Alberto Giacometti e Petrit Halilaj costruiscono un palazzo fantastico di notte

Tempo stimato per la lettura: 4,2 minuti
Le sculture, come disegni nello spazio, che lo trasformano, creando nuove relazioni e significati. Le figure sottili e allungate di Alberto Giacommetti che esprimono una sensazione di solitudine e ricerca dell’identità, riecheggiano nel lavoro di Petrit Halilaj. La mostra Alberto Giacometti / Petrit Halilaj: Nous construisions un fantastique palais la nuit…, dal 14 marzo all’8 giugno 2025, presso l’Institut Giacometti permette finalemente ai due artisti d’incontrarsi. Seppur di epoche e contesti diversi, sono uniti da una profonda riflessione sull’esistenza umana e la condizione dell’individuo. Questa esposizione è un viaggio attraverso le opere iconiche di Alberto Giacometti, uno dei più importanti scultori del XX secolo, e quelle di Petrit Halilaj, un artista contemporaneo che esplora le memorie e le esperienze della sua terra d’origine, il Kosovo.
Il disegno infantile
Segnato dalla sua infanzia in un Kosovo in guerra, Petrit Halilaj sviluppa una pratica in cui storie individuali e collettive si uniscono per immaginare spazi di libertà non privi di gioco e leggerezza. Come Giacometti in certi periodi, il disegno infantile ha nutrito la sua opera, e apre alla scultura un orizzonte onirico, addirittura magico. Da un disegno infantile copiato da Giacometti, Halilaj instaura un dialogo sottile e onirico, giocando sui passaggi tra disegno e scultura, rivelando aspetti inediti dell’opera del suo predecessore. I grandi disegni spaziali di Halilaj, che si basano su un palazzo allo stesso tempo reale e immaginario, permettono così di sfruttare l’importanza del tema dell’infanzia nel lavoro di Giacometti.
Con quasi trenta opere prodotte appositamente per la mostra, Halilaj esplora nel vocabolario infantile del suo “Abetare” una forma di disegno nello spazio, divenuto il suo stesso mezzo di espressione. La mostra ritorna al rapporto dei due artisti con l’infanzia, con i sogni, con le associazioni di idee e con il loro rapporto con lo stupore.
“L’unica patria dell’uomo è la sua infanzia”. Rainer Maria Rilke
L’universo infantile nelle sue opere Petrit Halilaj è un richiamo all’infanzia, periodo di grande fragilità e vulnerabilità, che riflette in modo potente le esperienze di crescita e le sfide che i bambini affrontano, specialmente in contesti di conflitto e trauma, come quelli vissuti in Kosovo. Attraverso la lente dell’infanzia, Halilaj esplora temi di identità, memoria e perdita, offrendo una prospettiva unica su questioni più ampie legate alla guerra e alla ricostruzione.
Inoltre, l’universo infantile è spesso caratterizzato da un senso di meraviglia e creatività. Halilaj impiega elementi giocosi e fantasiosi per creare un contrasto con la durezza della realtà, permettendo agli spettatori di riflettere su esperienze di dolore e speranza. L’arte diventa così un mezzo per elaborare traumi collettivi e individuali, riscoprendo al contempo la capacità di sognare e immaginare un futuro migliore.
L’uso di simboli e immagini legati all’infanzia può anche fungere da critica sociale, mettendo in evidenza le ingiustizie e le disuguaglianze che i bambini possono affrontare nel mondo contemporaneo. In questo modo, Halilaj riesce a connettere esperienze personali a temi universali, rendendo il suo lavoro accessibile e profondamente toccante.
L’essenzialità dell’uomo legata alla memoria
Giacometti, noto per le sue sculture allungate, ha dedicato la sua vita a indagare la fragilità e l’isolamento dell’individuo. Le sue opere, caratterizzate da una straordinaria delicatezza e da un’intensa emotività, pongono l’accento sulla percezione dello spazio e sulla relazione tra l’essere umano e il mondo che lo circonda. L’artista, attraverso il suo stile unico, riesce a catturare l’essenza dell’esistenza e a trasmettere un senso di vulnerabilità.
Dall’altro lato, Petrit Halilaj porta in scena le sue esperienze personali e collettive, attingendo alla sua storia culturale e alle difficoltà vissute dal suo popolo. Le sue opere spesso riflettono temi di identità, appartenenza e memoria, utilizzando materiali e tecniche che rievocano tradizioni e narrazioni locali. Halilaj è un narratore visivo capace di trasformare il dolore e la sofferenza in un linguaggio artistico che invita alla riflessione e alla connessione umana.
Una nuova prospettiva sulla condizione umana
La mostra, curata da Hugo Daniel, propone un dialogo tra le opere di Giacometti e quelle di Halilaj, creando un ponte tra il passato e il presente. Le figure di Giacometti, con la loro inquietante solitudine, si confrontano con le installazioni e le sculture di Halilaj, che parlano di comunità e memoria. In questo contesto, la frase “Nous construisions un fantastique palais la nuit…” diventa simbolica: un richiamo alla costruzione di spazi di bellezza e speranza, anche nei momenti più bui.
L’esposizione invita i visitatori a riflettere su temi universali come l’isolamento, la ricerca di identità e la necessità di connessione. Attraverso una serie di installazioni, sculture e opere su carta, il pubblico è accompagnato in un viaggio emotivo che esplora le complessità dell’esistenza umana.
