Nero è bello. Faith Ringgold al Museo Picasso di Parigi
Tempo stimato per la lettura: 6,8 minuti
È una delle maggiori esponenti dell’arte del movimento Black power. La pittrice Faith Ringgold, figura di spicco della lotta antirazzista e femminista negli Stati Uniti, è la grande invitata del Museo Picasso a Parigi. Dal 31 gennaio al 2 luglio 2023, si tiene la sua prima retrospettiva francese, Faith Ringgold. Black is beautiful.
Il percorso espositivo è basato su vari capitoli della sua vita. Il visitatore ripercorre le lotte di una agguerrita attivista le cui provocazioni pittoriche e l’uso della bandiera americana nel suo lavoro le sono costate la prigione. La mostra, inoltre, è corredata da una serie d’incontri-dibattiti, laboratori e visite guidate. E per i più curiosi, grazie a un QRcode è possibile scaricare l’integralità dei testi che accompagnano le opere, che rappresentano una sorta di diario dell’artista.
Affinità artistiche e stilistiche
Un riconoscimento meritato per quest’artista visiva afroamericana, di 93 anni, famosa oltreoceano per i suoi dipinti e le trapunte colorate, mai prima d’ora oggetto di una simile mostra in Europa. Faith Ringgold conduce, attraverso le sue riletture della storia dell’arte moderna, un vero e proprio dialogo plastico e critico con la prima scena artistica parigina del XX° secolo, in particolare con Picasso e le sue Demoiselles d’Avignon, o Guernica, le cui eco risuonano nel quadro Die.
Faith Ringgold, secondo Cécile Debray, presidente del Museo nazionale Picasso di Parigi e curatrice della mostra, trova nelle sale di quest’instituzione dedicata al grande artista spagnolo del XX secolo, uno spazio naturale. La volontà è stata di renderle omaggio in vita. Di celebrare la sua arte che è stata sempre messa al servizio delle lotte politiche e sociali degli afrodiscenti e delle donne.
In principio fu il Rinascimento di Harlem
Figura emblematica di un’arte femminista impegnata e americana, sin dalle lotte per diritti civili a quelli di Black Lives Matter, autore famosissime opere di letteratura per ragazzi, Faith Ringgold ha sviluppato un corpus di opere che collega il ricco patrimonio dal Rinascimento di Harlem all’arte attuale dei giovani artisti neri americani.
Nata a New York nel 1930, Faith Ringgold è cresciuta ad Harlem, un distretto settentrionale di Manhattan divenne, nel periodo tra le due guerre, la capitale simbolica del risveglio culturale delle comunità nere, incoraggiata in particolare dal libro The New Negro (1925) dello scrittore e filosofo Alain Locke.
Alla ricerca dell’identità
Faith Ringgold trascorre l’infanzia in una fiorente comunità di creatori, musicisti, di scrittori e pensatori. Tra cui anche sua madre stilista, Willy Posey. Ha continuato a vivere e lavorare lì come artista e insegnante nelle scuole pubbliche per decenni.
Qui si sono formati i suoi impegni artistici, culturali e familiari. L’intera carriera dell’artista testimonia la sua ricerca e la sua creazione di forme singolari specifiche dell’esplorazione radicale dell’identità sessuale e razziale.
Luce Nera
Nel 1963, l’anno del Civil Rights Act che mise legalmente fine a tutte le forme di segregazione o discriminazione, Faith Ringgold dà vita a una serie di opere sul razzismo “ordinario” dal titolo American People.
Nel 1967, mentre la tensione aumenta, dipinge con una tavolozza scura e dipinti sottili chiamati Black Light. Celebra così la bellezza afro recentemente riconosciuta, in particolare attraverso lo slogan “Nero è bello”. Questa serie di dodici quadri monocromi, che giocano con i codici dell’astrazione, è mostrata nel gennaio 1970, durante la sua seconda personale alla Spectrum Gallery di New York. Allo stesso tempo, l’artista si impegna nel movimento Black Power creando alcuni manifesti militanti basati su composizioni tipografiche.
