C’era una volta al giardino: la favola verde di Chaumont-sur-Loire

Tempo stimato per la lettura: 2,3 minuti
A Chaumont-sur-Loire, questa primavera 2025, soffia una brezza sottile che attraversa il paesaggio. Una vibrazione tra i petali e i rami, come se la terra stesse raccontando una storia. Ed è proprio di storie che si nutre questa edizione del Festival International des Jardins, in scena dal 19 aprile al 2 novembre 2025, tra le stanze all’aria aperta del Domaine de Chaumont. Il tema? Una promessa incantata: Il était une fois au jardin.
Trent’anni dopo la sua nascita, il festival non smette di stupire. Qui, la natura non è mai solo paesaggio: è scena teatrale, è metafora, è sogno.
Giardini come racconti, sentieri come fiabe
Ogni giardino selezionato per questa edizione è una piccola narrazione vegetale. Alcuni sussurrano favole d’infanzia, altri evocano mondi antichi, altri ancora rielaborano miti futuri. Ma tutti, senza eccezione, si muovono tra immaginazione e attivismo, poesia e progettazione.
Le opere di paesaggisti, designer, architetti e scenografi internazionali — accuratamente scelti da un comitato attento e visionario — intrecciano estetica e urgenza ecologica, in una danza che è tanto sensoriale quanto politica. Il racconto, qui, diventa terreno fertile per nuove visioni del vivere.
Carte verte alla libertà creativa
Accanto ai progetti in concorso, il festival concede la sua celebre “carte verte”, ovvero massima libertà, a figure fuori dagli schemi. Quest’anno la scena è attraversata da nomi sorprendenti: Cassian Schmidt e Bettina Jaugstetter, ma anche la coreografa Bianca Li e l’artista Antoine de Lavalette, che trasportano nel paesaggio il linguaggio del movimento, del gesto, della scena.
È un giardino che danza, che racconta senza parlare, che avvolge con lentezza chi lo attraversa. Non c’è didascalia, c’è immersione. Il visitatore non guarda, vive.
Un festival che è rifugio e risveglio
Chaumont è un luogo di sospensione dove il tempo sembra seguire il ritmo delle stagioni, non quello delle agende. In un mondo che corre, questo festival invita a rallentare, ad ascoltare la trama invisibile della natura, ad accogliere il racconto vegetale come gesto di cura.
È qui che il giardino torna a essere quello che è sempre stato nella nostra memoria più profonda: un luogo di favola e di rinascita, uno spazio dove l’immaginazione germoglia, e con essa la speranza.
C’era una volta… e ora
Tra boccioli che sembrano personaggi, alberi che custodiscono segreti e percorsi che si aprono come capitoli, il Festival International des Jardins 2025 ci ricorda che il giardino non è mai solo verde. È narrazione, è resistenza, è promessa.
E come ogni vera favola che si rispetti, anche questa comincia con un “C’era una volta”. Ma non finisce. Continua. Cresce. Fiorisce.
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C’era una volta al giardino: la favola verde di Chaumont-sur-Loire
Tempo stimato per la lettura: 7 minuti
A Chaumont-sur-Loire, questa primavera 2025, soffia una brezza sottile che attraversa il paesaggio. Una vibrazione tra i petali e i rami, come se la terra stesse raccontando una storia. Ed è proprio di storie che si nutre questa edizione del Festival International des Jardins, in scena dal 19 aprile al 2 novembre 2025, tra le stanze all’aria aperta del Domaine de Chaumont. Il tema? Una promessa incantata: Il était une fois au jardin.
Trent’anni dopo la sua nascita, il festival non smette di stupire. Qui, la natura non è mai solo paesaggio: è scena teatrale, è metafora, è sogno.
Giardini come racconti, sentieri come fiabe
Ogni giardino selezionato per questa edizione è una piccola narrazione vegetale. Alcuni sussurrano favole d’infanzia, altri evocano mondi antichi, altri ancora rielaborano miti futuri. Ma tutti, senza eccezione, si muovono tra immaginazione e attivismo, poesia e progettazione.
Le opere di paesaggisti, designer, architetti e scenografi internazionali — accuratamente scelti da un comitato attento e visionario — intrecciano estetica e urgenza ecologica, in una danza che è tanto sensoriale quanto politica. Il racconto, qui, diventa terreno fertile per nuove visioni del vivere.
Carte verte alla libertà creativa
Accanto ai progetti in concorso, il festival concede la sua celebre “carte verte”, ovvero massima libertà, a figure fuori dagli schemi. Quest’anno la scena è attraversata da nomi sorprendenti: Cassian Schmidt e Bettina Jaugstetter, ma anche la coreografa Bianca Li e l’artista Antoine de Lavalette, che trasportano nel paesaggio il linguaggio del movimento, del gesto, della scena.
È un giardino che danza, che racconta senza parlare, che avvolge con lentezza chi lo attraversa. Non c’è didascalia, c’è immersione. Il visitatore non guarda, vive.
Un festival che è rifugio e risveglio
Chaumont è un luogo di sospensione dove il tempo sembra seguire il ritmo delle stagioni, non quello delle agende. In un mondo che corre, questo festival invita a rallentare, ad ascoltare la trama invisibile della natura, ad accogliere il racconto vegetale come gesto di cura.
È qui che il giardino torna a essere quello che è sempre stato nella nostra memoria più profonda: un luogo di favola e di rinascita, uno spazio dove l’immaginazione germoglia, e con essa la speranza.
C’era una volta… e ora
Tra boccioli che sembrano personaggi, alberi che custodiscono segreti e percorsi che si aprono come capitoli, il Festival International des Jardins 2025 ci ricorda che il giardino non è mai solo verde. È narrazione, è resistenza, è promessa.
E come ogni vera favola che si rispetti, anche questa comincia con un “C’era una volta”. Ma non finisce. Continua. Cresce. Fiorisce.
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