Messico: terra dove scoprire la propria scrittura fotografica

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 15 Febbraio 2023

Tempo stimato per la lettura: 5,4 minuti

A Parigi, la Fondazione Henri Cartier-Bresson porta un nuovo sguardo sull’opera del fotografo americano Paul Strand, a partire dalle collezioni della Fondazione MAPFRE di Madrid. Di solito Strand è celebrato come un pioniere della fotografia diretta, “straight photography”, mentre questa esposizione presenta la dimensione profondamente politica del suo lavoro.

Paul Strand è l’erede di due grandi tradizioni fotografiche, spesso presentate come antagoniste. Una “formalista”, che cerca di dimostrare che la fotografia è un’arte a séstante. L’altra tendenza “sociale”, che vede la fotografia come uno strumento documentario al servizio di un progetto politico.

Ricerca formale e l’implicazione sociale

Paul Strand o l’equilibrio delle forze presenta, dal 14 febbraio al 23 aprile, nel Cube della Fondazione Henri Cartier-Bresson, circa 120 scatti delle collezioni madrilene, il video Manhatta realizzato da Paul Strand e Charles Schiller, nel 1921, e alcune fotografie prestate dal centro Pompidou.

La mostra, da cui il titolo, cerca di riequilibrare la ricerca formale e l’implicazione sociale di Strand. Se il fotografo è spesso presentato come uno dei più grandi fotografi del secolo scorso, è perché ha saputo ammirabilmente proporre una sintesi entro queste due polarità.

Paul Strand, Anna Attinga Frafra, Accra, Ghana, 1951 © Aperture Foundation Inc., Paul Strand Archive. Fundación MAPFRE Collections

L’impegno politico ed esilio in Francia

Intorno alla metà del primo decennio del XX° secolo, Strand fotografa il viso del popolo nelle strade di New York. La prima parte della sua opera è particolarmente marcata dal formalismo. Quando nel 1917 gli viene consacrato l’ultimo numero della famosa rivista Camera Work, il fotografo americano dimostra che la tua fotografia possiede un linguaggio artistico autonomo.

A partire da un soggiorno in Messico, tra il 1932 e 34, dove realizza il film Redes sullo sciopero dei pescatori di Alvarado, seguito da un viaggio a Mosca nel 1935, il suo impegno si politicizza ulteriormente. Membro dell’American Labor Party, deve lasciare gli Stati Uniti per trasferirsi in Franciain a causa del maccartismo.

I libri come strumento di divulgazione

Molte delle scelte del fotografo sono determinate da questa coscienza politica: i suoi soggetti , i luoghi dove fotografa, gli scrittori con i quali collabora, e soprattutto la scelta dei libri come principale vettore di diffusione delle sue immagini.

I libri fotografici sono il filo conduttore dell’esposizione, curata dal nuovo direttore della Fondazione Henri Cartier Bresson, Clément Chéroux. Le diverse sezioni mettono all’onore le pubblicazioni e gli scatti in queste contenute.

| Paul Strand, The Lusetti Family, Luzzara, Italy, 1953 © Aperture Foundation Inc., Paul Strand Archive. Fundación MAPFRE Collections

Un paese: gli abitanti di Luzzara si raccontano

Tra questi libri c’è anche Un paese con i testi di Cesare Zavattini, padre del Neorealismo, considerato come classico della «letteratura per immagini». Gli abitanti di Luzzara, nella pianura padana e villaggio natale di Zavattini, sono i protagonisti degli scatti. Il volume racconta le vite e le storie degli umili di questo paese italiano, scelto come specchio dello spirito di un popolo e del ritmo universale della vita legata alla terra.

Paul Strand e Cesare Zavattini si incontrano nel 1949 al Congresso internazionale di cinematografia di Perugia. Quattro anni più tardi, il fotografo americano gli propone di realizzare un libro sull’Italia. La scelta cade su Luzzara, non solo perché Zavattini vi è nato, ma soprattutto perché luogo di resistenza durante il Fascismo, e bastione comunista negli anni del dopoguerra. Il libro è pubblicato nell’aprile del 1955 da Giulio Einaudi, editore di Torino conosciuto per il suo impegno di sinistra.

Gli altri libri in mostra

Insieme agli scatti di questo magnifico libro, in cui i testi sono scritti alla prima persona, come se le immagini stesse parlassero, sono esposte le fotografie tratte da altri volumi quali Time in New England del 1950, i già citati scatti realizzati in Messico tra il 1932 e il 1934, La France de Profil del 1952, in cui defila l’essenza della vita rurale nella Francia del dopoguerra.

