Tre giovani documentaristi e UNO street artist

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 4 Agosto 2020

Tempo stimato per la lettura: 5,3 minuti

Caring about Uno è il documentario dedicato all’artista urbano UNO, realizzato dagli studenti della classe 3B del corso di Cinema 2018/2019 della Rome University of Fine Arts (RUFA), che ha vinto, durante il lockdown, due premi al Vertigo Film Festival il “Best Documentary” e il “Best Editing”. Si tratta di un festival mensile dedicato ai cortometraggi internazionali nel quale si ricercano lavori indipendenti e autoriali senza discriminazioni di budget.

Il film, il cui titolo gioca sul nome ironico del sito dell’artista “idontcareaboutuno”, racconta la storia dei tre giovani documentaristi, Gabriele Labianca, Carlo Quinto e Andree Lucini, alla ricerca dello sfuggente street artist calabrese UNO.

Com’è nata l’idea di fare un documentario su UNO?
Per la fine dell’anno accademico, Christian Angeli, il nostro professore di Tecniche di Documentazione Audiovisiva e Storia dello Spettacolo, ci ha assegnato il compito di girare un documentario. Ci ha proposto due temi: il primo sulla sessualità e il secondo sull’artista urbano UNO, che è anche intervenuto in classe. Dopo averlo conosciuto, abbiamo deciso di lavorare su di lui. L’equipe si è costituita successivamente in base alla scelta del soggetto.

Per noi è stata la prima esperienza di documentazione artistica. Non siamo degli appassionati di street art, non conoscevamo nulla di questo mondo e tanto meno il lavoro di UNO. È stata l’occasione per avvicinarci a questo tipo d’arte e soprattutto a quella dell’artista, il cui stile particolare lo rende inconfondibile. Realizzare questo documentario ha attivato la nostra curiosità nei confronti di quest’arte pubblica.

Il documentario si presenta come un’inchiesta, come mai?
Abbiamo voluto rendere più narrativa possibile la notra esperienza. La scoperta di un mondo che non ci apparteneva, quello dell’arte urbana, e la caccia all’artista. UNO è una figura internazioanle, ed era sempre impegnato, iper-sfuggente e anche un po’ diffidente nell’essere il protagonista del nostro lavoro. È stato veramente difficile raggiungerlo.

Abbiamo messo in scena, le nostre difficoltà nel contattarlo e filmarlo. Il risultato è un documentario su di noi che cerchiamo di fare un documentario su UNO. Siamo dovuti partire al suo inseguimento. Il nostro viaggio ci ha portato in Calabria, regione d’orgine dell’artista, per parlare con i suoi genitori, persone magnifiche che ci hanno accolti come dei figli. A causa della sua irreperibilità abbiamo dovuto adattare continuamente la sceneggiatura, introducendo diversi escamotage.

Avete mostrato la persona più che il personaggio?
In UNO c’è una vera dualità tra quello che appare dai suoi lavori nei social, sui cui è molto presente, e la sua personalità. È una persona estremamente spontanea, con un entusiasmo quasi infantile. Le sue opere, legate alla Pop Art e al situazionismo (che riprende il concetto di détournement, cioè utilizzare immagini, ricontestualizzarle, cambiarle di significato ndr), sono realizzate con una cura quasi maniacale per il dettaglio. Preparate meticolosamente nel suo atelier, prima di essere portate in strada. Ma come abbiamo detto, e constatato, vuole preservare l’anonimato, non solo per questioni di “sicurezza” e non incappare in qualche multa.

Il suo comportamento risponde anche a un mood culturale del momento in cui si tende a separare sempre più l’arte dall’artista. Il lavoro parla da solo, non ha bisogno dell’intervento dell’autore e della sua popolarità per supportarlo.

Quali sono stati i vostri autori di riferimento?
Per questo documentario, ci siamo inspirati alle atmosfere di Visages villages di Agnès Varda e JR, e di Searching for Sugar Man di Malik Bendjelloul”.

Prossimi progetti?
Andree – Mi sono iscritta a un bando con una sceneggiatura per un cortometraggio. Spero di poter lavorare presto. L’esperienza del documentario mi ha interessata e arricchita, anche se attualmente sto lavorando ad altro. Mi piacerebbe poter collaborare nuovamente con l’équipe di Caring about Uno.

