L’arte avvolgente ed evocativa di Chiharu Shiota

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 17 Marzo 2022

Tempo stimato per la lettura: 6,3 minuti

 

Figura di spicco dell’arte contemporanea, l’artista giapponese Chiharu Shiota è famosa per le sue grandi installazioni site-specific, fatte di fili rossi e neri intrecciati in tutto lo spazio espositivo. Il confinamento le ha impedito di viaggiare per realizzare le sue opere, ma non di creare anche in miniatura. La situazione è stata piuttosto fonte di ispirazione, come dimostra Living Inside, la mostra presentata a Parigi dalla galleria Templon al Museo nazionale delle arti asiatiche – Guimet, dal 16 marzo al 6 giugno 2022.

Invitata dall’istituzione parigina per la sua 14esima Carta bianca all’arte contemporanea, Chiharu Shiota, in una sala all’utimo piano, tesse con il suo stile onirico e intellettuale, una rete tra gli oggetti dando vita a un’architettura immersiva e paradossale. Attraverso l’uso del filo rosso, che predomina in quest’installazione, l’artista invita lo spettatore a riflettere sui legami che uniscono le persone e gli schermi che lo separano da queste. Una riflessione sulla società umana, sulla “ragnatela” di relazioni e di promesse d’unità non mantenute.

Inoltre, in altre due sale del Museo nazionale delle arti asiatiche – Guimet sono esposte quattro opere dell’artista giapponese. Il visitatore deve seguire un “filo rosso” tracciato sul suolo per scoprirle. Quattro scatole-bozzolo in cui sono improgionati o costuditi dal fitto intreccio di fili rossi, neri e bianchi, alcuni disegni, degli abiti di bambina e qualche mobile in miniatura. Quattro lavori della serie State of Being che dialogano perfettamente con la bellezza e la ricchezza degli oggetti d’arte orientale che le circondano.

Chiharu Shiota nel suo atelier, 2019 © foto Sunhi Mang, courtesy of Chiharu Shiota
Artista universale

Nata a Osaka, in Giappone, nel 1972, Chiharu Shiota vive e lavora a Berlino dal 1999. Dopo una formazione iniziale in pittura alla Seika University di Kyoto, l’artista si è dedicata alla performance e ha proseguito i suoi studi artistici in Germania. La sua multiculturalità la fa sentire un’artista “universale”, in cui l’immaginario del Sol levante si unisce a quello teutonico.

Riconosciuta a livello internazionale, Chiharu Shiota ha rappresentato il Giappone nel 2015 alla Biennale di Venezia con The key in the hand. Nelle sue installazioni, gli oggetti non sono posti in modo aletorio, ma nemmeno seguendo un ordine prestabilito. Non viene realizzato alcun disegno preparatorio, solo una sorta di schizzo. Living Inside al museo Guimet ha richiesto dieci giorni di lavoro per intrecciare i fili rossi, per unire il soffitto al pavimento, gli oggetti tra loro, creare l’enorme ragnatela sospesa.

Effetto pandemia

Il confinamento planetario è stata un’opportunità per Chiharu Shiota di riflettere sullo spazio domestico e sul bozzolo familiare. Bloccata a Berlino, ha dovuto smettere di viaggiare per la prima volta in 15 anni. Questa sosta improvvisa le ha fatto ripensare a molti dei suoi temi specifici: l’immobilità, il silenzio, la reclusione, l’incertezza dei destini. Living Inside è un’opera intima e delicata, attorno alla nozione di “casa” e alla frammentazione delle nostre realtà quotidiane.

Attraverso questi mondi in miniatura cristallizzati, rassicuranti e inquietanti, Chiharu Shiota invita lo spettore a ripensare a quest’ultimo periodo così particolare. Come spiega: «Siamo connessi, poiché siamo tutti nella stessa situazione. Ognuno è seduto a casa a guardare i propri mobili e a interrogarsi sul mondo esterno che, al momento, è ridotto a un mero ricordo».

Living Inside Chiharu Shiota, 2022,
Museo nazionale delle arti asiatiche – Guimet © foto Cristina Biordi
Vivere dentro

Living Inside è un’opera costituita da tanti piccoli oggetti. Diverse case di bambola connesse tra loro da dei fili rossi. Oggetti legati all’infanzia che l’artista ha acquistato in dei mercati o su Internet. Oggetti di “seconda mano”, usati e quindi con un vissuto, con un bagaglio emotivo. L’installazione gioca sulla nozione di scala, memoria e legame segreto tra l’uomo e gli oggetti quotidiani.

Non appena si entra nella sala, ci si trova di fronte a un grande pedana che occupa quasi l’intera stanza su cui sono disposti mobili per bambole, salotti, sedie, divani… Spazi di convivialità senza personaggi, ma collegati tra loro. L’installazione è un paesaggio, lo spettatore vi gira intorno, lo osserva quasi sorvolandolo come un drone. Ma per vedere bene bisogna chinarsi, prendere il tempo di osservare i dettagli, come se si stesse guardando il lavoro di un entomologo. Anche in quest’opera, le persone sono assenti, la situazione è paralizzata, ma senza disordine. Come se i corpi fossero scomparsi durante il confinamento.

