Il vetro oltre la materia: le collezioni del Cirva al Mamc+ di Saint-Étienne

Tempo stimato per la lettura: 11,3 minuti
Il vetro non è soltanto una materia: è una promessa di luce, un linguaggio che unisce arte e scienza, visione e gesto. A Saint-Étienne, il Musée d’art moderne et contemporain Métropole (MAMC+) apre le sue sale al Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques (Cirva) di Marsiglia, in una mostra curata da Stanislas Colodiet e Joris Thomas. Un incontro che diventa riflessione sull’alchimia creativa tra artista e artigiano, tra industria e immaginazione.
Le Verre au-delà de la matière (Il vetro oltre la materia) dal 8 novembre 2025 al 15 marzo 2026, invita a esplorare progetti di ricerca che offrono una visione contemporanea di un materiale lavorato da millenni, attraverso la ricca collezione del Cirva. Design e arti visive si incontrano in un dialogo trasversale, articolato in molteplici temi e approcci transdisciplinari.
Dentro il respiro del vetro
Il visitatore è accompagnato dalla musica di Jacques Averna, che intreccia suoni e visioni in un’atmosfera sospesa. Il vetro, solido amorfo, vive in uno stato intermedio tra liquido e solido: la sua struttura cattura l’ordine del cristallo senza cristallizzarsi mai, sospendendo atomi e luce in un equilibrio fragile che unisce scienza e poesia.Il vetro diventa allora non solo materia, ma esperienza: un modo per vedere il mondo attraverso la luce dell’arte.
Le opere dialogano con documenti, schizzi, fotografie e video che svelano i processi nascosti dietro ogni creazione. È un racconto vivo, fatto di esperimenti chimici e intuizioni artistiche, dove la trasparenza si fa racconto del pensiero.
Breve storia del Cirva
Fondato nel 1983 dal Ministero della Cultura francese, diretto da Françoise Guichon, dal 1985, il Cirva è una fucina di idee, nato per reinventare il vetro oltre la tradizione millenaria. La mostra al MAMC+ ne ripercorre oltre quarant’anni di sperimentazione, in un percorso di 1000 metri quadrati dove desideri, sogni e tecniche si cristallizzano in un racconto collettivo.
Dal 1986 il Cirva ha la sua sede a Marsiglia, nel quartiere de La Joliette, accogliendo ogni anno artisti, designer e architetti desiderosi di confrontarsi con il vetro, spesso per la prima volta. Una squadra di tecnici verrari d’élite li assiste in residenze flessibili, senza vincoli di durata, permettendo esplorazioni audaci e imprevedibili. Oggi la collezione del Cirva conta circa 700 opere, frutto dei progetti degli artisti, e documenta un archivio visivo di sperimentazione e innovazione.
Utopia creativa: il sogno possibile del vetro
Come racconta Joris Thomas durante il vernissage, l’utopia non è un sogno irraggiungibile, ma ciò che semplicemente non è ancora stato realizzato. È su questo confine sottile tra possibile e immaginato che si muove la mostra: un dialogo vibrante tra arte e industria, tra pensiero e forma. Qui il vetro si fa materia di libertà, sospesa tra forza e fragilità, trasparenza e mistero, natura e artificio. Un materiale che riflette il nostro tempo e, al tempo stesso, lo trascende: come una promessa ancora da plasmare.
In nove tappe la mostra percorre un viaggio multidisciplinare che celebra la collettività: ogni opera nasce dall’incontro di mani diverse, di competenze che si fondono come sabbia e fuoco. È un omaggio all’atto creativo collettivo, dove la materia diventa medium e messaggio.
Il mito e la materia
Il percorso espositivo si apre con un racconto leggendario: quello di Plinio il Vecchio, che nella Naturalis Historia narra la nascita del vetro sulle rive del fiume Belo, in Siria, quando mercanti fenici accesero un fuoco su blocchi di soda naturale. Dalla fusione con la sabbia nacque per caso il primo vetro della storia.
