Spazi di Resistenza: quando l’arte diventa terra, corpo, memoria

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 23 Agosto 2025

Tempo stimato per la lettura: 4,4 minuti

Roma non dimentica. Dal 12 settembre al 12 ottobre 2025, il Mattatoio di Roma si fa carne viva della memoria e della rinascita, accogliendo Spazi di Resistenza, un’esposizione che pulsa di storia, visione e coraggio. Promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, e realizzata in collaborazione con Latitudo Art Project, la mostra è un atto poetico-politico curato da Benedetta Carpi De Resmini.

Promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, con la curatela sensibile e visionaria di Benedetta Carpi De Resmini, la mostra si inserisce nel cuore vivo delle commemorazioni per il trentennale della fine della guerra in Bosnia-Erzegovina, dell’assedio di Sarajevo (14 dicembre 1995) e del genocidio di Srebrenica (11 luglio 1995). Ma Spazi di Resistenza va oltre la memoria: è un gesto corale di ascolto e guarigione, un atto condiviso di cura simbolica che attraversa il tempo, restituendo voce e dignità a ciò che la storia ha lacerato.

Sei voci. Sei Ferite. Sei Rinascite

Le protagoniste di Spazi di Resistenza sono sei artiste, sei mondi, sei rotte incrociate di dolore e rigenerazione. Simona Barzaghi, Gea Casolaro, Romina De Novellis, Šejla Kamerić, Smirna Kulenović e Mila Panić si muovono lungo un asse fatto di territorio, identità e memoria collettiva.

Simona Barzaghi cammina lungo il fiume Drina come un’antica sacerdotessa del paesaggio: il corpo diventa archivio, il passo diventa narrazione. Il territorio, come una pelle sensibile, risponde al gesto dell’artista trasformandosi in un atto corale di ascolto.

Al suo opposto complementare, Romina De Novellis si inginocchia e pulisce: un gesto intimo, ossessivo, rituale. Non si può lavare via la memoria, ma si può prenderla in cura. La sua performance ci lascia disarmati e lucidi, davanti all’impossibilità del “dimenticare”.

Šejla Kamerić, con la forza iconica del corpo femminile come resistenza politica, rievoca la guerra da dentro, mostrando ferite che si fanno linguaggio. Il potere, la memoria e la violenza diventano materia artistica, scultura invisibile ma incisiva.

Natura sovversiva: rituali di cura e trasformazione

Smirna Kulenović affida alla natura il compito di guarire. Le sue installazioni usano elementi organici – fiori, semi, terra – come mediatori di una cura collettiva. La storia non si cancella, ma può essere trasformata, come il compost genera nuova vita.

Gea Casolaro ci porta nell’erba: non un prato qualunque, ma una geografia emotiva. L’erba è ferita e fertilità, bellezza e minaccia, vita e campo minato. Le sue immagini raccontano Sarajevo con un respiro che sa di primavera e tensione.

Infine, Mila Panić incendia simbolicamente un campo: la sua terra, il suo passato, il suo futuro. Un’eredità bruciata, forse, per poterla riscrivere. Il fuoco diventa verbo, il gesto diventa linguaggio. È distruzione, ma anche possibilità.

Il futuro è un atto di resistenza

Spazi di Resistenza non è una semplice esposizione: è un dispositivo di trasformazione, una mappa di ferite e speranze, un invito a immaginare forme altre di sopravvivenza. In un’epoca in cui il conflitto torna ad affacciarsi ovunque, l’arte si fa rifugio e azione, denuncia e guarigione.

Il progetto è accompagnato da un catalogo edito da Kappabit, con testi firmati da Manuela Gandini, le artiste e la curatrice Benedetta Carpi De Resmini. Un racconto immersivo, visivo e concettuale, capace di restituire lo spirito profondo della mostra.

Durante il mese di apertura, il Mattatoio diventa laboratorio vivo: incontri, performance e la proiezione del docufilm I diari di mio padre di Ado Hasanović amplificano l’eco delle opere, estendendola oltre le pareti espositive.

Dove la memoria brucia e rifiorisce

Al Padiglione 9b del Mattatoio, ogni angolo si fa custode di silenzi densi come preghiere e di visioni che rapiscono il fiato. Spazi di Resistenza è un canto corale di donne che, ciascuna con un gesto radicalmente diverso, ci conduce lungo i sentieri spezzati del passato verso un domani inedito. Qui, Roma – eterna crocevia di memorie e bellezza – si fa paesaggio dell’anima e oracolo di senso.

In questo spazio sospeso tra trauma e rinascita, l’aria stessa sembra vibrare di respiro artistico. Nei vuoti tra le installazioni, cresce l’eco di un futuro che resiste, fragile eppure resistente. Lo spettatore, nel suo peregrinare tra fiori, terre bruciate, erbe e azioni rituali, si trasforma: da testimone passivo a custode attivo di storie che chiedono di essere raccontate, riconciliate, riscritte.

