Fratelli Toso: la luce che attraversa il vetro, la storia e le generazioni

Tempo stimato per la lettura: 4 minuti
C’è un filo invisibile che collega le fornaci di un tempo alle vetrine di oggi, le mani annerite dei maestri vetrai alle luci soffuse dei musei. È il filo – lucente, fragile, indistruttibile – della memoria creativa. Dal 12 luglio al 24 novembre 2025, il Museo del Vetro di Murano, nello spazio Ex Conterie, accende i riflettori su una storia lunga 170 anni, fatta di passione, innovazione e vetro fuso: nasce Fratelli Toso. Storie di fabbriche. Storie di famiglie, una retrospettiva potente e poetica, a cura di Chiara Squarcina e Caterina Toso, ultima discendente di questa leggendaria stirpe di vetrai.
Una mostra che è racconto, radice e rivelazione
Più di 250 opere, tra murrine, vetri soffiati, schizzi originali, bozzetti, fotografie e documenti d’archivio mai esposti prima. In mostra, il cuore pulsante di un’impresa nata nel 1854, quando la crisi post-napoleonica sembrava aver spento per sempre il fuoco delle fornaci muranesi. Ma i Fratelli Toso, profondamente radicati nel territorio e spinti da una visione rinascimentale del fare arte, decidono di riaccendere la fiamma: un atto di bellezza e coraggio, che oggi torna a brillare in tutta la sua forza.
Il debutto dorato: 1864, la prima medaglia
Nel 1864, a dieci anni dalla fondazione, la Fratelli Toso partecipa alla Prima Esposizione Vetraria Muranese proprio al Museo del Vetro, oggi sede della mostra. Per l’occasione, la fornace realizza un lampadario monumentale – oggi parte delle collezioni permanenti – che diventa emblema di eccellenza tecnica e formale. Non è solo un oggetto, è un trionfo: la Toso vince la medaglia d’oro e il diploma d’onore, riaffermando il prestigio del vetro muranese in un’epoca di rinascita.
Dal revival al déco: la bellezza in trasformazione
Tra il tardo Ottocento e i primi del Novecento, la fornace si muove tra stili e ispirazioni, dai modelli antichi alle raffinatezze moderne. Le celebri serie Fenicio e Floreali rispondono alla nostalgia revivalistica dell’epoca, mentre le collaborazioni con artisti internazionali, come Hans Stoltenberg Lerche, portano uno spirito nuovo, nordico, profumato di Art Nouveau.
Negli anni Venti e Trenta, l’estetica si fa più sobria, colta e sofisticata: i vetri soffiati diventano forme leggere e purissime, simboli dello spirito déco che attraversa l’Europa. Il tocco visionario di Guido Cadorin e poi di Vittorio Zecchin – autore dei celebri calici sottilissimi con foglioline stilizzate, presentati alla Biennale di Venezia del 1938 – lascia un segno profondo nell’identità della fornace.
Forme naturali e vetri ribelli: la poesia degli anni Quaranta
La Toso non si ferma. Alla Biennale del 1940, presenta vetri dalle forme naturalistiche, essenziali, quasi impalpabili. Oggetti che sembrano nati dalla nebbia lagunare, scolpiti nel respiro della natura. E intanto, in laboratorio, si sperimenta con materiali nuovi: pulegosi, incamiciati, paste vitree. Ma soprattutto, si rivoluziona il linguaggio delle murrine, che ora rompono la simmetria tradizionale per dare vita a creazioni scultoree e visivamente irregolari, come i Mutras e i Marmorini.
La modernità si fa donna
Nel secondo dopoguerra, la direzione passa a Ermanno Toso, che reinterpreta la murrina in chiave moderna, dando vita a opere di sorprendente forza espressiva. Con lui, figure decisive come Pollio Perelda, pittore del vetro, e Rosanna Toso, l’unica donna a ricoprire ruoli dirigenziali nella storia della fornace: il suo stile è pulito, sensibile, moderno. Negli anni Settanta, la Toso diventa interprete anche del minimalismo, senza mai rinunciare alla qualità artigianale che l’ha resa grande.
Design, luce, scultura: gli anni Sessanta in avanti
Negli anni Sessanta e Settanta, con Giusto e Renato Toso, la produzione si apre al design per l’arredo e l’illuminazione. Il vetro si fa cristallo puro, monocromatico, architettonico. Gli oggetti diventano sculture di luce, oggetti che abitano lo spazio e lo trasformano. Una nuova stagione in cui arte e funzionalità dialogano con grazia e rigore.
Un’eredità familiare che non smette di parlare
«Questa mostra nasce dal cuore dell’archivio di famiglia, custodito e tramandato di generazione in generazione», racconta Caterina Toso, co-curatrice e discendente diretta. Il passato non è nostalgia, ma materia viva. Il presente è un racconto fatto di mani, schizzi, vetri e storie ancora da scoprire.
«Fratelli Toso è un caso emblematico – aggiunge Chiara Squarcina, direttrice scientifica della Fondazione Musei Civici di Venezia – di come si possa coniugare innovazione tecnica, progettualità formale e continuità familiare. Una storia che ha segnato profondamente l’identità di Murano e del vetro contemporaneo».