Assenza e memoria

Infatti, la scomparsa è uno dei temi chiave del lavoro di Chiharu Shiota. Un’assenza dei corpi, ma non quella delle anime che sono interconnesse. Questo è simboleggiato dalla tessitura di fili. Rosso come il sangue per le anime, nero per il mondo esterno, che puo’ essere un sogno o un incubo. Gli oggetti circondati da queste reti di fili sono la memoria di ciò che è stato. Il tentativo di creare un’esistenza nell’assenza.

«Esprimo sempre con le mie installazioni “l’esistenza in assenza”, non c’è nessuno, ma sembra che qualcuno sia presente. E questa casa delle bambole è esattamente in questa atmosfera. Tiro fuori le bambole, metto i mobili. Voglio connettermi con la memoria, la memoria della casa delle bambole, la memoria della vita, per me non è buio».

Living Inside Chiharu Shiota, 2021 Courtesy Chiharu Shiota & Galerie Templon Paris – Brussels
© foto Isabelle Arthuis
Mondo in miniatura

La scelta di lavorare in miniatura, con dei piccoli oggetti, come un paesaggio visto con un drone, le è venuta osservando la città di Tokyo dal 53° piano del Mori Art Museum. «Era così alto, tutto sembrava così piccolo come un modello in miniatura. Pensavo che vivessimo in un mondo così piccolo. Volevo entrare in contatto con edifici e persone. Da allora ho continuato questo lavoro e raccolto ancora più mobili per bambole, soprattutto durante la pandemia quando eravamo tutti a casa, volevo connettere le persone e creare il mio mondo», racconta l’artista in un’intervista.

Relazioni invisibili tra esseri umani

La complessità dell’architettura dei suoi lavori e la loro fragilità, riproduce le relazioni umane complicate, articolate, labili nelle quali ci si puó perdere. I fili rossi s’illuminano toccati dalla luce che penetra dalle vetrate, riflettendosi quasi sulle pareti bianche della sala del museo Guimet. Formano un bozzolo che protegge e che imprigiona come nella trappola di un’enorme ragnatela, le centinaia di piccoli mobili. Perché se la casa il più delle volte simboleggia un rassicurante bozzolo, un rifugio, un luogo in cui vivere, puó diventare anche una prigione.

Se la sua installazione è un’opera visiva dal forte impatto estetico, è anche variazione formale. È l’anima di un lavoro che attraversa il tempo. Chiharu Shiota si lascia guidare dallo spazio che investe e trasforma totalmente, come per magia. Il legame con il luogo rende le sue installazioni effimere, ma la loro presenza mentale resta.

 

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Published On: 17 Marzo 2022

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 19 minuti

 

Figura di spicco dell’arte contemporanea, l’artista giapponese Chiharu Shiota è famosa per le sue grandi installazioni site-specific, fatte di fili rossi e neri intrecciati in tutto lo spazio espositivo. Il confinamento le ha impedito di viaggiare per realizzare le sue opere, ma non di creare anche in miniatura. La situazione è stata piuttosto fonte di ispirazione, come dimostra Living Inside, la mostra presentata a Parigi dalla galleria Templon al Museo nazionale delle arti asiatiche – Guimet, dal 16 marzo al 6 giugno 2022.

Invitata dall’istituzione parigina per la sua 14esima Carta bianca all’arte contemporanea, Chiharu Shiota, in una sala all’utimo piano, tesse con il suo stile onirico e intellettuale, una rete tra gli oggetti dando vita a un’architettura immersiva e paradossale. Attraverso l’uso del filo rosso, che predomina in quest’installazione, l’artista invita lo spettatore a riflettere sui legami che uniscono le persone e gli schermi che lo separano da queste. Una riflessione sulla società umana, sulla “ragnatela” di relazioni e di promesse d’unità non mantenute.

Inoltre, in altre due sale del Museo nazionale delle arti asiatiche – Guimet sono esposte quattro opere dell’artista giapponese. Il visitatore deve seguire un “filo rosso” tracciato sul suolo per scoprirle. Quattro scatole-bozzolo in cui sono improgionati o costuditi dal fitto intreccio di fili rossi, neri e bianchi, alcuni disegni, degli abiti di bambina e qualche mobile in miniatura. Quattro lavori della serie State of Being che dialogano perfettamente con la bellezza e la ricchezza degli oggetti d’arte orientale che le circondano.

