Forme di luce: l’incanto ribelle di Man Ray a Palazzo Reale

Tempo stimato per la lettura: 3,5 minuti
Nel cuore vibrante di Milano, dove l’arte incontra il ritmo frenetico della contemporaneità, Palazzo Reale si trasforma in un laboratorio alchemico di visioni con la mostra Man Ray. Forme di luce. Dal 24 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, le stanze nobili del palazzo accoglieranno il genio che ha saputo plasmare la luce come materia viva, Man Ray, l’uomo che ha ridisegnato i confini dell’arte del Novecento con sfrontata eleganza e provocatoria ironia.
Raggio di luce, uomo di ombra
Nato Emmanuel Radnitsky a Philadelphia, nel 1890, e ribattezzato dal destino “Man Ray” – man come uomo, ray come raggio – è stato più che un artista: un medium tra il visibile e l’invisibile. Pittore, fotografo, regista, assemblatore di sogni e frammenti, è stato un nomade tra le avanguardie del secolo scorso, capace di fondere l’energia americana con le visioni europee, grazie a incontri folgoranti come quello con Marcel Duchamp. E proprio Parigi, il suo rifugio estetico dal 1921, è stata il teatro in cui il suo spirito libero ha trovato terreno fertile tra surrealisti e poeti, tra Kiki de Montparnasse e le rayografie.
La fotografia come incantesimo
Con Kiki, musa e amante, ha scritto alcune delle pagine più affascinanti della fotografia d’arte: Le Violon d’Ingres, icona assoluta, è ancora oggi un manifesto di seduzione e ambiguità. Le sue immagini, spesso create senza fotocamera, con oggetti poggiati su carta fotosensibile, sono pura magia visiva: rayografie, le chiamò Tristan Tzara, evocando una pittura fatta con la luce stessa, come un sortilegio senza pennelli. E poi c’è Lee Miller, la bellezza spettrale che gli ispirò la tecnica della solarizzazione, dove la luce si ribella e svela contorni aurei, quasi sacri.
Moda, muse e metamorfosi
Negli anni Trenta, Man Ray reinventa anche la fotografia di moda. Tra i riflessi dorati di Coco Chanel, gli arabeschi surreali di Elsa Schiaparelli e la visione teatrale di Paul Poiret, il suo obiettivo diventa una lente per leggere lo stile come linguaggio d’avanguardia. Ogni scatto è una dichiarazione estetica, ogni posa una ribellione al convenzionale. Con Meret Oppenheim firma la scandalosa serie Erotique-voilée, mentre Ady Fidelin, prima modella afro-caraibica sulle riviste occidentali, diventa nuova musa e compagna creativa. Il corpo femminile per Man Ray non è mai solo oggetto: è forma, simbolo, epifania.
Cinema e sogni
Man Ray non si ferma alla fotografia. Scivola con grazia nel cinema, dove ogni fotogramma è un atto di libertà. In mostra scorrono, come visioni in una lanterna magica, film come Le Retour à la raison ed Emak Bakia: cortometraggi che sfuggono alla logica narrativa per abbracciare il sogno puro, dove le immagini pulsano al ritmo dell’inconscio. Qui l’artista è demiurgo, manipolatore di luce, di desiderio, di tempo.
Il percorso di una stella
Attraverso 300 opere – fotografie vintage, disegni, litografie, ready-made, oggetti e film – il visitatore viene trasportato in un universo dove nulla è statico e tutto è possibilità. I ritratti degli intellettuali, i nudi astratti, gli autoritratti mascherati, i giochi dadaisti con l’identità e l’arte: ogni sezione della mostra è un invito a perdersi tra estetica e anarchia. E poi c’è la moda, ancora lei, con la sua capacità di riflettere l’effimero e farne mito.
Tra Olimpiadi e luce eterna
A rendere ancora più significativo l’evento, la sua inclusione nell’ambito dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, un programma che intreccia sport, arte e valori universali. Perché Man Ray è, in fondo, anche questo: un atleta dell’immaginario, un campione della sperimentazione, un funambolo dell’inatteso.
Il catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi firmati da Pierre-Yves Butzbach, Robert Rocca e Raffaella Perna, sarà una guida raffinata attraverso le infinite metamorfosi di un artista che ha fatto della luce la sua firma, della libertà la sua grammatica.
