Se la figura
umana resta il soggetto prediletto da Alberto Giacometti, il paesaggio che lo
ha colpito durante la sua infanzia è presente per tutta la sua carriera artistica.
All’Istituto Giacometti di Parigi, la mostra Alberto Giacometti. Un albero come una
donna, una pietra come una testa propone, fino al 18 settembre 2022, uno sguardo
unico sul lavoro dell’artista svizzero.
Giacometti si avvicina
al soggetto nella sua pittura in due momenti particolari della vita, durante la
sua giovinezza trascorsa nelle Alpi svizzere, nella valle dei Grigioni, e nel secondo
dopoguerra quando vi tornava ogni anno in vacanza, in particolare a Stampa per andare
a trovare sua la madre.
La montagna fonte
d’inspirazione
Alberto
Giacometti nasce nel 1901 a Borgonovo in Val Bregaglia, una regione isolata del
Alpi svizzere, vicino al confine italiano. Trascorre la sua infanzia nella casa
di famiglia, nel modesto paese di Stampa, e l’estate a Maloja, una piccola
località balneare sul Lago di Sils. Questo paesaggio molto particolare continuò
ad abitare Giacometti quando, da giovane adulto, si trasferì a Parigi.
Evocazioni di passeggiate e sciate abbondano nella sua corrispondenza con la famiglia, mentre nel suo studio si accumulano cartoline e fotografie della Val Bregaglia. Quando a Parigi si trasferisce in rue Hippolyte-Maindron, Giacometti conserva questi momenti della sua giovinezza trascorsa nel cuore delle montagne e l’abitudine ad avere poche comodità.
La Clairière (La radura) e alcune pagine della lettera al suo gallerista Pierre Matisse
La natura plasma
la sua arte
I paesaggi di Giacometti
sono costituiti principalmente dalle montagne, dai boschi e dai laghi della sua
terra natale, che percorse molte volte e dove trovò l’inspirazione per
rigenerare la sua arte. Il paesaggio è più di un semplice motivo, è un vero e
proprio spazio per pensare al suo rapporto con la rappresentazione, che
influenza il suo lavoro sulla figura umana fino a plasmarlo.
Attraverso gli
acquarelli, dipinti e disegni inediti, fotografie e sculture emblematiche, l’esposizione
– curata da Romain Perrin -presenta ciò che il paesaggio apporta
alla scultura di Giacometti.
Vedere una forma
dentro un’altra
Il titolo della
mostra Un albero come una donna, una pietra come una testa, spiega
Romain Perrin in una nota, si ispira liberamente al racconto dell’artista della
creazione de La Forêt e de La Clairière (La radura) in una
lettera degli anni ’50 al suo gallerista Pierre Matisse, figlio del
grande artista francese Henri. I nomi stessi delle sculture rimandano al
paesaggio montano.
Attraverso queste due opere – presenti all’esposizione parigina -, Alberto Giacometti stabilisce un sistema di equivalenze tra la figura umana e la natura, una scrittura plastica in cui le donne in piedi ricordano gli alberi e le teste di pietre. In molti ritratti, i busti massicci richiamano la montagna rocciosa della sua infanzia. Le figure in piedi, nel loro volo verso il cielo, somigliano spesso agli abeti della valle grigionese. Il paesaggio diventa corpo e viceversa.
Alcuni acquarelli esposti nel gabinetto d’arti grafiche
Il percorso della
mostra
Una nuova chiave
di lettura per il visitatore. L’allestimento espositivo di Alberto
Giacometti. Un albero come una donna, una pietra come una testa, spiega il
suo curatore, è stato in maniera modulare, per non imporre un senso di
circolazione al pubblico. La mostra si apre al pianoterra con una serigrafia di
un uomo che guarda un albero. Salendo le scale, al mezzanino, nel gabinetto
d’arti grafiche sono esposti gli acquarelli giovanili – la cui tavolozza di
colori ricorda le tele del padre dello scultore, il pittore Giovanni Giacometti
-, che rappresentano paesaggi montani, un autoritratto, e alcuni disegni sempre
di montagne e di alberi.