Chiharu Shiota nel suo atelier, 2019 © foto Sunhi Mang, courtesy of Chiharu Shiota
Artista universale

Nata a Osaka, in Giappone, nel 1972, Chiharu Shiota vive e lavora a Berlino dal 1999. Dopo una formazione iniziale in pittura alla Seika University di Kyoto, l’artista si è dedicata alla performance e ha proseguito i suoi studi artistici in Germania. La sua multiculturalità la fa sentire un’artista “universale”, in cui l’immaginario del Sol levante si unisce a quello teutonico.

Riconosciuta a livello internazionale, Chiharu Shiota ha rappresentato il Giappone nel 2015 alla Biennale di Venezia con The key in the hand. Nelle sue installazioni, gli oggetti non sono posti in modo aletorio, ma nemmeno seguendo un ordine prestabilito. Non viene realizzato alcun disegno preparatorio, solo una sorta di schizzo. Living Inside al museo Guimet ha richiesto dieci giorni di lavoro per intrecciare i fili rossi, per unire il soffitto al pavimento, gli oggetti tra loro, creare l’enorme ragnatela sospesa.

Effetto pandemia

Il confinamento planetario è stata un’opportunità per Chiharu Shiota di riflettere sullo spazio domestico e sul bozzolo familiare. Bloccata a Berlino, ha dovuto smettere di viaggiare per la prima volta in 15 anni. Questa sosta improvvisa le ha fatto ripensare a molti dei suoi temi specifici: l’immobilità, il silenzio, la reclusione, l’incertezza dei destini. Living Inside è un’opera intima e delicata, attorno alla nozione di “casa” e alla frammentazione delle nostre realtà quotidiane.

Attraverso questi mondi in miniatura cristallizzati, rassicuranti e inquietanti, Chiharu Shiota invita lo spettore a ripensare a quest’ultimo periodo così particolare. Come spiega: «Siamo connessi, poiché siamo tutti nella stessa situazione. Ognuno è seduto a casa a guardare i propri mobili e a interrogarsi sul mondo esterno che, al momento, è ridotto a un mero ricordo».

Living Inside Chiharu Shiota, 2022,
Museo nazionale delle arti asiatiche – Guimet © foto Cristina Biordi
Vivere dentro

Living Inside è un’opera costituita da tanti piccoli oggetti. Diverse case di bambola connesse tra loro da dei fili rossi. Oggetti legati all’infanzia che l’artista ha acquistato in dei mercati o su Internet. Oggetti di “seconda mano”, usati e quindi con un vissuto, con un bagaglio emotivo. L’installazione gioca sulla nozione di scala, memoria e legame segreto tra l’uomo e gli oggetti quotidiani.

Non appena si entra nella sala, ci si trova di fronte a un grande pedana che occupa quasi l’intera stanza su cui sono disposti mobili per bambole, salotti, sedie, divani… Spazi di convivialità senza personaggi, ma collegati tra loro. L’installazione è un paesaggio, lo spettatore vi gira intorno, lo osserva quasi sorvolandolo come un drone. Ma per vedere bene bisogna chinarsi, prendere il tempo di osservare i dettagli, come se si stesse guardando il lavoro di un entomologo. Anche in quest’opera, le persone sono assenti, la situazione è paralizzata, ma senza disordine. Come se i corpi fossero scomparsi durante il confinamento.

Assenza e memoria

Infatti, la scomparsa è uno dei temi chiave del lavoro di Chiharu Shiota. Un’assenza dei corpi, ma non quella delle anime che sono interconnesse. Questo è simboleggiato dalla tessitura di fili. Rosso come il sangue per le anime, nero per il mondo esterno, che puo’ essere un sogno o un incubo. Gli oggetti circondati da queste reti di fili sono la memoria di ciò che è stato. Il tentativo di creare un’esistenza nell’assenza.

«Esprimo sempre con le mie installazioni “l’esistenza in assenza”, non c’è nessuno, ma sembra che qualcuno sia presente. E questa casa delle bambole è esattamente in questa atmosfera. Tiro fuori le bambole, metto i mobili. Voglio connettermi con la memoria, la memoria della casa delle bambole, la memoria della vita, per me non è buio».

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Mondo in miniatura

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Relazioni invisibili tra esseri umani

La complessità dell’architettura dei suoi lavori e la loro fragilità, riproduce le relazioni umane complicate, articolate, labili nelle quali ci si puó perdere. I fili rossi s’illuminano toccati dalla luce che penetra dalle vetrate, riflettendosi quasi sulle pareti bianche della sala del museo Guimet. Formano un bozzolo che protegge e che imprigiona come nella trappola di un’enorme ragnatela, le centinaia di piccoli mobili. Perché se la casa il più delle volte simboleggia un rassicurante bozzolo, un rifugio, un luogo in cui vivere, puó diventare anche una prigione.

Se la sua installazione è un’opera visiva dal forte impatto estetico, è anche variazione formale. È l’anima di un lavoro che attraversa il tempo. Chiharu Shiota si lascia guidare dallo spazio che investe e trasforma totalmente, come per magia. Il legame con il luogo rende le sue installazioni effimere, ma la loro presenza mentale resta.

 

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