Carlo – Come Andree, anch’io sono più interessato alla scrittura, ma nell’immediato non ho dei progetti in scadenza. Non mi sento ancora pronto a passare alla regia, ambito in cui si muove meglio Gabriele, che ha realizzato altri lavori non commissionati dalla scuola. Per il momento non mi interessa, e anche se lavorare al questo documentario mi è piaciuto, resto più coinvolto dalla finzione che dalla rappresentazione della realtà .

Gabriele – Raccontare ció che accade veramente mi appassiona. Gli argomenti che tratto di solito rigurdano temi più sociali. Ho lavorato al documentario, Libertà di Savino Carbone ambientato a Bari, nell’omonimo quartiere (ndr) che parla del drammatico problema – non solo pugliese – dei migranti LGBTche domandano un permesso di soggiorno in Italia e/o l’asilo politico. La questione principale per loro è come “attestare” la loro omosessualità, che in alcuni paesi è considerata un crimine e punita con la prigione. Queste persone vivono emarginate in quanto stranieri e gay. Una duplice condizione che li porta a sopportare molte situazioni umilianti.  

Cos’è per voi la creatività?
Gabriele – Recentemente ho visto sui social l’immagine di una cornice con dentro scritto: “non sempre ho qualcosa da dire”. Questa frase mi ha fatto riflettere che quando qualcosa mi viene in mente, all’improvviso, magari dopo dei giorni senza alcuna idea, non posso fare altro che concretizzarla. Entro in un flusso, e quando l’ho realizzata, ritorno in uno stato di quiete in cui non ho nulla da dire.

Carlo – Per me la creatività è una suggestione. È il frutto della rielaborazione degli stimoli che percepisco da immagini, letture, discorsi… È il risultato di un condizionamento della realtà esterna.

Infine, per Andrée, la creatività è collegata all’esigenza impellente di esprimersi e alla voglia di comunicare: “quando devo creare è una necessità”.

Caring about Uno
Credits: Regia e fotografia di Gabriele Labianca, soggetto di Gabriele Labianca, Carlo Quinto e Andree Lucini, montaggio di Maria Iacobellis, produttore esecutivo Sophie Peretz, operatore di macchina Gianluca Leccese, aiuto regia Daniele Illuminati, musiche di Pier Giorgio Talone e David Guidi.

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Published On: 4 Agosto 2020

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Tempo stimato per la lettura: 16 minuti

Caring about Uno è il documentario dedicato all’artista urbano UNO, realizzato dagli studenti della classe 3B del corso di Cinema 2018/2019 della Rome University of Fine Arts (RUFA), che ha vinto, durante il lockdown, due premi al Vertigo Film Festival il “Best Documentary” e il “Best Editing”. Si tratta di un festival mensile dedicato ai cortometraggi internazionali nel quale si ricercano lavori indipendenti e autoriali senza discriminazioni di budget.

Il film, il cui titolo gioca sul nome ironico del sito dell’artista “idontcareaboutuno”, racconta la storia dei tre giovani documentaristi, Gabriele Labianca, Carlo Quinto e Andree Lucini, alla ricerca dello sfuggente street artist calabrese UNO.

Com’è nata l’idea di fare un documentario su UNO?
Per la fine dell’anno accademico, Christian Angeli, il nostro professore di Tecniche di Documentazione Audiovisiva e Storia dello Spettacolo, ci ha assegnato il compito di girare un documentario. Ci ha proposto due temi: il primo sulla sessualità e il secondo sull’artista urbano UNO, che è anche intervenuto in classe. Dopo averlo conosciuto, abbiamo deciso di lavorare su di lui. L’equipe si è costituita successivamente in base alla scelta del soggetto.

Per noi è stata la prima esperienza di documentazione artistica. Non siamo degli appassionati di street art, non conoscevamo nulla di questo mondo e tanto meno il lavoro di UNO. È stata l’occasione per avvicinarci a questo tipo d’arte e soprattutto a quella dell’artista, il cui stile particolare lo rende inconfondibile. Realizzare questo documentario ha attivato la nostra curiosità nei confronti di quest’arte pubblica.

Il documentario si presenta come un’inchiesta, come mai?
Abbiamo voluto rendere più narrativa possibile la notra esperienza. La scoperta di un mondo che non ci apparteneva, quello dell’arte urbana, e la caccia all’artista. UNO è una figura internazioanle, ed era sempre impegnato, iper-sfuggente e anche un po’ diffidente nell’essere il protagonista del nostro lavoro. È stato veramente difficile raggiungerlo.