Quel mito si rinnova oggi al MAMC+, dove il vetro continua a trasformarsi, tra eco archeologiche e suggestioni geologiche. Gli artisti e i designer si confrontano con le origini della materia, reinventandola come simbolo di una modernità traslucida e cangiante.
Luce, trasparenze e alchimie contemporanee
L’esposizione attraversa le molte anime del vetro celebrando il dialogo tra arte, design e sperimentazione tecnica: da Ettore Sottsass con i suoi Lingam e Kachina, ai vasi visionari di Betty Woodman, la serie dei Concepts di Bob Wilson, L’unghia di Giuseppe Penone, il suggestivo Planetarium di Jana Sterbak, la serie Torno Subito di Pierre Charpin, gli Occhi-seme di Mathilde Rosier, dall’estetica kitsch di Richard Di Rosa al poetico Petit Ange rouge de Marseille di James Lee Byars.
La mostra raccoglie creazioni di altri artisti che hanno contribuito alla straordinaria avventura del Cirva, rivelando come il vetro possa essere al contempo materia di luce, di memoria e di immaginazione.
Jean-Michel Othoniel e l’eredità del fuoco
La collaborazione di Jean-Michel Othoniel con il Cirva segna la sua conversione artistica: da materiali opachi e organici alla trasparenza incandescente di un materiale che cattura e riflette la luce come un’emozione.
Un’aura arcaica e magnetica avvolge l’Hermaphrodite di Jean-Michel Othoniel, opera che sembra emergere dalle ceneri di Pompei, come un corpo pietrificato dalla lava e dal desiderio. Realizzata in zolfo — materia viva che si fa pietra, si scioglie, evapora e ritorna solida — l’opera diventa metafora delle metamorfosi del desiderio, delle sue febbri e delle sue attese. In essa convivono eros e sofferenza, il souffre francese che gioca con il verbo souffrir, evocando tutto ciò che è sulfureo, fragile, segreto. L’artista imprime nel materiale la traccia del proprio corpo disteso, ma a partire dal 1991 abbandona il calco dell’oggetto preesistente: è il gesto stesso del modellare che diventa forma.
Le sperimentazioni di Gaetano Pesce e la materia reinventata
Tra le voci protagoniste di questa mostra, quella di Gaetano Pesce risuona come un manifesto di libertà. L’artista-designer ha trascorso anni al Cirva sviluppando cinque tecniche inedite per il vetro — Pastis, Joliette, Vieux-Port, Pâte de Verre, Plage — veri e propri esercizi di metamorfosi materica. Polveri, frammenti, bottiglie e perle colorate si fondono in nuove texture, testimoniando la vitalità di un sapere che non smette mai di reinventarsi.
Quando il vetro si gonfia al soffio del maestro, basta un respiro troppo caldo o una parete troppo sottile perché la sua superficie si increspi come un tessuto di luce. È in quell’istante fragile che Gaetano Pesce trova la sua verità estetica: accetta l’imperfezione, la trasforma in linguaggio, ne fa segno distintivo. Nella serie straordinaria dei Vase Fripé, in mostra al MAMC+, il designer italiano affida il gesto ai vetrai, spingendoli oltre il limite del controllo — là dove la forma rischia di collassare, dove il vetro si piega, si affloscia, si arrende. Ma è proprio in questa resa che nasce la bellezza: pieghe morbide come drappeggi barocchi, trasparenze che raccontano la vulnerabilità del gesto umano. Pesce celebra il difetto come atto poetico, l’incidente come verità del processo creativo — un’estetica della libertà che fa del vetro un materiale vivo, indisciplinato, profondamente contemporaneo.
Geometrie dell’anima: Ettore Sottsass e la spiritualità del vetro
Affascinato dal vetro come da una materia di pura energia, l’architetto e designer italiano Ettore Sottsass lo trasforma, dal 1998 fino alla sua scomparsa nel 2007, in un territorio di sperimentazione poetica e spirituale. Per lui il vetro non è mai un semplice supporto, ma una sostanza viva, attraversata da luce e pensiero, capace di fondere trasparenza e opacità, densità e leggerezza. Nella sua ricerca al Cirva, l’architetto milanese intreccia il vetro con materiali eterogenei in un alfabeto materico che sfida i confini dell’oggetto.
