Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie

About the Author: Redazione ViviCreativo

Published On: 24 Febbraio 2025

Tempo stimato per la lettura: 5,1 minuti

La mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e ospitata presso il Museo Civico San Domenico, dal 23 febbraio al 29 giugno 2025, è un’immersione affascinante attraverso secoli di storia dell’autoritratto e della rappresentazione di sé. Curata con grande sensibilità da un team di esperti, tra cui Cristina Acidini e Francesco Parisi, questa esposizione si configura come un omaggio al ventennale delle grandi rassegne promosse dalla fondazione, offrendo al pubblico un percorso articolato e ricco di suggestioni.

Un percorso tra mito e modernità

L’allestimento si sviluppa in ambienti che vanno dall’antichità al Novecento, partendo dall’ex Chiesa di San Giacomo fino alle sale del primo piano del convento di San Domenico, con un progetto curato dallo Studio Lucchi & Biserni. La mostra si apre con il mito di Narciso, simbolo universale dell’auto-riflessione e dell’identità, che diventa il filo conduttore di un percorso che indaga il rapporto tra l’artista e il suo volto, tra l’io e l’immagine. La figura di Narciso, già nel De pictura di Leon Battista Alberti, rappresenta il primo esempio di autoritratto come specchio dell’anima, anticipando il ruolo dell’artista come protagonista della propria immortalità.

L’autoritratto come specchio dell’anima

Il tema centrale della mostra è il rapporto tra il soggetto e la propria immagine, un rapporto che si evolve nel corso dei secoli. Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre della fondazione, sottolinea come il ritratto di sé sia stato, fin dall’antichità, un atto di analisi profonda, un tributo, un messaggio e un esercizio di maestria. La sfida di rappresentare il proprio volto diventa simbolo di una ricerca di identità, di un desiderio di immortalità e di una volontà di comunicare aspetti nascosti dell’animo.

La nascita del ritratto e il suo sviluppo simbolico

La sezione dedicata al “Mito dell’artista” e alla nascita del ritratto si apre con opere emblematiche come il Narciso alla fonte di Tintoretto, il Narciso di Paul Dubois e il arazzo di Corrado Cagli, che illustrano come l’autoritratto si sia progressivamente affermato come forma di consapevolezza e rivendicazione del ruolo sociale dell’artista. La mostra approfondisce anche il significato simbolico dello specchio, oggetto che da semplice superficie riflettente si trasforma in potente metafora dell’interiorità e dell’identità, come evidenziato dai manufatti dell’epoca medievale e rinascimentale.

La riflessione tra maschera e identità

Nel percorso si affronta anche il tema della maschera, che nel Medioevo si manifesta come rappresentazione interna dell’artista, più che come autoritratto diretto. La curatrice Paola Refice evidenzia come, in quell’epoca, l’artista si considerasse un artigiano, un esecutore che, attraverso le immagini, si rivolgeva a un’entità superiore, al Creatore. Solo con il Rinascimento l’autoritratto si emancipa da questa funzione rituale per divenire espressione autonoma dell’individualità, un vero e proprio atto di autoaffermazione.

Lo specchio come simbolo dell’invisibile

Il tema dello specchio, centrale nel Medioevo e nel Rinascimento, si arricchisce di significati simbolici legati all’anima e al divino. Opere come L’Allegoria della Prudenza di Marcello Venusti o Venere e Amore di Jacob de Backer illustrano come l’immagine riflessa possa essere anche allegoria di virtù o di vanità. Cristina Acidini sottolinea come lo specchio rappresenti, in filosofia e nell’arte occidentale, uno strumento di analisi interiore o di vanità, a seconda del contesto.

L’autoritratto come testimonianza dell’io

Nel corso dei secoli, l’autoritratto si configura come un mezzo privilegiato per l’artista di comunicare il proprio stato d’animo, i propri gusti e la propria posizione sociale. La mostra presenta una selezione di opere provenienti anche dalla collezione degli Uffizi, tra cui autoritratti di grande prestigio, che testimoniano come l’artista abbia progressivamente assunto un ruolo di protagonista, spesso accompagnato da meditazioni sul senso dell’esistenza e sulla natura dell’arte stessa.