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Alberto Giacometti e Petrit Halilaj costruiscono un palazzo fantastico di notte
Tempo stimato per la lettura: 13 minuti
Le sculture, come disegni nello spazio, che lo trasformano, creando nuove relazioni e significati. Le figure sottili e allungate di Alberto Giacommetti che esprimono una sensazione di solitudine e ricerca dell’identità, riecheggiano nel lavoro di Petrit Halilaj. La mostra Alberto Giacometti / Petrit Halilaj: Nous construisions un fantastique palais la nuit…, dal 14 marzo all’8 giugno 2025, presso l’Institut Giacometti permette finalemente ai due artisti d’incontrarsi. Seppur di epoche e contesti diversi, sono uniti da una profonda riflessione sull’esistenza umana e la condizione dell’individuo. Questa esposizione è un viaggio attraverso le opere iconiche di Alberto Giacometti, uno dei più importanti scultori del XX secolo, e quelle di Petrit Halilaj, un artista contemporaneo che esplora le memorie e le esperienze della sua terra d’origine, il Kosovo.
Il disegno infantile
Segnato dalla sua infanzia in un Kosovo in guerra, Petrit Halilaj sviluppa una pratica in cui storie individuali e collettive si uniscono per immaginare spazi di libertà non privi di gioco e leggerezza. Come Giacometti in certi periodi, il disegno infantile ha nutrito la sua opera, e apre alla scultura un orizzonte onirico, addirittura magico. Da un disegno infantile copiato da Giacometti, Halilaj instaura un dialogo sottile e onirico, giocando sui passaggi tra disegno e scultura, rivelando aspetti inediti dell’opera del suo predecessore. I grandi disegni spaziali di Halilaj, che si basano su un palazzo allo stesso tempo reale e immaginario, permettono così di sfruttare l’importanza del tema dell’infanzia nel lavoro di Giacometti.
Con quasi trenta opere prodotte appositamente per la mostra, Halilaj esplora nel vocabolario infantile del suo “Abetare” una forma di disegno nello spazio, divenuto il suo stesso mezzo di espressione. La mostra ritorna al rapporto dei due artisti con l’infanzia, con i sogni, con le associazioni di idee e con il loro rapporto con lo stupore.
“L’unica patria dell’uomo è la sua infanzia”. Rainer Maria Rilke
L’universo infantile nelle sue opere Petrit Halilaj è un richiamo all’infanzia, periodo di grande fragilità e vulnerabilità, che riflette in modo potente le esperienze di crescita e le sfide che i bambini affrontano, specialmente in contesti di conflitto e trauma, come quelli vissuti in Kosovo. Attraverso la lente dell’infanzia, Halilaj esplora temi di identità, memoria e perdita, offrendo una prospettiva unica su questioni più ampie legate alla guerra e alla ricostruzione.
Inoltre, l’universo infantile è spesso caratterizzato da un senso di meraviglia e creatività. Halilaj impiega elementi giocosi e fantasiosi per creare un contrasto con la durezza della realtà, permettendo agli spettatori di riflettere su esperienze di dolore e speranza. L’arte diventa così un mezzo per elaborare traumi collettivi e individuali, riscoprendo al contempo la capacità di sognare e immaginare un futuro migliore.
L’uso di simboli e immagini legati all’infanzia può anche fungere da critica sociale, mettendo in evidenza le ingiustizie e le disuguaglianze che i bambini possono affrontare nel mondo contemporaneo. In questo modo, Halilaj riesce a connettere esperienze personali a temi universali, rendendo il suo lavoro accessibile e profondamente toccante.
L’essenzialità dell’uomo legata alla memoria
Giacometti, noto per le sue sculture allungate, ha dedicato la sua vita a indagare la fragilità e l’isolamento dell’individuo. Le sue opere, caratterizzate da una straordinaria delicatezza e da un’intensa emotività, pongono l’accento sulla percezione dello spazio e sulla relazione tra l’essere umano e il mondo che lo circonda. L’artista, attraverso il suo stile unico, riesce a catturare l’essenza dell’esistenza e a trasmettere un senso di vulnerabilità.
Dall’altro lato, Petrit Halilaj porta in scena le sue esperienze personali e collettive, attingendo alla sua storia culturale e alle difficoltà vissute dal suo popolo. Le sue opere spesso riflettono temi di identità, appartenenza e memoria, utilizzando materiali e tecniche che rievocano tradizioni e narrazioni locali. Halilaj è un narratore visivo capace di trasformare il dolore e la sofferenza in un linguaggio artistico che invita alla riflessione e alla connessione umana.
Una nuova prospettiva sulla condizione umana
La mostra, curata da Hugo Daniel, propone un dialogo tra le opere di Giacometti e quelle di Halilaj, creando un ponte tra il passato e il presente. Le figure di Giacometti, con la loro inquietante solitudine, si confrontano con le installazioni e le sculture di Halilaj, che parlano di comunità e memoria. In questo contesto, la frase “Nous construisions un fantastique palais la nuit…” diventa simbolica: un richiamo alla costruzione di spazi di bellezza e speranza, anche nei momenti più bui.
L’esposizione invita i visitatori a riflettere su temi universali come l’isolamento, la ricerca di identità e la necessità di connessione. Attraverso una serie di installazioni, sculture e opere su carta, il pubblico è accompagnato in un viaggio emotivo che esplora le complessità dell’esistenza umana.
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