Sirene, santi e naufragi: l’universo Pop di Pierre et Gilles a Deauville

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 24 Maggio 2025

Tempo stimato per la lettura: 3,7 minuti

C’è un luogo, a pochi passi dalle maree di Deauville, dove l’arte non si guarda: si attraversa, si respira, si sogna. Si chiama Les Franciscaines, ed è qui che prende vita Mondes Marins, la nuova, visionaria esposizione di Pierre et Gilles, aperta al pubblico dal 24 maggio 2025 fino a gennaio 2026.

Non è una semplice mostra. È un invito all’immersione profonda, dove onde di velluto visivo e silenzi sacri si fondono in un rituale pop che celebra il mare come archetipo del desiderio, del travestimento e della memoria. Divinità marine, santi queer, icone pop e marinai si alternano in un mondo liquido e teatrale, dove ogni opera seduce come il canto delle sirene da cui è impossibile voler essere salvati.

Un’estetica che ammalia. E cura.

Pierre Commoy e Gilles Blanchard, alias Pierre et Gilles, non documentano: incantano. La loro arte non è fotografia, né pittura. È una liturgia creativa dove il sacro incontra il glamour, il mito si fonde con la pelle, e il mare – culla e tomba insieme – si fa specchio dell’anima.

In Mondes Marins, circa 70 opere (tra cui quattro inedite realizzate per l’occasione) tracciano una rotta visiva che va dai loro primi autoritratti da marinai del 1977 fino alle immagini più recenti. Ed è proprio questo tema – il mare, l’abisso, il naufragio – a diventare filo conduttore e insieme simbolo esistenziale.

Sirene queer, santi pop, marinai simbolo di sessualità

In questa marea visiva, tutto è trasformazione. Le sirene non cantano più per i marinai, ma per lo spettatore; i santi hanno corpi fluidi, perfetti e ambigui; i marinai sono oggetti di culto, icone fetish, anime perdute in un oceano simbolico.

Il mare non è solo paesaggio: è archetipo del desiderio e della perdita, spazio in cui il corpo si dissolve, si maschera, si trasfigura. È un luogo mitico e contemporaneo, che porta in sé i sogni lucidi del cinema, la nostalgia dei porti lontani e la tragedia mai sopita della generazione segnata dall’AIDS.

Una scena costruita, come un altare profano

Nulla è lasciato al caso. I fondali, i costumi, le cornici dipinte a mano, i fiori finti, i tatuaggi: ogni elemento è un mattone nella costruzione di un universo estetico che è insieme barocco e pop, colto e popolare, profondo e leggero. Pierre et Gilles mettono in scena un mondo che è tanto immaginario quanto assolutamente reale. E in questa messa in scena, ogni soggetto diventa icona, ogni volto una preghiera.

Il naufragio come metafora della memoria

Ma sotto la superficie patinata, qualcosa si muove. Qualcosa trema. Il naufragio, tema ricorrente, diventa qui metafora psichica e politica. È la perdita dell’amato, della giovinezza, dell’identità. È il corpo segnato dal tempo o dalla malattia. È la generazione di artisti e amanti spazzata via dal silenzio dell’AIDS.

In Mondes Marins, il mare diventa un luogo del lutto e della resurrezione. Ogni opera è un atto di resistenza visiva, una memoria incarnata che non vuole – e non può – essere dimenticata.

Deauville palco del teatro emotico di Pierre et Gilles

Che la mostra approdi proprio a Deauville non è un caso. Qui, città d’acque, di riflessi, di illusioni, Pierre et Gilles hanno trovato un rifugio estetico e affettivo. Già nel 2022 avevano donato a Les Franciscaines l’opera Philomène. Da quell’atto d’amore nasce oggi questa grande retrospettiva, che suggella un legame profondo tra gli artisti e il luogo.

Le quattro nuove opere create per l’occasione rifrangono Deauville come uno specchio d’anima: tra costa d’amore e immaginario hollywoodiano, tra sacralità e desiderio, tra naufragi interiori e approdi immaginari.

Una bellezza che non consola. Ma rivela.

Mondes Marins non è solo un omaggio al mare. È un rito collettivo di visione e di accettazione. È arte che cura, sì, ma anche arte che espone. Che dice, con la voce limpida dell’eccesso, che esistere è resistere. E che dentro ogni corpo, anche il più idealizzato, c’è una crepa. E da quella crepa, entra la luce. Per chi ha ancora il coraggio di guardare il mondo con occhi lucidi. E con il cuore alla deriva.