E ancora Tir à Mhurain: Outer Hebrides del 1962, con le fotografie prese durante il soggiorno con la moglie sull’aspra isola di South Uist, al largo della costa occidentale della Scozia. Il suo punto di vista sulla decolonizzazione in Living Egypt, del 1969, e Ghana: An African Portrait, del 1976.

Henri Cartier-Bresson, Juchitán, Mexique, 1934-1935 © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Mexico: visto da Henri Cartier-Bresson e Helen Levitt

Gli stravolgimenti politici nel Messico degli anni 30 hanno interessato anche Henri Cartier Bresson. In contemporanea a Paul Strand o l’equilibrio delle forze, la Fondazione HCB presenta Mexico, nello spazio sotterraneo del Tube. Un dialogo inedito tra le fotografie scattate nel paese centroamericano dal fotografo francese e quelle di Helen Levitt.

I due si rincontrano a New York, nella primavera del 1935. Cartier-Bresson aveva appena trascorso un anno in Messico, mentre la fotografa americana cominciava proprio in quel periodo scattare tre le strade newyorchesi. Affascinata dal lavoro messicano di Cartier Bresson, esposto alla galleria Julien Levy a New York, insieme ai clichés di Manuel Alvarez Bravo e Walker Evans, Helen Levitt diventa assistente del fotografo francese.

All’origine della concezione della fotografia

In seguito, nel 1941, Levitt decide di viaggiare in Messico e di recarsi nelle stesse destinazioni del suo predecessore di Chanteloup. Per lei sarà il suo unico viaggio all’estero che farà. Resta a Città del Messico per esplorare i territori al limite delle campagne. Cerca l’intimità con le persone che immortala, fuggendo come Cartier-Bresson il pittoresco.

L’esposizione Mexico presenta una sessantina di scatti dei due fotografi ed i documenti che rintracciano i pellegrinaggi rispettivi. Questi due peripli messicani sono decisivi all’inizio delle loro lunghe carriere: Henri Cartier Bresson e Helen Levitt forgiano in quel momento le loro concezioni della fotografia.

 

Foto apertura: | Paul Strand, St. Francis Church, Ranchos de Taos, New Mexico, 1931 © Aperture Foundation Inc., Paul Strand Archive. Fundación MAPFRE Collections

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About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 16 minuti

A Parigi, la Fondazione Henri Cartier-Bresson porta un nuovo sguardo sull’opera del fotografo americano Paul Strand, a partire dalle collezioni della Fondazione MAPFRE di Madrid. Di solito Strand è celebrato come un pioniere della fotografia diretta, “straight photography”, mentre questa esposizione presenta la dimensione profondamente politica del suo lavoro.

Paul Strand è l’erede di due grandi tradizioni fotografiche, spesso presentate come antagoniste. Una “formalista”, che cerca di dimostrare che la fotografia è un’arte a séstante. L’altra tendenza “sociale”, che vede la fotografia come uno strumento documentario al servizio di un progetto politico.

Ricerca formale e l’implicazione sociale

Paul Strand o l’equilibrio delle forze presenta, dal 14 febbraio al 23 aprile, nel Cube della Fondazione Henri Cartier-Bresson, circa 120 scatti delle collezioni madrilene, il video Manhatta realizzato da Paul Strand e Charles Schiller, nel 1921, e alcune fotografie prestate dal centro Pompidou.

La mostra, da cui il titolo, cerca di riequilibrare la ricerca formale e l’implicazione sociale di Strand. Se il fotografo è spesso presentato come uno dei più grandi fotografi del secolo scorso, è perché ha saputo ammirabilmente proporre una sintesi entro queste due polarità.

Paul Strand, Anna Attinga Frafra, Accra, Ghana, 1951 © Aperture Foundation Inc., Paul Strand Archive. Fundación MAPFRE Collections

L’impegno politico ed esilio in Francia

Intorno alla metà del primo decennio del XX° secolo, Strand fotografa il viso del popolo nelle strade di New York. La prima parte della sua opera è particolarmente marcata dal formalismo. Quando nel 1917 gli viene consacrato l’ultimo numero della famosa rivista Camera Work, il fotografo americano dimostra che la tua fotografia possiede un linguaggio artistico autonomo.