In mostra, quattro serie emblematiche raccontano questa collaborazione visionaria: i Vases, che sovvertono l’idea stessa di funzionalità trasformando l’uso in emozione; i Lingam e gli Xiangzheng, dove la spiritualità indiana si traduce in un’esplosione di colore, tra tensione e armonia; e infine i Kachinas, omaggio alle tradizioni animiste dell’America Latina, culmine di una ricerca in cui l’oggetto si fa totem, rito, meditazione. Sottsass eleva il vetro a stato d’animo, a forma di pensiero: una materia che respira, riflette e sogna.
La luce silenziosa di Pierre Soulages
Tra il 1987 e il 1994, Pierre Soulages trasforma la luce in materia viva, creando per l’abbaziale di Sainte-Foy-de-Conques centoquattro vetrate che sembrano respirare insieme al tempo. In collaborazione con il Cirva, l’artista intraprende una ricerca titanica — più di settecento prove per trovare il vetro perfetto: non colorato, translucido, capace di accogliere e restituire le variazioni della luce naturale in ogni ora del giorno e in ogni stagione.
Questo lavoro, sospeso tra arte e scienza, si fa meditazione sulla luce e sul suo linguaggio spirituale. I vetri di Soulages non raccontano una storia, ma la lasciano accadere nel silenzio delle navate, dove il passaggio del sole diventa segno del tempo che scorre. L’esperienza visiva si trasforma così in atto poetico e contemplativo: una vibrazione che invita al raccoglimento, alla concentrazione, all’interiorità. Come diceva lo stesso artista, “questa luce non mostra, ma propone la contemplazione” — un invito a vedere non con gli occhi, ma con lo spirito.
Sguardi e misteri di luce: Mathilde Rosier e James Lee Byars
Tra le opere esposte, gli Occhi-seme di Mathilde Rosier: creature ambigue, sospese tra il frutto e l’organo, tra la natura e la visione. Sono occhi che germogliano e respirano luce, ricordandoci che anche il nostro sguardo, come il vetro o le piante, vive di luminosità. Alcuni si levano verso il cielo, catturando i raggi del sole; altri, maturi, cadono a terra per rinascere. Questi esseri ibridi, a metà tra il corpo e la terra, appartengono a una genealogia antichissima: nell’arte greca e romana, gli occhi di vetro infondevano anima alle statue bronzee, mentre dal Rinascimento in poi divennero protesi, estensioni del corpo umano. In Rosier, tornano a essere simboli di metamorfosi, organi di percezione cosmica, promesse di nuova vita.
Il percorso della mostra termina con l’opera di James Lee Byars che firma uno dei capolavori più enigmatici del Cirva: Le Petit Ange Rouge. Trecentotrentatré sfere di vetro perfettamente identiche disegnano un arabesco ipnotico, animate da un rosso profondo, il celebre “rosso veneziano”, tonalità rara, quasi mistica, tramandata da un maestro delle fornaci lagunari. È proprio a Venezia che l’artista americano, ossessionato dalla perfezione e dal mistero, concepisce questa opera come un enigma di luce. Il suo titolo rimane indecifrabile — come ogni domanda che non pretende risposta. Per Byars, la sfera è la forma stessa dell’interrogativo: pura, assoluta, eterna. Le Petit Ange Rouge non si spiega, si contempla — fluttuante, sublime, inafferrabile come un pensiero sospeso tra cielo e fuoco.
Il vetro come specchio del futuro
Materia di mistero e rivelazione, il vetro è da sempre il complice silenzioso di alchimisti e scienziati: trasparente ma protettivo, fragile e indomabile. Nei laboratori come nelle serre, racchiude la vita e la espone allo sguardo, diventando scenografia della conoscenza. Al Cirva, questa vocazione si trasforma in poesia visiva: artisti e designer lo usano per conservare, osservare, reinventare il mondo. Nelle loro mani il vetro diventa ibrido, intreccio di natura e tecnologia, di corpo e luce. È una materia che respira, sospesa tra biologia e artificio, tra purezza e complessità.