Immagini:
Noire et blanche, 1926, stampa ai sali d’argento, 17,3×23,5 cm. Collezione privata © Man Ray 2015 Trust / ADAGP-SIAE – 2024, image: Telimage, Paris
Larmes-1932-©-Man-Ray-2015-Trust-by-SIAE-2025.jpg
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Forme di luce: l’incanto ribelle di Man Ray a Palazzo Reale
Tempo stimato per la lettura: 11 minuti
Nel cuore vibrante di Milano, dove l’arte incontra il ritmo frenetico della contemporaneità, Palazzo Reale si trasforma in un laboratorio alchemico di visioni con la mostra Man Ray. Forme di luce. Dal 24 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, le stanze nobili del palazzo accoglieranno il genio che ha saputo plasmare la luce come materia viva, Man Ray, l’uomo che ha ridisegnato i confini dell’arte del Novecento con sfrontata eleganza e provocatoria ironia.
Raggio di luce, uomo di ombra
Nato Emmanuel Radnitsky a Philadelphia, nel 1890, e ribattezzato dal destino “Man Ray” – man come uomo, ray come raggio – è stato più che un artista: un medium tra il visibile e l’invisibile. Pittore, fotografo, regista, assemblatore di sogni e frammenti, è stato un nomade tra le avanguardie del secolo scorso, capace di fondere l’energia americana con le visioni europee, grazie a incontri folgoranti come quello con Marcel Duchamp. E proprio Parigi, il suo rifugio estetico dal 1921, è stata il teatro in cui il suo spirito libero ha trovato terreno fertile tra surrealisti e poeti, tra Kiki de Montparnasse e le rayografie.
La fotografia come incantesimo
Con Kiki, musa e amante, ha scritto alcune delle pagine più affascinanti della fotografia d’arte: Le Violon d’Ingres, icona assoluta, è ancora oggi un manifesto di seduzione e ambiguità. Le sue immagini, spesso create senza fotocamera, con oggetti poggiati su carta fotosensibile, sono pura magia visiva: rayografie, le chiamò Tristan Tzara, evocando una pittura fatta con la luce stessa, come un sortilegio senza pennelli. E poi c’è Lee Miller, la bellezza spettrale che gli ispirò la tecnica della solarizzazione, dove la luce si ribella e svela contorni aurei, quasi sacri.
Moda, muse e metamorfosi
Negli anni Trenta, Man Ray reinventa anche la fotografia di moda. Tra i riflessi dorati di Coco Chanel, gli arabeschi surreali di Elsa Schiaparelli e la visione teatrale di Paul Poiret, il suo obiettivo diventa una lente per leggere lo stile come linguaggio d’avanguardia. Ogni scatto è una dichiarazione estetica, ogni posa una ribellione al convenzionale. Con Meret Oppenheim firma la scandalosa serie Erotique-voilée, mentre Ady Fidelin, prima modella afro-caraibica sulle riviste occidentali, diventa nuova musa e compagna creativa. Il corpo femminile per Man Ray non è mai solo oggetto: è forma, simbolo, epifania.
Cinema e sogni
Man Ray non si ferma alla fotografia. Scivola con grazia nel cinema, dove ogni fotogramma è un atto di libertà. In mostra scorrono, come visioni in una lanterna magica, film come Le Retour à la raison ed Emak Bakia: cortometraggi che sfuggono alla logica narrativa per abbracciare il sogno puro, dove le immagini pulsano al ritmo dell’inconscio. Qui l’artista è demiurgo, manipolatore di luce, di desiderio, di tempo.
Il percorso di una stella
Attraverso 300 opere – fotografie vintage, disegni, litografie, ready-made, oggetti e film – il visitatore viene trasportato in un universo dove nulla è statico e tutto è possibilità. I ritratti degli intellettuali, i nudi astratti, gli autoritratti mascherati, i giochi dadaisti con l’identità e l’arte: ogni sezione della mostra è un invito a perdersi tra estetica e anarchia. E poi c’è la moda, ancora lei, con la sua capacità di riflettere l’effimero e farne mito.
Tra Olimpiadi e luce eterna
A rendere ancora più significativo l’evento, la sua inclusione nell’ambito dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, un programma che intreccia sport, arte e valori universali. Perché Man Ray è, in fondo, anche questo: un atleta dell’immaginario, un campione della sperimentazione, un funambolo dell’inatteso.
Il catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi firmati da Pierre-Yves Butzbach, Robert Rocca e Raffaella Perna, sarà una guida raffinata attraverso le infinite metamorfosi di un artista che ha fatto della luce la sua firma, della libertà la sua grammatica.
Immagini:
Noire et blanche, 1926, stampa ai sali d’argento, 17,3×23,5 cm. Collezione privata © Man Ray 2015 Trust / ADAGP-SIAE – 2024, image: Telimage, Paris
Larmes-1932-©-Man-Ray-2015-Trust-by-SIAE-2025.jpg
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