La crisi dell’identità e il Novecento

Con l’arrivo del XX secolo, il tema dell’io si fa più complesso e tormentato. La società europea, sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale, si riflette nello specchio dell’arte come in un incubo collettivo. La rappresentazione dell’artista nel suo ambiente di lavoro, come nel Ritratto di Juan de Cordoba di Velázquez o nelle opere di De Chirico, assume connotazioni di mistero e di enigma. La figura dell’artista si trasforma in un simbolo di alienazione e di distruzione dell’umano, preludio alle tragedie che seguiranno negli anni Trenta.

La ricerca dell’io e il ruolo della fotografia

Il Novecento vede l’affermazione della fotografia come mezzo di auto-rappresentazione, ma anche come strumento di analisi e di introspezione. L’autoritratto diventa un esercizio quasi ossessivo, un modo per l’artista di esplorare le proprie profondità. Opere come Self Portrait, Submerged di Bill Viola o Ecstasy II di Marina Abramović testimoniano come il volto possa diventare anche simbolo di sofferenza e martirio, portando l’arte a confrontarsi con le grandi domande dell’esistenza.

Il volto come simbolo universale

Il percorso si chiude con la sezione dedicata al volto e allo sguardo, in cui si evidenziano le molteplici declinazioni della rappresentazione di sé. Da Michelangelo a Pistoletto, passando per le opere di Abramović, il volto diventa un saggio visivo sulla condizione umana, un’immagine che racchiude in sé l’intera complessità dell’identità. Il ritratto dell’artista, in tutte le sue forme e sfumature, si rivela così come uno dei temi più universali e profondi dell’arte, capace di parlare all’uomo di ogni tempo e cultura.

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Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie

Published On: 24 Febbraio 2025

About the Author: Redazione ViviCreativo

Tempo stimato per la lettura: 15 minuti

La mostra Il Ritratto dell’Artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie, promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e ospitata presso il Museo Civico San Domenico, dal 23 febbraio al 29 giugno 2025, è un’immersione affascinante attraverso secoli di storia dell’autoritratto e della rappresentazione di sé. Curata con grande sensibilità da un team di esperti, tra cui Cristina Acidini e Francesco Parisi, questa esposizione si configura come un omaggio al ventennale delle grandi rassegne promosse dalla fondazione, offrendo al pubblico un percorso articolato e ricco di suggestioni.

Un percorso tra mito e modernità

L’allestimento si sviluppa in ambienti che vanno dall’antichità al Novecento, partendo dall’ex Chiesa di San Giacomo fino alle sale del primo piano del convento di San Domenico, con un progetto curato dallo Studio Lucchi & Biserni. La mostra si apre con il mito di Narciso, simbolo universale dell’auto-riflessione e dell’identità, che diventa il filo conduttore di un percorso che indaga il rapporto tra l’artista e il suo volto, tra l’io e l’immagine. La figura di Narciso, già nel De pictura di Leon Battista Alberti, rappresenta il primo esempio di autoritratto come specchio dell’anima, anticipando il ruolo dell’artista come protagonista della propria immortalità.

L’autoritratto come specchio dell’anima

Il tema centrale della mostra è il rapporto tra il soggetto e la propria immagine, un rapporto che si evolve nel corso dei secoli. Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre della fondazione, sottolinea come il ritratto di sé sia stato, fin dall’antichità, un atto di analisi profonda, un tributo, un messaggio e un esercizio di maestria. La sfida di rappresentare il proprio volto diventa simbolo di una ricerca di identità, di un desiderio di immortalità e di una volontà di comunicare aspetti nascosti dell’animo.