Le Verre au-delà de la matière è un manifesto sul potere della creazione. Tra scienza e poesia, tradizione e innovazione, il Cirva e il MAMC+ ci ricordano che il vetro è, da sempre, metafora dell’uomo e della contemporaneità: fragile e potente, naturale e sintetico, antico e futurista: in continua trasformazione. Una pelle trasparente che riflette, come uno specchio liquido, il nostro eterno desiderio di comprendere e reinventare il mondo.
Due prime assolute per reinventare la contemporaneità
In contemporanea all’esposizione dedicata alla collezione del Cirva, al MAMC+ di Saint-Étienne, si aprono due altre mostre imperdibili, ciascuna portatrice di una forza iconica e inedita: Alison Knowles. Une rétrospective — la prima esposizione completa in Francia per questa pioniera americana del movimento Fluxus, scomparsa il 29 ottobre 2025 a 92 anni. Qui, Knowles viene celebrata nella sua interezza: artista che ha trasformato l’ordinario in straordinario, unica donna tra i fondatori del movimento Fluxus, capace di rendere poetico il gesto quotidiano e di aprire nuovi orizzonti di partecipazione nell’arte contemporanea.
Accanto a questo omaggio, si dispiega la prima personale in Francia di Gernot Wieland, con la mostra Chants pour les indésirables: un universo visivo e sonoro che affonda nelle pieghe del linguaggio, dell’alterità e della psicanalisi, attraverso quattro film, oltre cento disegni e ceramiche inseriti in installazioni immersive. L’artista austriaco costruisce narrazioni intime e al tempo stesso universali, dove il racconto personale si intreccia con una riflessione collettiva sulla fragilità umana.
Crediti foto: © Cristina Biordi
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Il vetro oltre la materia: le collezioni del Cirva al Mamc+ di Saint-Étienne
Tempo stimato per la lettura: 34 minuti
Il vetro non è soltanto una materia: è una promessa di luce, un linguaggio che unisce arte e scienza, visione e gesto. A Saint-Étienne, il Musée d’art moderne et contemporain Métropole (MAMC+) apre le sue sale al Centre international de recherche sur le verre et les arts plastiques (Cirva) di Marsiglia, in una mostra curata da Stanislas Colodiet e Joris Thomas. Un incontro che diventa riflessione sull’alchimia creativa tra artista e artigiano, tra industria e immaginazione.
Le Verre au-delà de la matière (Il vetro oltre la materia) dal 8 novembre 2025 al 15 marzo 2026, invita a esplorare progetti di ricerca che offrono una visione contemporanea di un materiale lavorato da millenni, attraverso la ricca collezione del Cirva. Design e arti visive si incontrano in un dialogo trasversale, articolato in molteplici temi e approcci transdisciplinari.
Dentro il respiro del vetro
Il visitatore è accompagnato dalla musica di Jacques Averna, che intreccia suoni e visioni in un’atmosfera sospesa. Il vetro, solido amorfo, vive in uno stato intermedio tra liquido e solido: la sua struttura cattura l’ordine del cristallo senza cristallizzarsi mai, sospendendo atomi e luce in un equilibrio fragile che unisce scienza e poesia.Il vetro diventa allora non solo materia, ma esperienza: un modo per vedere il mondo attraverso la luce dell’arte.
Le opere dialogano con documenti, schizzi, fotografie e video che svelano i processi nascosti dietro ogni creazione. È un racconto vivo, fatto di esperimenti chimici e intuizioni artistiche, dove la trasparenza si fa racconto del pensiero.
Breve storia del Cirva
Fondato nel 1983 dal Ministero della Cultura francese, diretto da Françoise Guichon, dal 1985, il Cirva è una fucina di idee, nato per reinventare il vetro oltre la tradizione millenaria. La mostra al MAMC+ ne ripercorre oltre quarant’anni di sperimentazione, in un percorso di 1000 metri quadrati dove desideri, sogni e tecniche si cristallizzano in un racconto collettivo.
