Wang Yancheng alla Galleria dell’Accademia: la materia si fa universo tra le ombre di Michelangelo

Tempo stimato per la lettura: 3,6 minuti
Nel cuore vibrante della Firenze rinascimentale, dove Michelangelo abita ancora ogni pietra, arriva un artista che parla con l’infinito. Si chiama Wang Yancheng, è franco-cinese, ed è uno dei pittori astratti più poetici e visionari del nostro tempo. Dal 24 giugno al 21 settembre 2025, le sue opere incendiano le sale della Galleria dell’Accademia, in un dialogo mistico e materico con l’energia intrappolata nei Prigioni michelangioleschi.
La mostra si intitola Luce energia infinito ed è curata da Gabriele Simongini, sotto la direzione del Prof. Massimo Osanna, Direttore Generale Musei del Ministero della Cultura. Un titolo che è già una promessa cosmica, una chiave per leggere una pittura che non rappresenta, ma vibra.
Quando l’arte incontra il cosmo
I 18 dipinti in mostra, alcuni di grandi dimensioni, sono realizzati tra il 2018 e il 2025, tre dei quali pensati appositamente per il percorso espositivo fiorentino. Wang Yancheng non dipinge oggetti o paesaggi, ma campi di tensione, stati materiali in cui il vuoto si fa pieno e la superficie vibra di vita invisibile.
Quella di Wang è una pittura assoluta, senza tempo né spazio, figlia di un incontro fertile tra la filosofia cinese del paesaggio e le pulsioni gestuali dell’arte astratta occidentale. Ogni tela è un campo energetico, un diagramma emotivo che nasce dal corpo dell’artista, dalla sua interiorità, dal suo rapporto con l’universo. E con Michelangelo.
Il genio rinascimentale come detonatore
È proprio Michelangelo, celebrato quest’anno a 550 anni dalla nascita, a ispirare il cuore della mostra. Le sue opere, e in particolare i Prigioni, diventano per Wang Yancheng una folgorazione: sculture che trattengono e liberano al tempo stesso, materia che esplode in forma.
«Michelangelo ci insegna che l’arte non è solo rappresentazione, ma un ponte verso dimensioni superiori», afferma l’artista. Nei suoi quadri, linee e traiettorie sembrano saettare come energie primordiali, reinventando la sezione aurea e gli assi prospettici rinascimentali in un gesto pittorico che è anche architettura spirituale.
Tra scienza e spirito, l’opera diventa esperienza
La pittura di Wang non si osserva: si attraversa. Ogni opera è una galassia. Colori che si stratificano, superfici che si rompono, tensioni che si sciolgono in silenzi luminosi. C’è il pensiero taoista e l’influenza di Kandinsky, ma anche un dialogo ininterrotto con la fisica quantistica, l’astrofisica, la materia oscura, il mistero dell’essere.
Come scrive Simongini, la sua è una “pittura psicodinamica”, una sinfonia interiore che prova a connettersi con il battito dell’universo. E la Galleria dell’Accademia, con il suo impianto solenne e rettilineo, si trasforma in una navicella mistica: le pareti avvicinate, le luci misurate, il ritmo costante, costruiscono una esperienza immersiva che parla direttamente all’inconscio.
Tradizione e contemporaneità: un ponte verso l’eternità
«Ospitare Wang Yancheng è un’opportunità per accogliere la contemporaneità e favorire un confronto vivo tra epoche e visioni», afferma Massimo Osanna. Ed è proprio questo che accade: il tempo si piega, le epoche si sfiorano, e le opere dialogano tra materia e spirito, tra Occidente e Oriente, tra Michelangelo e la meccanica quantistica.
Il catalogo della mostra, edito da Maretti Editore, include testi di pensatori e intellettuali come Giorgio Agamben, Dong Qiang, Patrice Cotensin e lo stesso Simongini, a testimonianza della profondità filosofica e poetica dell’intera operazione.
Biografia di Wang Yancheng
Nato in Cina e formato presso l’Accademia delle Belle Arti dello Shandong, Wang Yancheng si trasferisce in Francia all’inizio degli anni ’90 per approfondire la conoscenza dell’arte occidentale e avvicinarsi ai suoi grandi modelli: Zao Wou-Ki e Chu Teh-Chun, maestri da lui profondamente ammirati.
Dividendo oggi la sua vita e il suo lavoro tra Pechino e Parigi, Wang ha sviluppato negli ultimi anni una piena padronanza di un linguaggio pittorico astratto ed espressionista, personale e riconoscibile, che gli ha valso un ampio riconoscimento internazionale. Le sue opere sono state esposte in importanti sedi in Asia (Cina, Taiwan, Giappone), Europa (Roma, Firenze) e negli Stati Uniti (New York), consolidando il suo ruolo di ponte vivente tra Oriente e Occidente, tra tradizione e contemporaneità.