A partire da un soggiorno in Messico, tra il 1932 e 34, dove realizza il film Redes sullo sciopero dei pescatori di Alvarado, seguito da un viaggio a Mosca nel 1935, il suo impegno si politicizza ulteriormente. Membro dell’American Labor Party, deve lasciare gli Stati Uniti per trasferirsi in Franciain a causa del maccartismo.

I libri come strumento di divulgazione

Molte delle scelte del fotografo sono determinate da questa coscienza politica: i suoi soggetti , i luoghi dove fotografa, gli scrittori con i quali collabora, e soprattutto la scelta dei libri come principale vettore di diffusione delle sue immagini.

I libri fotografici sono il filo conduttore dell’esposizione, curata dal nuovo direttore della Fondazione Henri Cartier Bresson, Clément Chéroux. Le diverse sezioni mettono all’onore le pubblicazioni e gli scatti in queste contenute.

| Paul Strand, The Lusetti Family, Luzzara, Italy, 1953 © Aperture Foundation Inc., Paul Strand Archive. Fundación MAPFRE Collections

Un paese: gli abitanti di Luzzara si raccontano

Tra questi libri c’è anche Un paese con i testi di Cesare Zavattini, padre del Neorealismo, considerato come classico della «letteratura per immagini». Gli abitanti di Luzzara, nella pianura padana e villaggio natale di Zavattini, sono i protagonisti degli scatti. Il volume racconta le vite e le storie degli umili di questo paese italiano, scelto come specchio dello spirito di un popolo e del ritmo universale della vita legata alla terra.

Paul Strand e Cesare Zavattini si incontrano nel 1949 al Congresso internazionale di cinematografia di Perugia. Quattro anni più tardi, il fotografo americano gli propone di realizzare un libro sull’Italia. La scelta cade su Luzzara, non solo perché Zavattini vi è nato, ma soprattutto perché luogo di resistenza durante il Fascismo, e bastione comunista negli anni del dopoguerra. Il libro è pubblicato nell’aprile del 1955 da Giulio Einaudi, editore di Torino conosciuto per il suo impegno di sinistra.

Gli altri libri in mostra

Insieme agli scatti di questo magnifico libro, in cui i testi sono scritti alla prima persona, come se le immagini stesse parlassero, sono esposte le fotografie tratte da altri volumi quali Time in New England del 1950, i già citati scatti realizzati in Messico tra il 1932 e il 1934, La France de Profil del 1952, in cui defila l’essenza della vita rurale nella Francia del dopoguerra.

E ancora Tir à Mhurain: Outer Hebrides del 1962, con le fotografie prese durante il soggiorno con la moglie sull’aspra isola di South Uist, al largo della costa occidentale della Scozia. Il suo punto di vista sulla decolonizzazione in Living Egypt, del 1969, e Ghana: An African Portrait, del 1976.

Henri Cartier-Bresson, Juchitán, Mexique, 1934-1935 © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Mexico: visto da Henri Cartier-Bresson e Helen Levitt

Gli stravolgimenti politici nel Messico degli anni 30 hanno interessato anche Henri Cartier Bresson. In contemporanea a Paul Strand o l’equilibrio delle forze, la Fondazione HCB presenta Mexico, nello spazio sotterraneo del Tube. Un dialogo inedito tra le fotografie scattate nel paese centroamericano dal fotografo francese e quelle di Helen Levitt.

I due si rincontrano a New York, nella primavera del 1935. Cartier-Bresson aveva appena trascorso un anno in Messico, mentre la fotografa americana cominciava proprio in quel periodo scattare tre le strade newyorchesi. Affascinata dal lavoro messicano di Cartier Bresson, esposto alla galleria Julien Levy a New York, insieme ai clichés di Manuel Alvarez Bravo e Walker Evans, Helen Levitt diventa assistente del fotografo francese.

All’origine della concezione della fotografia

In seguito, nel 1941, Levitt decide di viaggiare in Messico e di recarsi nelle stesse destinazioni del suo predecessore di Chanteloup. Per lei sarà il suo unico viaggio all’estero che farà. Resta a Città del Messico per esplorare i territori al limite delle campagne. Cerca l’intimità con le persone che immortala, fuggendo come Cartier-Bresson il pittoresco.

L’esposizione Mexico presenta una sessantina di scatti dei due fotografi ed i documenti che rintracciano i pellegrinaggi rispettivi. Questi due peripli messicani sono decisivi all’inizio delle loro lunghe carriere: Henri Cartier Bresson e Helen Levitt forgiano in quel momento le loro concezioni della fotografia.

 

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