Gli Americani
Con la sua serie American People, Faith Ringgold commenta aspramente l’”American Way of Life” all’indomani della segregazione, in composizioni figurative altamente stilizzate, in stile “super realista”. Nel contesto estremamente violento della lunga estate torrida (Long Hot Summer) del 1967, al culmine di dure repressioni, l’artista realizza, per chiudere la sua serie, tre grandi dipinti che riflettono la situazione politica e sociale: The Flag Is Bleeding (La bandiera sta sanguinando); US Postage Stamp (Timbro postale americano) e Die (Muori!).
Il già citato parallelo tra quest’ultima opera e Guernica di Picasso, presentata all’epoca al MoMA, si completa con le referenze alle opere dei muralisti messicani come Diego Rivera e alle attinenze deviati dalla Pop Art.
Tankas: una coperta per raccontare
La pittura narrativa su tessuto di Faith Ringgold, nasce dall’incontro nel 1971, Faith Ringgold al Rijksmuseum di Amsterdam con i dipinti su tessuto tibetano e nepalese del XV secolo, chiamato Tankas. Questi le inspirarono, nel 1974, la sua prima serie pittorica su tessuto di 19 dipinti dal titolo Slave Rape. I bordi decorativi sono disegnati da sua madre, iniziando una collaborazione continua.
L’artista affronta per la prima volta e in modo frontale la questione della schiavitù, mettendo in scena sé stessa con le sue due figlie su uno sfondo paesaggistico, nel primo dei tre Tanka. Trova così un modo di esprimersi che le permette di riconnettersi con le sue radici afroamericane e quelle, ancora più lontane, africane.
La collezione francese
«La mia arte è la mia voce». Faith Ringgold racconta le storie attraverso le sue trapunte dipinte che combinano un quadro dipinto centrale e un testo denso ai bordi. Il contenuto biografico del suo lavoro è forte. L’artista racconta il suo viaggio sotto forma di riflessioni e storie fantasiose ed edificanti.
Nell’ambiziosa serie French Collection, lei ritrae una giovane artista afroamericana che cerca la sua strada a Parigi degli anni 1920. Questo set è particolarmente importante per quanto riguarda la reinterpretazione che propone dell’arte moderna, alla luce delle sfide del Rinascimento di Harlem, e le fonti artistiche che Faith Ringgold sostiene e integra nel suo lavoro, in particolare Picasso, Matisse e anche Gertrude Stein.
Il posto della donna nell’arte
Attraverso dodici quadri dipinti tra il 1991 e il 1997, secondo i suoi ricordi di un viaggio a Parigi nel 1961 e una residenza nel sud della Francia, a La Napoule, colloca situazioni immaginarie, piene di fantasia, mettendo in scena veri attori storici, luoghi della scena francese ma anche figure afroamericane storiche e contemporanee.
Mescolando epoche e generazioni, offre un tuffo negli ideali del Rinascimento di Harlem che mettono in discussione il legame tra la modernità e gli oggetti africani e che stabiliscono una specifica modernità afroamericana in cui esorta le donne a prendere il loro posto, soprattutto nel mondo dell’arte.
Gospel e performance
Al ritorno da un viaggio in Africa, entra a far parte del Black Arts Movement, e si riallaccia a una certa tradizione pastorale americana, ereditata della chiesa abissina della sua infanzia ad Harlem. Progetta così uno spettacolo-performance itinerante nelle università di tutto il paese, The Wake and Resurrection of the Bicentennial Negro (1975-1989).
In risposta alla commemorazione del bicentenario della dichiarazione di indipendenza del Stati Uniti del 4 luglio 1776, ovvero 200 anni di schiavitù e oppressione, lei mette in scena un racconto allegorico e profetico sulla condizione dei neri. Un’installazione di manichini in tessuto, accessori e fiori: una coppia afroamericana, Buba, morto di overdose, e Bena, di dolore, risorgere in un mondo migliore ed egualitario. Colonna sonora di quest’opera gli estratti da famoso discorso di Martin Luther King, “I Have a Dream”, e i gospel Amazing Grace o He Arose.