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Wang Yancheng alla Galleria dell’Accademia: la materia si fa universo tra le ombre di Michelangelo
Tempo stimato per la lettura: 11 minuti
Nel cuore vibrante della Firenze rinascimentale, dove Michelangelo abita ancora ogni pietra, arriva un artista che parla con l’infinito. Si chiama Wang Yancheng, è franco-cinese, ed è uno dei pittori astratti più poetici e visionari del nostro tempo. Dal 24 giugno al 21 settembre 2025, le sue opere incendiano le sale della Galleria dell’Accademia, in un dialogo mistico e materico con l’energia intrappolata nei Prigioni michelangioleschi.
La mostra si intitola Luce energia infinito ed è curata da Gabriele Simongini, sotto la direzione del Prof. Massimo Osanna, Direttore Generale Musei del Ministero della Cultura. Un titolo che è già una promessa cosmica, una chiave per leggere una pittura che non rappresenta, ma vibra.
Quando l’arte incontra il cosmo
I 18 dipinti in mostra, alcuni di grandi dimensioni, sono realizzati tra il 2018 e il 2025, tre dei quali pensati appositamente per il percorso espositivo fiorentino. Wang Yancheng non dipinge oggetti o paesaggi, ma campi di tensione, stati materiali in cui il vuoto si fa pieno e la superficie vibra di vita invisibile.
Quella di Wang è una pittura assoluta, senza tempo né spazio, figlia di un incontro fertile tra la filosofia cinese del paesaggio e le pulsioni gestuali dell’arte astratta occidentale. Ogni tela è un campo energetico, un diagramma emotivo che nasce dal corpo dell’artista, dalla sua interiorità, dal suo rapporto con l’universo. E con Michelangelo.
Il genio rinascimentale come detonatore
È proprio Michelangelo, celebrato quest’anno a 550 anni dalla nascita, a ispirare il cuore della mostra. Le sue opere, e in particolare i Prigioni, diventano per Wang Yancheng una folgorazione: sculture che trattengono e liberano al tempo stesso, materia che esplode in forma.
«Michelangelo ci insegna che l’arte non è solo rappresentazione, ma un ponte verso dimensioni superiori», afferma l’artista. Nei suoi quadri, linee e traiettorie sembrano saettare come energie primordiali, reinventando la sezione aurea e gli assi prospettici rinascimentali in un gesto pittorico che è anche architettura spirituale.
Tra scienza e spirito, l’opera diventa esperienza
La pittura di Wang non si osserva: si attraversa. Ogni opera è una galassia. Colori che si stratificano, superfici che si rompono, tensioni che si sciolgono in silenzi luminosi. C’è il pensiero taoista e l’influenza di Kandinsky, ma anche un dialogo ininterrotto con la fisica quantistica, l’astrofisica, la materia oscura, il mistero dell’essere.
Come scrive Simongini, la sua è una “pittura psicodinamica”, una sinfonia interiore che prova a connettersi con il battito dell’universo. E la Galleria dell’Accademia, con il suo impianto solenne e rettilineo, si trasforma in una navicella mistica: le pareti avvicinate, le luci misurate, il ritmo costante, costruiscono una esperienza immersiva che parla direttamente all’inconscio.
Tradizione e contemporaneità: un ponte verso l’eternità
«Ospitare Wang Yancheng è un’opportunità per accogliere la contemporaneità e favorire un confronto vivo tra epoche e visioni», afferma Massimo Osanna. Ed è proprio questo che accade: il tempo si piega, le epoche si sfiorano, e le opere dialogano tra materia e spirito, tra Occidente e Oriente, tra Michelangelo e la meccanica quantistica.
Il catalogo della mostra, edito da Maretti Editore, include testi di pensatori e intellettuali come Giorgio Agamben, Dong Qiang, Patrice Cotensin e lo stesso Simongini, a testimonianza della profondità filosofica e poetica dell’intera operazione.
Biografia di Wang Yancheng
Nato in Cina e formato presso l’Accademia delle Belle Arti dello Shandong, Wang Yancheng si trasferisce in Francia all’inizio degli anni ’90 per approfondire la conoscenza dell’arte occidentale e avvicinarsi ai suoi grandi modelli: Zao Wou-Ki e Chu Teh-Chun, maestri da lui profondamente ammirati.
Dividendo oggi la sua vita e il suo lavoro tra Pechino e Parigi, Wang ha sviluppato negli ultimi anni una piena padronanza di un linguaggio pittorico astratto ed espressionista, personale e riconoscibile, che gli ha valso un ampio riconoscimento internazionale. Le sue opere sono state esposte in importanti sedi in Asia (Cina, Taiwan, Giappone), Europa (Roma, Firenze) e negli Stati Uniti (New York), consolidando il suo ruolo di ponte vivente tra Oriente e Occidente, tra tradizione e contemporaneità.
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