Al piano
l’esposizione si divide in quattro sezioni: “Una piazza-paesaggio per New
York”, “Alberi e Donne in piedi”, “Busti e rocce”, “L’Albero, la Figura umana e
il Paesaggio”. Nella grande sala, su di una piattaforma, “la piazza”, si
trovano la statua di una donna, Grande Femme II, e due i busti d’uomo, Grande
tête, che hanno le dimensioni reali di un albero e di due rocce. Le opere
sono messe in situazione nel contesto alpino, grazie all’immagine gigante
retrostante, scattata a Stampa, in cui lo scultore svizzero osserva la foresta.
L’installazione è un “clin d’oeil” all’arredamento urbano, mai portato a
termine, della piazza antistante l’edificio della Chase Manhattan Bank a New
York, progettato dall’architetto Gordon Bunschaft.
Figure semi
oniriche e paesaggi oscuri
Di seguito, una
stanza femminile, con Une femme debout, la composizione La Clairiere
e alcune pagine della lettera di Giacometti a Pierre Matisse. La sala
successiva è maschile, con alcuni busti d’uomo e delle “grosse teste”. Mentre, per
“L’Albero, la Figura umana e il Paesaggio”, nel corridoio si trovano quattro
disegni tratti dalle illustrazioni per la raccolta di poesie Retour Amont
di René Char e una piccola statua d’uomo.
Inoltre, Le
porte della tomba Kaufmann,che di solito rientrano nell’arredamento
permanente, diventano parte integrante di questa mostra. Anche in queste porte
– create da Giacometti per la Casa sulla cascata di Edgar Kaufmann, in
Pennsylvania, realizzata dall’architetto Frank Lloyd Wright-, l’albero è il
soggetto principale della rappresentazione. Infine, il paesaggio ritorna, ma
privo di colori e con uno stile ormai proprio, nelle tele Paesaggio nero, in cui è rappresentato il panorama visto
dalla finestra del suo atelier a Stampa, e Paesaggio a Stampa. Grazie all’incessante lavoro di ricerca
dell’Istituto Giacometti di Parigi, il pubblico riesce a scoprire, esposizione
dopo esposizione, un aspetto diverso e sorprendente di questo grande artista
del XX secolo.
Se la figura
umana resta il soggetto prediletto da Alberto Giacometti, il paesaggio che lo
ha colpito durante la sua infanzia è presente per tutta la sua carriera artistica.
All’Istituto Giacometti di Parigi, la mostra Alberto Giacometti. Un albero come una
donna, una pietra come una testa propone, fino al 18 settembre 2022, uno sguardo
unico sul lavoro dell’artista svizzero.
Giacometti si avvicina
al soggetto nella sua pittura in due momenti particolari della vita, durante la
sua giovinezza trascorsa nelle Alpi svizzere, nella valle dei Grigioni, e nel secondo
dopoguerra quando vi tornava ogni anno in vacanza, in particolare a Stampa per andare
a trovare sua la madre.
La montagna fonte
d’inspirazione
Alberto
Giacometti nasce nel 1901 a Borgonovo in Val Bregaglia, una regione isolata del
Alpi svizzere, vicino al confine italiano. Trascorre la sua infanzia nella casa
di famiglia, nel modesto paese di Stampa, e l’estate a Maloja, una piccola
località balneare sul Lago di Sils. Questo paesaggio molto particolare continuò
ad abitare Giacometti quando, da giovane adulto, si trasferì a Parigi.
Evocazioni di passeggiate e sciate abbondano nella sua corrispondenza con la famiglia, mentre nel suo studio si accumulano cartoline e fotografie della Val Bregaglia. Quando a Parigi si trasferisce in rue Hippolyte-Maindron, Giacometti conserva questi momenti della sua giovinezza trascorsa nel cuore delle montagne e l’abitudine ad avere poche comodità.
La Clairière (La radura) e alcune pagine della lettera al suo gallerista Pierre Matisse
La natura plasma
la sua arte
I paesaggi di Giacometti
sono costituiti principalmente dalle montagne, dai boschi e dai laghi della sua
terra natale, che percorse molte volte e dove trovò l’inspirazione per
rigenerare la sua arte. Il paesaggio è più di un semplice motivo, è un vero e
proprio spazio per pensare al suo rapporto con la rappresentazione, che
influenza il suo lavoro sulla figura umana fino a plasmarlo.