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Nero è bello. Faith Ringgold al Museo Picasso di Parigi
Tempo stimato per la lettura: 20 minuti
È una delle maggiori esponenti dell’arte del movimento Black power. La pittrice Faith Ringgold, figura di spicco della lotta antirazzista e femminista negli Stati Uniti, è la grande invitata del Museo Picasso a Parigi. Dal 31 gennaio al 2 luglio 2023, si tiene la sua prima retrospettiva francese, Faith Ringgold. Black is beautiful.
Il percorso espositivo è basato su vari capitoli della sua vita. Il visitatore ripercorre le lotte di una agguerrita attivista le cui provocazioni pittoriche e l’uso della bandiera americana nel suo lavoro le sono costate la prigione. La mostra, inoltre, è corredata da una serie d’incontri-dibattiti, laboratori e visite guidate. E per i più curiosi, grazie a un QRcode è possibile scaricare l’integralità dei testi che accompagnano le opere, che rappresentano una sorta di diario dell’artista.
Affinità artistiche e stilistiche
Un riconoscimento meritato per quest’artista visiva afroamericana, di 93 anni, famosa oltreoceano per i suoi dipinti e le trapunte colorate, mai prima d’ora oggetto di una simile mostra in Europa. Faith Ringgold conduce, attraverso le sue riletture della storia dell’arte moderna, un vero e proprio dialogo plastico e critico con la prima scena artistica parigina del XX° secolo, in particolare con Picasso e le sue Demoiselles d’Avignon, o Guernica, le cui eco risuonano nel quadro Die.
Faith Ringgold, secondo Cécile Debray, presidente del Museo nazionale Picasso di Parigi e curatrice della mostra, trova nelle sale di quest’instituzione dedicata al grande artista spagnolo del XX secolo, uno spazio naturale. La volontà è stata di renderle omaggio in vita. Di celebrare la sua arte che è stata sempre messa al servizio delle lotte politiche e sociali degli afrodiscenti e delle donne.
In principio fu il Rinascimento di Harlem
Figura emblematica di un’arte femminista impegnata e americana, sin dalle lotte per diritti civili a quelli di Black Lives Matter, autore famosissime opere di letteratura per ragazzi, Faith Ringgold ha sviluppato un corpus di opere che collega il ricco patrimonio dal Rinascimento di Harlem all’arte attuale dei giovani artisti neri americani.
Nata a New York nel 1930, Faith Ringgold è cresciuta ad Harlem, un distretto settentrionale di Manhattan divenne, nel periodo tra le due guerre, la capitale simbolica del risveglio culturale delle comunità nere, incoraggiata in particolare dal libro The New Negro (1925) dello scrittore e filosofo Alain Locke.
Alla ricerca dell’identità
Faith Ringgold trascorre l’infanzia in una fiorente comunità di creatori, musicisti, di scrittori e pensatori. Tra cui anche sua madre stilista, Willy Posey. Ha continuato a vivere e lavorare lì come artista e insegnante nelle scuole pubbliche per decenni.
Qui si sono formati i suoi impegni artistici, culturali e familiari. L’intera carriera dell’artista testimonia la sua ricerca e la sua creazione di forme singolari specifiche dell’esplorazione radicale dell’identità sessuale e razziale.
Luce Nera
Nel 1963, l’anno del Civil Rights Act che mise legalmente fine a tutte le forme di segregazione o discriminazione, Faith Ringgold dà vita a una serie di opere sul razzismo “ordinario” dal titolo American People.
Nel 1967, mentre la tensione aumenta, dipinge con una tavolozza scura e dipinti sottili chiamati Black Light. Celebra così la bellezza afro recentemente riconosciuta, in particolare attraverso lo slogan “Nero è bello”. Questa serie di dodici quadri monocromi, che giocano con i codici dell’astrazione, è mostrata nel gennaio 1970, durante la sua seconda personale alla Spectrum Gallery di New York. Allo stesso tempo, l’artista si impegna nel movimento Black Power creando alcuni manifesti militanti basati su composizioni tipografiche.