Dal 1986 il Cirva ha la sua sede a Marsiglia, nel quartiere de La Joliette, accogliendo ogni anno artisti, designer e architetti desiderosi di confrontarsi con il vetro, spesso per la prima volta. Una squadra di tecnici verrari d’élite li assiste in residenze flessibili, senza vincoli di durata, permettendo esplorazioni audaci e imprevedibili. Oggi la collezione del Cirva conta circa 700 opere, frutto dei progetti degli artisti, e documenta un archivio visivo di sperimentazione e innovazione.
Utopia creativa: il sogno possibile del vetro
Come racconta Joris Thomas durante il vernissage, l’utopia non è un sogno irraggiungibile, ma ciò che semplicemente non è ancora stato realizzato. È su questo confine sottile tra possibile e immaginato che si muove la mostra: un dialogo vibrante tra arte e industria, tra pensiero e forma. Qui il vetro si fa materia di libertà, sospesa tra forza e fragilità, trasparenza e mistero, natura e artificio. Un materiale che riflette il nostro tempo e, al tempo stesso, lo trascende: come una promessa ancora da plasmare.
In nove tappe la mostra percorre un viaggio multidisciplinare che celebra la collettività: ogni opera nasce dall’incontro di mani diverse, di competenze che si fondono come sabbia e fuoco. È un omaggio all’atto creativo collettivo, dove la materia diventa medium e messaggio.
Il mito e la materia
Il percorso espositivo si apre con un racconto leggendario: quello di Plinio il Vecchio, che nella Naturalis Historia narra la nascita del vetro sulle rive del fiume Belo, in Siria, quando mercanti fenici accesero un fuoco su blocchi di soda naturale. Dalla fusione con la sabbia nacque per caso il primo vetro della storia.
Quel mito si rinnova oggi al MAMC+, dove il vetro continua a trasformarsi, tra eco archeologiche e suggestioni geologiche. Gli artisti e i designer si confrontano con le origini della materia, reinventandola come simbolo di una modernità traslucida e cangiante.
Luce, trasparenze e alchimie contemporanee
L’esposizione attraversa le molte anime del vetro celebrando il dialogo tra arte, design e sperimentazione tecnica: da Ettore Sottsass con i suoi Lingam e Kachina, ai vasi visionari di Betty Woodman, la serie dei Concepts di Bob Wilson, L’unghia di Giuseppe Penone, il suggestivo Planetarium di Jana Sterbak, la serie Torno Subito di Pierre Charpin, gli Occhi-seme di Mathilde Rosier, dall’estetica kitsch di Richard Di Rosa al poetico Petit Ange rouge de Marseille di James Lee Byars.
La mostra raccoglie creazioni di altri artisti che hanno contribuito alla straordinaria avventura del Cirva, rivelando come il vetro possa essere al contempo materia di luce, di memoria e di immaginazione.
Jean-Michel Othoniel e l’eredità del fuoco
La collaborazione di Jean-Michel Othoniel con il Cirva segna la sua conversione artistica: da materiali opachi e organici alla trasparenza incandescente di un materiale che cattura e riflette la luce come un’emozione.
Un’aura arcaica e magnetica avvolge l’Hermaphrodite di Jean-Michel Othoniel, opera che sembra emergere dalle ceneri di Pompei, come un corpo pietrificato dalla lava e dal desiderio. Realizzata in zolfo — materia viva che si fa pietra, si scioglie, evapora e ritorna solida — l’opera diventa metafora delle metamorfosi del desiderio, delle sue febbri e delle sue attese. In essa convivono eros e sofferenza, il souffre francese che gioca con il verbo souffrir, evocando tutto ciò che è sulfureo, fragile, segreto. L’artista imprime nel materiale la traccia del proprio corpo disteso, ma a partire dal 1991 abbandona il calco dell’oggetto preesistente: è il gesto stesso del modellare che diventa forma.