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Published On: 24 Maggio 2025

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 11 minuti

C’è un luogo, a pochi passi dalle maree di Deauville, dove l’arte non si guarda: si attraversa, si respira, si sogna. Si chiama Les Franciscaines, ed è qui che prende vita Mondes Marins, la nuova, visionaria esposizione di Pierre et Gilles, aperta al pubblico dal 24 maggio 2025 fino a gennaio 2026.

Non è una semplice mostra. È un invito all’immersione profonda, dove onde di velluto visivo e silenzi sacri si fondono in un rituale pop che celebra il mare come archetipo del desiderio, del travestimento e della memoria. Divinità marine, santi queer, icone pop e marinai si alternano in un mondo liquido e teatrale, dove ogni opera seduce come il canto delle sirene da cui è impossibile voler essere salvati.

Un’estetica che ammalia. E cura.

Pierre Commoy e Gilles Blanchard, alias Pierre et Gilles, non documentano: incantano. La loro arte non è fotografia, né pittura. È una liturgia creativa dove il sacro incontra il glamour, il mito si fonde con la pelle, e il mare – culla e tomba insieme – si fa specchio dell’anima.

In Mondes Marins, circa 70 opere (tra cui quattro inedite realizzate per l’occasione) tracciano una rotta visiva che va dai loro primi autoritratti da marinai del 1977 fino alle immagini più recenti. Ed è proprio questo tema – il mare, l’abisso, il naufragio – a diventare filo conduttore e insieme simbolo esistenziale.

Sirene queer, santi pop, marinai simbolo di sessualità

In questa marea visiva, tutto è trasformazione. Le sirene non cantano più per i marinai, ma per lo spettatore; i santi hanno corpi fluidi, perfetti e ambigui; i marinai sono oggetti di culto, icone fetish, anime perdute in un oceano simbolico.

Il mare non è solo paesaggio: è archetipo del desiderio e della perdita, spazio in cui il corpo si dissolve, si maschera, si trasfigura. È un luogo mitico e contemporaneo, che porta in sé i sogni lucidi del cinema, la nostalgia dei porti lontani e la tragedia mai sopita della generazione segnata dall’AIDS.

Una scena costruita, come un altare profano

Nulla è lasciato al caso. I fondali, i costumi, le cornici dipinte a mano, i fiori finti, i tatuaggi: ogni elemento è un mattone nella costruzione di un universo estetico che è insieme barocco e pop, colto e popolare, profondo e leggero. Pierre et Gilles mettono in scena un mondo che è tanto immaginario quanto assolutamente reale. E in questa messa in scena, ogni soggetto diventa icona, ogni volto una preghiera.

Il naufragio come metafora della memoria

Ma sotto la superficie patinata, qualcosa si muove. Qualcosa trema. Il naufragio, tema ricorrente, diventa qui metafora psichica e politica. È la perdita dell’amato, della giovinezza, dell’identità. È il corpo segnato dal tempo o dalla malattia. È la generazione di artisti e amanti spazzata via dal silenzio dell’AIDS.

In Mondes Marins, il mare diventa un luogo del lutto e della resurrezione. Ogni opera è un atto di resistenza visiva, una memoria incarnata che non vuole – e non può – essere dimenticata.

Deauville palco del teatro emotico di Pierre et Gilles

Che la mostra approdi proprio a Deauville non è un caso. Qui, città d’acque, di riflessi, di illusioni, Pierre et Gilles hanno trovato un rifugio estetico e affettivo. Già nel 2022 avevano donato a Les Franciscaines l’opera Philomène. Da quell’atto d’amore nasce oggi questa grande retrospettiva, che suggella un legame profondo tra gli artisti e il luogo.

Le quattro nuove opere create per l’occasione rifrangono Deauville come uno specchio d’anima: tra costa d’amore e immaginario hollywoodiano, tra sacralità e desiderio, tra naufragi interiori e approdi immaginari.

Una bellezza che non consola. Ma rivela.

Mondes Marins non è solo un omaggio al mare. È un rito collettivo di visione e di accettazione. È arte che cura, sì, ma anche arte che espone. Che dice, con la voce limpida dell’eccesso, che esistere è resistere. E che dentro ogni corpo, anche il più idealizzato, c’è una crepa. E da quella crepa, entra la luce. Per chi ha ancora il coraggio di guardare il mondo con occhi lucidi. E con il cuore alla deriva.

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