Gli Americani
Con la sua serie American People, Faith Ringgold commenta aspramente l’”American Way of Life” all’indomani della segregazione, in composizioni figurative altamente stilizzate, in stile “super realista”. Nel contesto estremamente violento della lunga estate torrida (Long Hot Summer) del 1967, al culmine di dure repressioni, l’artista realizza, per chiudere la sua serie, tre grandi dipinti che riflettono la situazione politica e sociale: The Flag Is Bleeding (La bandiera sta sanguinando); US Postage Stamp (Timbro postale americano) e Die (Muori!).
Il già citato parallelo tra quest’ultima opera e Guernica di Picasso, presentata all’epoca al MoMA, si completa con le referenze alle opere dei muralisti messicani come Diego Rivera e alle attinenze deviati dalla Pop Art.
Tankas: una coperta per raccontare
La pittura narrativa su tessuto di Faith Ringgold, nasce dall’incontro nel 1971, Faith Ringgold al Rijksmuseum di Amsterdam con i dipinti su tessuto tibetano e nepalese del XV secolo, chiamato Tankas. Questi le inspirarono, nel 1974, la sua prima serie pittorica su tessuto di 19 dipinti dal titolo Slave Rape. I bordi decorativi sono disegnati da sua madre, iniziando una collaborazione continua.
L’artista affronta per la prima volta e in modo frontale la questione della schiavitù, mettendo in scena sé stessa con le sue due figlie su uno sfondo paesaggistico, nel primo dei tre Tanka. Trova così un modo di esprimersi che le permette di riconnettersi con le sue radici afroamericane e quelle, ancora più lontane, africane.
La collezione francese
«La mia arte è la mia voce». Faith Ringgold racconta le storie attraverso le sue trapunte dipinte che combinano un quadro dipinto centrale e un testo denso ai bordi. Il contenuto biografico del suo lavoro è forte. L’artista racconta il suo viaggio sotto forma di riflessioni e storie fantasiose ed edificanti.
Nell’ambiziosa serie French Collection, lei ritrae una giovane artista afroamericana che cerca la sua strada a Parigi degli anni 1920. Questo set è particolarmente importante per quanto riguarda la reinterpretazione che propone dell’arte moderna, alla luce delle sfide del Rinascimento di Harlem, e le fonti artistiche che Faith Ringgold sostiene e integra nel suo lavoro, in particolare Picasso, Matisse e anche Gertrude Stein.
Il posto della donna nell’arte
Attraverso dodici quadri dipinti tra il 1991 e il 1997, secondo i suoi ricordi di un viaggio a Parigi nel 1961 e una residenza nel sud della Francia, a La Napoule, colloca situazioni immaginarie, piene di fantasia, mettendo in scena veri attori storici, luoghi della scena francese ma anche figure afroamericane storiche e contemporanee.
Mescolando epoche e generazioni, offre un tuffo negli ideali del Rinascimento di Harlem che mettono in discussione il legame tra la modernità e gli oggetti africani e che stabiliscono una specifica modernità afroamericana in cui esorta le donne a prendere il loro posto, soprattutto nel mondo dell’arte.
Gospel e performance
Al ritorno da un viaggio in Africa, entra a far parte del Black Arts Movement, e si riallaccia a una certa tradizione pastorale americana, ereditata della chiesa abissina della sua infanzia ad Harlem. Progetta così uno spettacolo-performance itinerante nelle università di tutto il paese, The Wake and Resurrection of the Bicentennial Negro (1975-1989).
In risposta alla commemorazione del bicentenario della dichiarazione di indipendenza del Stati Uniti del 4 luglio 1776, ovvero 200 anni di schiavitù e oppressione, lei mette in scena un racconto allegorico e profetico sulla condizione dei neri. Un’installazione di manichini in tessuto, accessori e fiori: una coppia afroamericana, Buba, morto di overdose, e Bena, di dolore, risorgere in un mondo migliore ed egualitario. Colonna sonora di quest’opera gli estratti da famoso discorso di Martin Luther King, “I Have a Dream”, e i gospel Amazing Grace o He Arose.
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