Le sperimentazioni di Gaetano Pesce e la materia reinventata
Tra le voci protagoniste di questa mostra, quella di Gaetano Pesce risuona come un manifesto di libertà. L’artista-designer ha trascorso anni al Cirva sviluppando cinque tecniche inedite per il vetro — Pastis, Joliette, Vieux-Port, Pâte de Verre, Plage — veri e propri esercizi di metamorfosi materica. Polveri, frammenti, bottiglie e perle colorate si fondono in nuove texture, testimoniando la vitalità di un sapere che non smette mai di reinventarsi.
Quando il vetro si gonfia al soffio del maestro, basta un respiro troppo caldo o una parete troppo sottile perché la sua superficie si increspi come un tessuto di luce. È in quell’istante fragile che Gaetano Pesce trova la sua verità estetica: accetta l’imperfezione, la trasforma in linguaggio, ne fa segno distintivo. Nella serie straordinaria dei Vase Fripé, in mostra al MAMC+, il designer italiano affida il gesto ai vetrai, spingendoli oltre il limite del controllo — là dove la forma rischia di collassare, dove il vetro si piega, si affloscia, si arrende. Ma è proprio in questa resa che nasce la bellezza: pieghe morbide come drappeggi barocchi, trasparenze che raccontano la vulnerabilità del gesto umano. Pesce celebra il difetto come atto poetico, l’incidente come verità del processo creativo — un’estetica della libertà che fa del vetro un materiale vivo, indisciplinato, profondamente contemporaneo.
Geometrie dell’anima: Ettore Sottsass e la spiritualità del vetro
Affascinato dal vetro come da una materia di pura energia, l’architetto e designer italiano Ettore Sottsass lo trasforma, dal 1998 fino alla sua scomparsa nel 2007, in un territorio di sperimentazione poetica e spirituale. Per lui il vetro non è mai un semplice supporto, ma una sostanza viva, attraversata da luce e pensiero, capace di fondere trasparenza e opacità, densità e leggerezza. Nella sua ricerca al Cirva, l’architetto milanese intreccia il vetro con materiali eterogenei in un alfabeto materico che sfida i confini dell’oggetto.
In mostra, quattro serie emblematiche raccontano questa collaborazione visionaria: i Vases, che sovvertono l’idea stessa di funzionalità trasformando l’uso in emozione; i Lingam e gli Xiangzheng, dove la spiritualità indiana si traduce in un’esplosione di colore, tra tensione e armonia; e infine i Kachinas, omaggio alle tradizioni animiste dell’America Latina, culmine di una ricerca in cui l’oggetto si fa totem, rito, meditazione. Sottsass eleva il vetro a stato d’animo, a forma di pensiero: una materia che respira, riflette e sogna.
La luce silenziosa di Pierre Soulages
Tra il 1987 e il 1994, Pierre Soulages trasforma la luce in materia viva, creando per l’abbaziale di Sainte-Foy-de-Conques centoquattro vetrate che sembrano respirare insieme al tempo. In collaborazione con il Cirva, l’artista intraprende una ricerca titanica — più di settecento prove per trovare il vetro perfetto: non colorato, translucido, capace di accogliere e restituire le variazioni della luce naturale in ogni ora del giorno e in ogni stagione.
Questo lavoro, sospeso tra arte e scienza, si fa meditazione sulla luce e sul suo linguaggio spirituale. I vetri di Soulages non raccontano una storia, ma la lasciano accadere nel silenzio delle navate, dove il passaggio del sole diventa segno del tempo che scorre. L’esperienza visiva si trasforma così in atto poetico e contemplativo: una vibrazione che invita al raccoglimento, alla concentrazione, all’interiorità. Come diceva lo stesso artista, “questa luce non mostra, ma propone la contemplazione” — un invito a vedere non con gli occhi, ma con lo spirito.