Immagini: © Sergio Camplone
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Fratelli Toso: la luce che attraversa il vetro, la storia e le generazioni
Tempo stimato per la lettura: 12 minuti
C’è un filo invisibile che collega le fornaci di un tempo alle vetrine di oggi, le mani annerite dei maestri vetrai alle luci soffuse dei musei. È il filo – lucente, fragile, indistruttibile – della memoria creativa. Dal 12 luglio al 24 novembre 2025, il Museo del Vetro di Murano, nello spazio Ex Conterie, accende i riflettori su una storia lunga 170 anni, fatta di passione, innovazione e vetro fuso: nasce Fratelli Toso. Storie di fabbriche. Storie di famiglie, una retrospettiva potente e poetica, a cura di Chiara Squarcina e Caterina Toso, ultima discendente di questa leggendaria stirpe di vetrai.
Una mostra che è racconto, radice e rivelazione
Più di 250 opere, tra murrine, vetri soffiati, schizzi originali, bozzetti, fotografie e documenti d’archivio mai esposti prima. In mostra, il cuore pulsante di un’impresa nata nel 1854, quando la crisi post-napoleonica sembrava aver spento per sempre il fuoco delle fornaci muranesi. Ma i Fratelli Toso, profondamente radicati nel territorio e spinti da una visione rinascimentale del fare arte, decidono di riaccendere la fiamma: un atto di bellezza e coraggio, che oggi torna a brillare in tutta la sua forza.
Il debutto dorato: 1864, la prima medaglia
Nel 1864, a dieci anni dalla fondazione, la Fratelli Toso partecipa alla Prima Esposizione Vetraria Muranese proprio al Museo del Vetro, oggi sede della mostra. Per l’occasione, la fornace realizza un lampadario monumentale – oggi parte delle collezioni permanenti – che diventa emblema di eccellenza tecnica e formale. Non è solo un oggetto, è un trionfo: la Toso vince la medaglia d’oro e il diploma d’onore, riaffermando il prestigio del vetro muranese in un’epoca di rinascita.
Dal revival al déco: la bellezza in trasformazione
Tra il tardo Ottocento e i primi del Novecento, la fornace si muove tra stili e ispirazioni, dai modelli antichi alle raffinatezze moderne. Le celebri serie Fenicio e Floreali rispondono alla nostalgia revivalistica dell’epoca, mentre le collaborazioni con artisti internazionali, come Hans Stoltenberg Lerche, portano uno spirito nuovo, nordico, profumato di Art Nouveau.
Negli anni Venti e Trenta, l’estetica si fa più sobria, colta e sofisticata: i vetri soffiati diventano forme leggere e purissime, simboli dello spirito déco che attraversa l’Europa. Il tocco visionario di Guido Cadorin e poi di Vittorio Zecchin – autore dei celebri calici sottilissimi con foglioline stilizzate, presentati alla Biennale di Venezia del 1938 – lascia un segno profondo nell’identità della fornace.
Forme naturali e vetri ribelli: la poesia degli anni Quaranta
La Toso non si ferma. Alla Biennale del 1940, presenta vetri dalle forme naturalistiche, essenziali, quasi impalpabili. Oggetti che sembrano nati dalla nebbia lagunare, scolpiti nel respiro della natura. E intanto, in laboratorio, si sperimenta con materiali nuovi: pulegosi, incamiciati, paste vitree. Ma soprattutto, si rivoluziona il linguaggio delle murrine, che ora rompono la simmetria tradizionale per dare vita a creazioni scultoree e visivamente irregolari, come i Mutras e i Marmorini.
La modernità si fa donna
Nel secondo dopoguerra, la direzione passa a Ermanno Toso, che reinterpreta la murrina in chiave moderna, dando vita a opere di sorprendente forza espressiva. Con lui, figure decisive come Pollio Perelda, pittore del vetro, e Rosanna Toso, l’unica donna a ricoprire ruoli dirigenziali nella storia della fornace: il suo stile è pulito, sensibile, moderno. Negli anni Settanta, la Toso diventa interprete anche del minimalismo, senza mai rinunciare alla qualità artigianale che l’ha resa grande.
Design, luce, scultura: gli anni Sessanta in avanti
Negli anni Sessanta e Settanta, con Giusto e Renato Toso, la produzione si apre al design per l’arredo e l’illuminazione. Il vetro si fa cristallo puro, monocromatico, architettonico. Gli oggetti diventano sculture di luce, oggetti che abitano lo spazio e lo trasformano. Una nuova stagione in cui arte e funzionalità dialogano con grazia e rigore.
Un’eredità familiare che non smette di parlare
«Questa mostra nasce dal cuore dell’archivio di famiglia, custodito e tramandato di generazione in generazione», racconta Caterina Toso, co-curatrice e discendente diretta. Il passato non è nostalgia, ma materia viva. Il presente è un racconto fatto di mani, schizzi, vetri e storie ancora da scoprire.
«Fratelli Toso è un caso emblematico – aggiunge Chiara Squarcina, direttrice scientifica della Fondazione Musei Civici di Venezia – di come si possa coniugare innovazione tecnica, progettualità formale e continuità familiare. Una storia che ha segnato profondamente l’identità di Murano e del vetro contemporaneo».
Immagini: © Sergio Camplone
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