell’umanità

E poi, in questo viaggio tra i protagonisti del movimento, appare Willi Baumeister, artista tedesco che ha saputo cogliere lo spirito del purismo e portarlo oltre. Le sue tele, ammirate dagli stessi fondatori e celebrate nella rivista L’Esprit Nouveau, traducono il rigore geometrico in ritmi quasi musicali.
Baumeister scompone l’oggetto, ne destruttura la logica e ne fa vibrare l’energia. È già presente l’astrazione, come un’eco futura. Ma in ogni tratto resta viva quella tensione utopica verso un’armonia possibile.

Tra utopia e silenzio

Il purismo, si sa, ha brillato brevemente. La sua fine – forse inevitabile – arriva presto. Nel 1925, Le Corbusier sceglie altre vie, attratto dalla sensualità, dalla materia, da una libertà espressiva che il purismo, nella sua rigida purezza, non poteva concedergli.
Ma questo non ne ha sminuito la forza. Anzi. La brevità del purismo è il segreto della sua potenza iconica: è stato una stella, intensa e verticale, che ha attraversato il cielo delle avanguardie con coerenza assoluta.

PURISME(S) non è solo un omaggio. È una dichiarazione d’amore a un movimento che, pur nella sua austerità, ha saputo custodire l’idea pura dell’arte come linguaggio universale, oltre le mode, oltre i decenni.

La forma come resistenza

In un tempo come il nostro, saturo di immagini e di rumore, il purismo torna come un balsamo. La sua ricerca dell’essenza, della misura, del silenzio visivo, ci interroga ancora. E ci invita a guardare il mondo – e noi stessi – con occhi nuovi: più lenti, più lucidi, forse più giusti.

PURISME(S) ci restituisce non solo opere, ma domande. E ci ricorda che, a volte, la vera modernità sta nella semplicità. Un manifesto senza tempo. Una lezione di eleganza.

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“PURISME(S)”: L’arte della purezza torna a splendere a Parigi alla Galerie Zlotowski

Published On: 4 Ottobre 2025

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 12 minuti

C’è una bellezza che non urla, ma sussurra. Che non abbaglia, ma seduce con ordine e chiarezza. È la bellezza del purismo, movimento d’avanguardia nato nel 1917 sotto la visione limpida di Le Corbusier e Amédée Ozenfant, e che oggi – dopo un silenzio lungo venticinque anni – torna a parlarci, nella prima grande mostra collettiva in Francia a lui dedicata.

La Galerie Zlotowski, con grazia e rigore, apre le sue porte a PURISME(S), un’esposizione che – dal 8 ottobre al 20 dicembre 2025 – non è solo rievocazione, ma risveglio: quello di un’utopia formale, di un linguaggio visivo che ha saputo immaginare la modernità con chiarezza mistica.

L’equilibrio come promessa

Nato come risposta critica al cubismo, il purismo non lo nega, ma lo riflette. Le Corbusier e Ozenfant – affascinati da quella che definivano “confusione ornamentale” – sognano invece una grammatica dell’essenziale. Bottiglie, brocche, bicchieri: oggetti quotidiani, resi sacri dall’ordine. Il colore? Mai urlato. Le forme? Sintetiche, perfette, rigorosamente leggibili.
Nella poetica purista, tutto si decanta: la verità delle cose emerge nella loro più pura geometria. Una bellezza funzionale, quasi morale.

Corpi, città, silenzi

Accanto alle opere iconiche dei fondatori, la mostra illumina figure troppo a lungo lasciate ai margini delle narrazioni canoniche. Come Franciska Clausen, danese, che porta nel purismo una sensualità imprevista, fatta di corpi e città sognanti, sospesi tra il reale e l’onirico. O Marcelle Cahn, straordinaria pioniera dell’astrazione, che nei suoi lavori innesta dinamismo, movimento, velocità: tram, battelli, paesaggi urbani ridotti all’osso, ma vibranti di vita.

Ed è nella loro presenza, forte e luminosa, che PURISME(S) si allinea con la missione della Galerie Zlotowski: riscrivere la storia dell’arte moderna dando voce alle artiste, così spesso oscurate, ma fondamentali per comprendere l’evoluzione della forma.

Le radici del pensiero visivo

Il percorso espositivo si apre, come è giusto, con Le Corbusier, pittore prima ancora che architetto. Nelle sue gouaches e nei suoi disegni ritroviamo la disciplina di un pensiero che ha segnato il XX secolo: composizioni di oggetti, colori sobri, linee che sembrano misurare il mondo. Anche dopo la rottura con Ozenfant, avvenuta nel 1925, Le Corbusier non ha mai smesso di tornare a quella visione, come a un luogo sicuro, originario.
La sua fedeltà al purismo non fu rigida, ma evolutiva: nel tempo lo trasformerà in arazzi, architetture, visioni.

Ozenfant, invece, resta il teorizzatore più fedele al cuore del purismo: le sue nature morte – fredde e limpide come icone moderne – sono mappe razionali dell’oggetto, ridotto all’essenza.

Le geometrie dell’umanità

E poi, in questo viaggio tra i protagonisti del movimento, appare Willi Baumeister, artista tedesco che ha saputo cogliere lo spirito del purismo e portarlo oltre. Le sue tele, ammirate dagli stessi fondatori e celebrate nella rivista L’Esprit Nouveau, traducono il rigore geometrico in ritmi quasi musicali.
Baumeister scompone l’oggetto, ne destruttura la logica e ne fa vibrare l’energia. È già presente l’astrazione, come un’eco futura. Ma in ogni tratto resta viva quella tensione utopica verso un’armonia possibile.

Tra utopia e silenzio

Il purismo, si sa, ha brillato brevemente. La sua fine – forse inevitabile – arriva presto. Nel 1925, Le Corbusier sceglie altre vie, attratto dalla sensualità, dalla materia, da una libertà espressiva che il purismo, nella sua rigida purezza, non poteva concedergli.
Ma questo non ne ha sminuito la forza. Anzi. La brevità del purismo è il segreto della sua potenza iconica: è stato una stella, intensa e verticale, che ha attraversato il cielo delle avanguardie con coerenza assoluta.

PURISME(S) non è solo un omaggio. È una dichiarazione d’amore a un movimento che, pur nella sua austerità, ha saputo custodire l’idea pura dell’arte come linguaggio universale, oltre le mode, oltre i decenni.

La forma come resistenza

In un tempo come il nostro, saturo di immagini e di rumore, il purismo torna come un balsamo. La sua ricerca dell’essenza, della misura, del silenzio visivo, ci interroga ancora. E ci invita a guardare il mondo – e noi stessi – con occhi nuovi: più lenti, più lucidi, forse più giusti.

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