David Letterman dice addio al Late Show

About the Author: Redazione ViviCreativo

Published On: 19 Maggio 2015

Tempo stimato per la lettura: 3,7 minuti

“Non avrei mai pensato di sentire le parole ‘intellettuale’ e ‘NBC’ nella stessa frase!” Esordisce così David Letterman, rispondendo all’augurio del giornalista NBC Tom Brokaw, nella prima puntata del Late Show in onda il 30 agosto del 1993. Da allora sono passati 22 anni e quasi seimila puntate e su  quelle poltrone si sono alternati almeno due presidenti degli Stati Uniti con le rispettive first lady, da Bill Clinton a Barack Obama, e tante, tantissime celebrità. In Italia, viene trasmesso in differita dal 1999.

Il ragazzotto del Midwest che a trent’anni lascia l’Indiana per cercare di sfondare nella Grande Mela diventa presto uno dei comici più apprezzati della tv americana, lavora al fianco del grande Johnny Carson, the king, il re del Tonight Show, da cui impara tanto e a cui, più volte, dirà di essersi ispirato.

Parla ad un pubblico istruito, David, il suo humor, il riferimento costante ai fatti di attualità, il sorriso sornione, le pause attentamente studiate cui fa da contrappunto l’accompagnamento musicale del folletto e amico fraterno Paul Shaffer, gli sketch non-sense, sono solo alcuni degli elementi di successo di un contenitore che ha per sua natura un’unica finalità: la promozione di prodotti di intrattenimento, il film, il libro, il singolo, la finale del Super Bowl, a spettatori snob che rifuggono dalla pubblicità. L’abilità sta tutta lì. Nel rendere accettabile, persino piacevole e attesa, una pratica che di norma non lo sarebbe.

Distacco ed empatia, sapientemente dosati, per promuovere e, nello stesso tempo, denigrare lo star system, lo show business, che al di là dell’Oceano, si sa, è una roba serissima. Così, mentre promuove un film e chiacchiera con il super divo, lancia occhiate compiaciute al suo pubblico. Sfotte, punzecchia, ridicolizza, pesca dalle risposte ballerine degli ospiti, emozionati, in difficoltà o visibilmente alterati (come un’alticcia Farrah Fawcett alla fine degli anni Novanta), per metterli alla berlina, ma sempre con garbo, senza dimenticare il suo ruolo, quello del padrone di casa. E se è vero, come ha scritto Francesco Pacifico in un bellissimo articolo su Internazionale lo scorso dicembre, che il comico-conduttore “è il buffone che può gridare che il re è nudo“, è altrettanto vero che occorre gusto per farlo al meglio.

David Letterman seduto sulla sua scrivania, con l’immancabile tazza brandizzata in mano, accoglie l’ospite e, come da copione, si fa raccontare aneddoti del quotidiano, cose apparentemente semplici, sembra voglia avvicinare quel racconto alla normalità, salvo poi ricacciarla indietro, banalizzandola. Così, mentre ascolta interessato (così almeno sembra) l’attore Michael Fassbender raccontare delle lunghe vacanze tra Europa e America Latina, lo interrompe, rivolgendosi agli spettatori dell’Ed Sullivan Theater, “dura la vita, eh?” o, ancora, il secco “ti è piaciuta la prigione?” che rivolge ad una stordita Paris Hilton.

Una messa in scena brillante, certo, ironica, a tratti cinica, provocatoria, ma comunque inserita nello stesso sistema che vuole denigrare. Si scherza su tutti e su tutto, persino sul Papa, sui terroristi, sui politici “oggi è uscita la Playstation 3. Finalmente una buona notizia per George Bush“, ma la demolizione degli idoli non è che momentanea, dura il tempo di uno stacco pubblicitario, l’ennesimo. Il politicamente scorretto è velato, quasi uno scherzo puerile, decisamente innocuo.

Oggi, quel tipo di talk show non è più replicabile, quell’altalena di sacro (lo showbiz) e profano (sarcasmo a go go) è troppo impegnativa. Ci sono i tweet, i trend topic, l’hype. Oggi i giovani conduttori, popolari soprattutto sulle piattaforme virtuali, Jimmy Fallon su tutti, sono bravi corteggiatori, strizzano l’occhio alla star di turno, ci giocano come amici ubriachi ad un barbecue, ma nulla più, si affrettano anzi a coprire, con i loro vestiti, la nudità del re, prima che il pubblico la veda.

Il 20 maggio David Letterman va in pensione, difficile immaginare un successore. Al suo posto, l’emittente ha scelto il comico Stephen Colbert, volto di Colbert’s report, che ha già annunciato di voler “fare il miglior spettacolo possibile e, occasionalmente, far arrabbiare la rete“. Ma come si fa a sostituire un’icona? Probabilmente non si può.