Abbiamo messo in scena, le nostre difficoltà nel contattarlo e filmarlo. Il risultato è un documentario su di noi che cerchiamo di fare un documentario su UNO. Siamo dovuti partire al suo inseguimento. Il nostro viaggio ci ha portato in Calabria, regione d’orgine dell’artista, per parlare con i suoi genitori, persone magnifiche che ci hanno accolti come dei figli. A causa della sua irreperibilità abbiamo dovuto adattare continuamente la sceneggiatura, introducendo diversi escamotage.

Avete mostrato la persona più che il personaggio?
In UNO c’è una vera dualità tra quello che appare dai suoi lavori nei social, sui cui è molto presente, e la sua personalità. È una persona estremamente spontanea, con un entusiasmo quasi infantile. Le sue opere, legate alla Pop Art e al situazionismo (che riprende il concetto di détournement, cioè utilizzare immagini, ricontestualizzarle, cambiarle di significato ndr), sono realizzate con una cura quasi maniacale per il dettaglio. Preparate meticolosamente nel suo atelier, prima di essere portate in strada. Ma come abbiamo detto, e constatato, vuole preservare l’anonimato, non solo per questioni di “sicurezza” e non incappare in qualche multa.

Il suo comportamento risponde anche a un mood culturale del momento in cui si tende a separare sempre più l’arte dall’artista. Il lavoro parla da solo, non ha bisogno dell’intervento dell’autore e della sua popolarità per supportarlo.

Quali sono stati i vostri autori di riferimento?
Per questo documentario, ci siamo inspirati alle atmosfere di Visages villages di Agnès Varda e JR, e di Searching for Sugar Man di Malik Bendjelloul”.

Prossimi progetti?
Andree – Mi sono iscritta a un bando con una sceneggiatura per un cortometraggio. Spero di poter lavorare presto. L’esperienza del documentario mi ha interessata e arricchita, anche se attualmente sto lavorando ad altro. Mi piacerebbe poter collaborare nuovamente con l’équipe di Caring about Uno.

Carlo – Come Andree, anch’io sono più interessato alla scrittura, ma nell’immediato non ho dei progetti in scadenza. Non mi sento ancora pronto a passare alla regia, ambito in cui si muove meglio Gabriele, che ha realizzato altri lavori non commissionati dalla scuola. Per il momento non mi interessa, e anche se lavorare al questo documentario mi è piaciuto, resto più coinvolto dalla finzione che dalla rappresentazione della realtà .

Gabriele – Raccontare ció che accade veramente mi appassiona. Gli argomenti che tratto di solito rigurdano temi più sociali. Ho lavorato al documentario, Libertà di Savino Carbone ambientato a Bari, nell’omonimo quartiere (ndr) che parla del drammatico problema – non solo pugliese – dei migranti LGBTche domandano un permesso di soggiorno in Italia e/o l’asilo politico. La questione principale per loro è come “attestare” la loro omosessualità, che in alcuni paesi è considerata un crimine e punita con la prigione. Queste persone vivono emarginate in quanto stranieri e gay. Una duplice condizione che li porta a sopportare molte situazioni umilianti.  

Cos’è per voi la creatività?
Gabriele – Recentemente ho visto sui social l’immagine di una cornice con dentro scritto: “non sempre ho qualcosa da dire”. Questa frase mi ha fatto riflettere che quando qualcosa mi viene in mente, all’improvviso, magari dopo dei giorni senza alcuna idea, non posso fare altro che concretizzarla. Entro in un flusso, e quando l’ho realizzata, ritorno in uno stato di quiete in cui non ho nulla da dire.

Carlo – Per me la creatività è una suggestione. È il frutto della rielaborazione degli stimoli che percepisco da immagini, letture, discorsi… È il risultato di un condizionamento della realtà esterna.

Infine, per Andrée, la creatività è collegata all’esigenza impellente di esprimersi e alla voglia di comunicare: “quando devo creare è una necessità”.

Caring about Uno
Credits: Regia e fotografia di Gabriele Labianca, soggetto di Gabriele Labianca, Carlo Quinto e Andree Lucini, montaggio di Maria Iacobellis, produttore esecutivo Sophie Peretz, operatore di macchina Gianluca Leccese, aiuto regia Daniele Illuminati, musiche di Pier Giorgio Talone e David Guidi.

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