La nascita del ritratto e il suo sviluppo simbolico

La sezione dedicata al “Mito dell’artista” e alla nascita del ritratto si apre con opere emblematiche come il Narciso alla fonte di Tintoretto, il Narciso di Paul Dubois e il arazzo di Corrado Cagli, che illustrano come l’autoritratto si sia progressivamente affermato come forma di consapevolezza e rivendicazione del ruolo sociale dell’artista. La mostra approfondisce anche il significato simbolico dello specchio, oggetto che da semplice superficie riflettente si trasforma in potente metafora dell’interiorità e dell’identità, come evidenziato dai manufatti dell’epoca medievale e rinascimentale.

La riflessione tra maschera e identità

Nel percorso si affronta anche il tema della maschera, che nel Medioevo si manifesta come rappresentazione interna dell’artista, più che come autoritratto diretto. La curatrice Paola Refice evidenzia come, in quell’epoca, l’artista si considerasse un artigiano, un esecutore che, attraverso le immagini, si rivolgeva a un’entità superiore, al Creatore. Solo con il Rinascimento l’autoritratto si emancipa da questa funzione rituale per divenire espressione autonoma dell’individualità, un vero e proprio atto di autoaffermazione.

Lo specchio come simbolo dell’invisibile

Il tema dello specchio, centrale nel Medioevo e nel Rinascimento, si arricchisce di significati simbolici legati all’anima e al divino. Opere come L’Allegoria della Prudenza di Marcello Venusti o Venere e Amore di Jacob de Backer illustrano come l’immagine riflessa possa essere anche allegoria di virtù o di vanità. Cristina Acidini sottolinea come lo specchio rappresenti, in filosofia e nell’arte occidentale, uno strumento di analisi interiore o di vanità, a seconda del contesto.

L’autoritratto come testimonianza dell’io

Nel corso dei secoli, l’autoritratto si configura come un mezzo privilegiato per l’artista di comunicare il proprio stato d’animo, i propri gusti e la propria posizione sociale. La mostra presenta una selezione di opere provenienti anche dalla collezione degli Uffizi, tra cui autoritratti di grande prestigio, che testimoniano come l’artista abbia progressivamente assunto un ruolo di protagonista, spesso accompagnato da meditazioni sul senso dell’esistenza e sulla natura dell’arte stessa.

La crisi dell’identità e il Novecento

Con l’arrivo del XX secolo, il tema dell’io si fa più complesso e tormentato. La società europea, sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale, si riflette nello specchio dell’arte come in un incubo collettivo. La rappresentazione dell’artista nel suo ambiente di lavoro, come nel Ritratto di Juan de Cordoba di Velázquez o nelle opere di De Chirico, assume connotazioni di mistero e di enigma. La figura dell’artista si trasforma in un simbolo di alienazione e di distruzione dell’umano, preludio alle tragedie che seguiranno negli anni Trenta.

La ricerca dell’io e il ruolo della fotografia

Il Novecento vede l’affermazione della fotografia come mezzo di auto-rappresentazione, ma anche come strumento di analisi e di introspezione. L’autoritratto diventa un esercizio quasi ossessivo, un modo per l’artista di esplorare le proprie profondità. Opere come Self Portrait, Submerged di Bill Viola o Ecstasy II di Marina Abramović testimoniano come il volto possa diventare anche simbolo di sofferenza e martirio, portando l’arte a confrontarsi con le grandi domande dell’esistenza.

Il volto come simbolo universale

Il percorso si chiude con la sezione dedicata al volto e allo sguardo, in cui si evidenziano le molteplici declinazioni della rappresentazione di sé. Da Michelangelo a Pistoletto, passando per le opere di Abramović, il volto diventa un saggio visivo sulla condizione umana, un’immagine che racchiude in sé l’intera complessità dell’identità. Il ritratto dell’artista, in tutte le sue forme e sfumature, si rivela così come uno dei temi più universali e profondi dell’arte, capace di parlare all’uomo di ogni tempo e cultura.

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