 

 

 

 

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About the Author: Redazione ViviCreativo

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“Non avrei mai pensato di sentire le parole ‘intellettuale’ e ‘NBC’ nella stessa frase!” Esordisce così David Letterman, rispondendo all’augurio del giornalista NBC Tom Brokaw, nella prima puntata del Late Show in onda il 30 agosto del 1993. Da allora sono passati 22 anni e quasi seimila puntate e su  quelle poltrone si sono alternati almeno due presidenti degli Stati Uniti con le rispettive first lady, da Bill Clinton a Barack Obama, e tante, tantissime celebrità. In Italia, viene trasmesso in differita dal 1999.

Il ragazzotto del Midwest che a trent’anni lascia l’Indiana per cercare di sfondare nella Grande Mela diventa presto uno dei comici più apprezzati della tv americana, lavora al fianco del grande Johnny Carson, the king, il re del Tonight Show, da cui impara tanto e a cui, più volte, dirà di essersi ispirato.

Parla ad un pubblico istruito, David, il suo humor, il riferimento costante ai fatti di attualità, il sorriso sornione, le pause attentamente studiate cui fa da contrappunto l’accompagnamento musicale del folletto e amico fraterno Paul Shaffer, gli sketch non-sense, sono solo alcuni degli elementi di successo di un contenitore che ha per sua natura un’unica finalità: la promozione di prodotti di intrattenimento, il film, il libro, il singolo, la finale del Super Bowl, a spettatori snob che rifuggono dalla pubblicità. L’abilità sta tutta lì. Nel rendere accettabile, persino piacevole e attesa, una pratica che di norma non lo sarebbe.

Distacco ed empatia, sapientemente dosati, per promuovere e, nello stesso tempo, denigrare lo star system, lo show business, che al di là dell’Oceano, si sa, è una roba serissima. Così, mentre promuove un film e chiacchiera con il super divo, lancia occhiate compiaciute al suo pubblico. Sfotte, punzecchia, ridicolizza, pesca dalle risposte ballerine degli ospiti, emozionati, in difficoltà o visibilmente alterati (come un’alticcia Farrah Fawcett alla fine degli anni Novanta), per metterli alla berlina, ma sempre con garbo, senza dimenticare il suo ruolo, quello del padrone di casa. E se è vero, come ha scritto Francesco Pacifico in un bellissimo articolo su Internazionale lo scorso dicembre, che il comico-conduttore “è il buffone che può gridare che il re è nudo“, è altrettanto vero che occorre gusto per farlo al meglio.

David Letterman seduto sulla sua scrivania, con l’immancabile tazza brandizzata in mano, accoglie l’ospite e, come da copione, si fa raccontare aneddoti del quotidiano, cose apparentemente semplici, sembra voglia avvicinare quel racconto alla normalità, salvo poi ricacciarla indietro, banalizzandola. Così, mentre ascolta interessato (così almeno sembra) l’attore Michael Fassbender raccontare delle lunghe vacanze tra Europa e America Latina, lo interrompe, rivolgendosi agli spettatori dell’Ed Sullivan Theater, “dura la vita, eh?” o, ancora, il secco “ti è piaciuta la prigione?” che rivolge ad una stordita Paris Hilton.

Una messa in scena brillante, certo, ironica, a tratti cinica, provocatoria, ma comunque inserita nello stesso sistema che vuole denigrare. Si scherza su tutti e su tutto, persino sul Papa, sui terroristi, sui politici “oggi è uscita la Playstation 3. Finalmente una buona notizia per George Bush“, ma la demolizione degli idoli non è che momentanea, dura il tempo di uno stacco pubblicitario, l’ennesimo. Il politicamente scorretto è velato, quasi uno scherzo puerile, decisamente innocuo.

Oggi, quel tipo di talk show non è più replicabile, quell’altalena di sacro (lo showbiz) e profano (sarcasmo a go go) è troppo impegnativa. Ci sono i tweet, i trend topic, l’hype. Oggi i giovani conduttori, popolari soprattutto sulle piattaforme virtuali, Jimmy Fallon su tutti, sono bravi corteggiatori, strizzano l’occhio alla star di turno, ci giocano come amici ubriachi ad un barbecue, ma nulla più, si affrettano anzi a coprire, con i loro vestiti, la nudità del re, prima che il pubblico la veda.

Il 20 maggio David Letterman va in pensione, difficile immaginare un successore. Al suo posto, l’emittente ha scelto il comico Stephen Colbert, volto di Colbert’s report, che ha già annunciato di voler “fare il miglior spettacolo possibile e, occasionalmente, far arrabbiare la rete“. Ma come si fa a sostituire un’icona? Probabilmente non si può.

 

 

 

 

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