Attraverso gli
acquarelli, dipinti e disegni inediti, fotografie e sculture emblematiche, l’esposizione
– curata da Romain Perrin -presenta ciò che il paesaggio apporta
alla scultura di Giacometti.
Vedere una forma
dentro un’altra
Il titolo della
mostra Un albero come una donna, una pietra come una testa, spiega
Romain Perrin in una nota, si ispira liberamente al racconto dell’artista della
creazione de La Forêt e de La Clairière (La radura) in una
lettera degli anni ’50 al suo gallerista Pierre Matisse, figlio del
grande artista francese Henri. I nomi stessi delle sculture rimandano al
paesaggio montano.
Attraverso queste due opere – presenti all’esposizione parigina -, Alberto Giacometti stabilisce un sistema di equivalenze tra la figura umana e la natura, una scrittura plastica in cui le donne in piedi ricordano gli alberi e le teste di pietre. In molti ritratti, i busti massicci richiamano la montagna rocciosa della sua infanzia. Le figure in piedi, nel loro volo verso il cielo, somigliano spesso agli abeti della valle grigionese. Il paesaggio diventa corpo e viceversa.
Alcuni acquarelli esposti nel gabinetto d’arti grafiche
Il percorso della
mostra
Una nuova chiave
di lettura per il visitatore. L’allestimento espositivo di Alberto
Giacometti. Un albero come una donna, una pietra come una testa, spiega il
suo curatore, è stato in maniera modulare, per non imporre un senso di
circolazione al pubblico. La mostra si apre al pianoterra con una serigrafia di
un uomo che guarda un albero. Salendo le scale, al mezzanino, nel gabinetto
d’arti grafiche sono esposti gli acquarelli giovanili – la cui tavolozza di
colori ricorda le tele del padre dello scultore, il pittore Giovanni Giacometti
-, che rappresentano paesaggi montani, un autoritratto, e alcuni disegni sempre
di montagne e di alberi.
Al piano
l’esposizione si divide in quattro sezioni: “Una piazza-paesaggio per New
York”, “Alberi e Donne in piedi”, “Busti e rocce”, “L’Albero, la Figura umana e
il Paesaggio”. Nella grande sala, su di una piattaforma, “la piazza”, si
trovano la statua di una donna, Grande Femme II, e due i busti d’uomo, Grande
tête, che hanno le dimensioni reali di un albero e di due rocce. Le opere
sono messe in situazione nel contesto alpino, grazie all’immagine gigante
retrostante, scattata a Stampa, in cui lo scultore svizzero osserva la foresta.
L’installazione è un “clin d’oeil” all’arredamento urbano, mai portato a
termine, della piazza antistante l’edificio della Chase Manhattan Bank a New
York, progettato dall’architetto Gordon Bunschaft.
Figure semi
oniriche e paesaggi oscuri
Di seguito, una
stanza femminile, con Une femme debout, la composizione La Clairiere
e alcune pagine della lettera di Giacometti a Pierre Matisse. La sala
successiva è maschile, con alcuni busti d’uomo e delle “grosse teste”. Mentre, per
“L’Albero, la Figura umana e il Paesaggio”, nel corridoio si trovano quattro
disegni tratti dalle illustrazioni per la raccolta di poesie Retour Amont
di René Char e una piccola statua d’uomo.
Inoltre, Le
porte della tomba Kaufmann,che di solito rientrano nell’arredamento
permanente, diventano parte integrante di questa mostra. Anche in queste porte
– create da Giacometti per la Casa sulla cascata di Edgar Kaufmann, in
Pennsylvania, realizzata dall’architetto Frank Lloyd Wright-, l’albero è il
soggetto principale della rappresentazione. Infine, il paesaggio ritorna, ma
privo di colori e con uno stile ormai proprio, nelle tele Paesaggio nero, in cui è rappresentato il panorama visto
dalla finestra del suo atelier a Stampa, e Paesaggio a Stampa. Grazie all’incessante lavoro di ricerca
dell’Istituto Giacometti di Parigi, il pubblico riesce a scoprire, esposizione
dopo esposizione, un aspetto diverso e sorprendente di questo grande artista
del XX secolo.
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