Sguardi e misteri di luce: Mathilde Rosier e James Lee Byars
Tra le opere esposte, gli Occhi-seme di Mathilde Rosier: creature ambigue, sospese tra il frutto e l’organo, tra la natura e la visione. Sono occhi che germogliano e respirano luce, ricordandoci che anche il nostro sguardo, come il vetro o le piante, vive di luminosità. Alcuni si levano verso il cielo, catturando i raggi del sole; altri, maturi, cadono a terra per rinascere. Questi esseri ibridi, a metà tra il corpo e la terra, appartengono a una genealogia antichissima: nell’arte greca e romana, gli occhi di vetro infondevano anima alle statue bronzee, mentre dal Rinascimento in poi divennero protesi, estensioni del corpo umano. In Rosier, tornano a essere simboli di metamorfosi, organi di percezione cosmica, promesse di nuova vita.
Il percorso della mostra termina con l’opera di James Lee Byars che firma uno dei capolavori più enigmatici del Cirva: Le Petit Ange Rouge. Trecentotrentatré sfere di vetro perfettamente identiche disegnano un arabesco ipnotico, animate da un rosso profondo, il celebre “rosso veneziano”, tonalità rara, quasi mistica, tramandata da un maestro delle fornaci lagunari. È proprio a Venezia che l’artista americano, ossessionato dalla perfezione e dal mistero, concepisce questa opera come un enigma di luce. Il suo titolo rimane indecifrabile — come ogni domanda che non pretende risposta. Per Byars, la sfera è la forma stessa dell’interrogativo: pura, assoluta, eterna. Le Petit Ange Rouge non si spiega, si contempla — fluttuante, sublime, inafferrabile come un pensiero sospeso tra cielo e fuoco.
Il vetro come specchio del futuro
Materia di mistero e rivelazione, il vetro è da sempre il complice silenzioso di alchimisti e scienziati: trasparente ma protettivo, fragile e indomabile. Nei laboratori come nelle serre, racchiude la vita e la espone allo sguardo, diventando scenografia della conoscenza. Al Cirva, questa vocazione si trasforma in poesia visiva: artisti e designer lo usano per conservare, osservare, reinventare il mondo. Nelle loro mani il vetro diventa ibrido, intreccio di natura e tecnologia, di corpo e luce. È una materia che respira, sospesa tra biologia e artificio, tra purezza e complessità.
Le Verre au-delà de la matière è un manifesto sul potere della creazione. Tra scienza e poesia, tradizione e innovazione, il Cirva e il MAMC+ ci ricordano che il vetro è, da sempre, metafora dell’uomo e della contemporaneità: fragile e potente, naturale e sintetico, antico e futurista: in continua trasformazione. Una pelle trasparente che riflette, come uno specchio liquido, il nostro eterno desiderio di comprendere e reinventare il mondo.
Due prime assolute per reinventare la contemporaneità
In contemporanea all’esposizione dedicata alla collezione del Cirva, al MAMC+ di Saint-Étienne, si aprono due altre mostre imperdibili, ciascuna portatrice di una forza iconica e inedita: Alison Knowles. Une rétrospective — la prima esposizione completa in Francia per questa pioniera americana del movimento Fluxus, scomparsa il 29 ottobre 2025 a 92 anni. Qui, Knowles viene celebrata nella sua interezza: artista che ha trasformato l’ordinario in straordinario, unica donna tra i fondatori del movimento Fluxus, capace di rendere poetico il gesto quotidiano e di aprire nuovi orizzonti di partecipazione nell’arte contemporanea.
Accanto a questo omaggio, si dispiega la prima personale in Francia di Gernot Wieland, con la mostra Chants pour les indésirables: un universo visivo e sonoro che affonda nelle pieghe del linguaggio, dell’alterità e della psicanalisi, attraverso quattro film, oltre cento disegni e ceramiche inseriti in installazioni immersive. L’artista austriaco costruisce narrazioni intime e al tempo stesso universali, dove il racconto personale si intreccia con una riflessione collettiva sulla fragilità umana.
Crediti foto: © Cristina Biordi










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