 

Crediti immagini

Simona Barzaghi

Waterline, 2024. Installazione, cornice vernice rossa, fotografie su dibond, disegni-collage, video – 250 x 750 cm – © Simona Barzaghi Courtesy l’artista

Šejla Kamerić

SUMMERISNOTOVER, 2014-2025. Carta di giornale stampata. Installation view presso Kunsthaus Dresden, 2022 © Anja Schneider Courtesy l’artista e Galleria Tanja Wagner, Berlino

Romina De Novellis
NA CL O, 2015 HD Video (frame) Courtesy Galleria Alberta Pane (Parigi, Venezia)

Gea Casolaro

L’erba di Sarajevo #2, 1998- 2025 – 60 stampe Lambda 46,66 x 70 cm © Gea Casolaro Courtesy l’artista

Smirna Kulenović
A Seed for a Song, 2025 – Video installazione © Smirna Kulenović Courtesy l’artista

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Published On: 23 Agosto 2025

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 13 minuti

Roma non dimentica. Dal 12 settembre al 12 ottobre 2025, il Mattatoio di Roma si fa carne viva della memoria e della rinascita, accogliendo Spazi di Resistenza, un’esposizione che pulsa di storia, visione e coraggio. Promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, e realizzata in collaborazione con Latitudo Art Project, la mostra è un atto poetico-politico curato da Benedetta Carpi De Resmini.

Promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, con la curatela sensibile e visionaria di Benedetta Carpi De Resmini, la mostra si inserisce nel cuore vivo delle commemorazioni per il trentennale della fine della guerra in Bosnia-Erzegovina, dell’assedio di Sarajevo (14 dicembre 1995) e del genocidio di Srebrenica (11 luglio 1995). Ma Spazi di Resistenza va oltre la memoria: è un gesto corale di ascolto e guarigione, un atto condiviso di cura simbolica che attraversa il tempo, restituendo voce e dignità a ciò che la storia ha lacerato.

Sei voci. Sei Ferite. Sei Rinascite

Le protagoniste di Spazi di Resistenza sono sei artiste, sei mondi, sei rotte incrociate di dolore e rigenerazione. Simona Barzaghi, Gea Casolaro, Romina De Novellis, Šejla Kamerić, Smirna Kulenović e Mila Panić si muovono lungo un asse fatto di territorio, identità e memoria collettiva.

Simona Barzaghi cammina lungo il fiume Drina come un’antica sacerdotessa del paesaggio: il corpo diventa archivio, il passo diventa narrazione. Il territorio, come una pelle sensibile, risponde al gesto dell’artista trasformandosi in un atto corale di ascolto.

Al suo opposto complementare, Romina De Novellis si inginocchia e pulisce: un gesto intimo, ossessivo, rituale. Non si può lavare via la memoria, ma si può prenderla in cura. La sua performance ci lascia disarmati e lucidi, davanti all’impossibilità del “dimenticare”.

Šejla Kamerić, con la forza iconica del corpo femminile come resistenza politica, rievoca la guerra da dentro, mostrando ferite che si fanno linguaggio. Il potere, la memoria e la violenza diventano materia artistica, scultura invisibile ma incisiva.

Natura sovversiva: rituali di cura e trasformazione

Smirna Kulenović affida alla natura il compito di guarire. Le sue installazioni usano elementi organici – fiori, semi, terra – come mediatori di una cura collettiva. La storia non si cancella, ma può essere trasformata, come il compost genera nuova vita.

Gea Casolaro ci porta nell’erba: non un prato qualunque, ma una geografia emotiva. L’erba è ferita e fertilità, bellezza e minaccia, vita e campo minato. Le sue immagini raccontano Sarajevo con un respiro che sa di primavera e tensione.

Infine, Mila Panić incendia simbolicamente un campo: la sua terra, il suo passato, il suo futuro. Un’eredità bruciata, forse, per poterla riscrivere. Il fuoco diventa verbo, il gesto diventa linguaggio. È distruzione, ma anche possibilità.

Il futuro è un atto di resistenza

Spazi di Resistenza non è una semplice esposizione: è un dispositivo di trasformazione, una mappa di ferite e speranze, un invito a immaginare forme altre di sopravvivenza. In un’epoca in cui il conflitto torna ad affacciarsi ovunque, l’arte si fa rifugio e azione, denuncia e guarigione.

Il progetto è accompagnato da un catalogo edito da Kappabit, con testi firmati da Manuela Gandini, le artiste e la curatrice Benedetta Carpi De Resmini. Un racconto immersivo, visivo e concettuale, capace di restituire lo spirito profondo della mostra.

Durante il mese di apertura, il Mattatoio diventa laboratorio vivo: incontri, performance e la proiezione del docufilm I diari di mio padre di Ado Hasanović amplificano l’eco delle opere, estendendola oltre le pareti espositive.

Dove la memoria brucia e rifiorisce

Al Padiglione 9b del Mattatoio, ogni angolo si fa custode di silenzi densi come preghiere e di visioni che rapiscono il fiato. Spazi di Resistenza è un canto corale di donne che, ciascuna con un gesto radicalmente diverso, ci conduce lungo i sentieri spezzati del passato verso un domani inedito. Qui, Roma – eterna crocevia di memorie e bellezza – si fa paesaggio dell’anima e oracolo di senso.

In questo spazio sospeso tra trauma e rinascita, l’aria stessa sembra vibrare di respiro artistico. Nei vuoti tra le installazioni, cresce l’eco di un futuro che resiste, fragile eppure resistente. Lo spettatore, nel suo peregrinare tra fiori, terre bruciate, erbe e azioni rituali, si trasforma: da testimone passivo a custode attivo di storie che chiedono di essere raccontate, riconciliate, riscritte.

 

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Waterline, 2024. Installazione, cornice vernice rossa, fotografie su dibond, disegni-collage, video – 250 x 750 cm – © Simona Barzaghi Courtesy l’artista

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NA CL O, 2015 HD Video (frame) Courtesy Galleria Alberta Pane (Parigi, Venezia)

Gea Casolaro

L’erba di Sarajevo #2, 1998- 2025 – 60 stampe Lambda 46,66 x 70 cm © Gea Casolaro Courtesy l’artista

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