T’ang Haywen rivelato al museo Guimet

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 6 Marzo 2024

Tempo stimato per la lettura: 3,2 minuti

Dedicando una mostra a T’ang Haywen, il Museo nazionale delle arti Asiatiche – Guimet rende omaggio, dal 6 marzo al 17 giugno 2024, ad un artista di primo piano, eppure fermo troppo poco conosciuto. Artista discreto, T’ang Haywen è oggi considerato come una figura importante della creazione contemporanea e la modernità cinese. T’ang Haywen. Un pittore cinese a Parigi svela l’immenso talento di un grande artista, contemporaneo di Zao Wou-Ki.

L’esposizione presenta un’ampia selezione dell’eccezionale incarico museale Guimet di 202 opere e circa 400 pezzi di archivio personale, realizzati dalla Direzione Nazionale Interventi dello Stato nel 2022. I lavori consegnati I Guimet erano oggetto di traffico d’arte: sequestrati dallo Stato selezionati insieme ai team del museo. Oggi ritrovano la luce e permettondo di evocare il destino unico di T’ang Haywen, artista singolare modernità del dopoguerra.

Senza titolo, 1988, inchiostro su carta Arches, MA 13252 © T’ang Haywen Archives © T’ang Haywen / ADAGP, Paris, 2024

Alla scoperta della Ville Lumière

Arrivato a Parigi nel 1948, ufficialmente per studiare medicina, T’ang Haywen non lascerà più la Francia. Scopre un paese in cui la creazione è in pieno svolgimento ed effervescenza. Come altri artisti stranieri, si confronta con la modernità occidentale e, come i primi artisti cinesi venuti a Parigi per formarsi, tra cui Zao Wou-Ki (1920-2013) o Chu Teh-Chun (1920-2014), divenne uno delle figure maggiori di questo scalpitante centro di vita artistica che fu allora Montparnasse.

Formatosi nella pittura occidentale, i suoi quaderni da disegno rivelano che ha visitato regolarmente i musei parigini, compreso il museo Guimet, e che si ispira ai paesaggi urbani parigini abbozzati velocemente con una penna a sfera.

La pittura di una vocazione

Insaziabilmente curioso delle arti e delle culture dell’Occidente, trovò la sua vocazione di pittore. Formatosi in calligrafia e interessato alla filosofia taoista, vive libero da vincoli materiali o sociali. Scrisse al fratello nel 1958: «Sì ho trovato la mia vocazione nella pittura… non pensavo potesse piacere ai nostri genitori… è una questione molto seria, di cui non si può parlare, onestamente cercare il successo fine a sé stesso… Il successo deve, per essere vero, essere tutto completamente sincero. Una volta trovato un pittore, può lavorare per altri deve, ma non può farlo prima… Non posso e non voglio abbandonare questa vocazione.»

Senza titolo, 1956 cinese, gouache et aquarello su carta Japon, Foto Cristina Biordi

 

La tradizione cinese e la modernità occidentale

Deliberatamente autodidatta, T’ang Haywen si distingue dal suo apprendistato Occidentale ancora sensibile nelle sue prime opere a muoversi verso il non-figurativo come molti suoi contemporanei che sperimentarono l’astrazione in tutte le sue forme, espressioniste, geometriche o liriche.

La sua opera, vibrante legame tra due culture pittoriche, esprime questo dualità, una tensione tra pieno e vuoto, bianco e nero, mondo visibile e mondo mondo del pensiero, della figurazione e dell’astrazione.

Per una riconoscenza mondiale

Diverse creazioni inedite ed elementi d’archivio conservati nel segreto del suo studio esposti, sollevano un velo sull’intimità di questo artista fondamentalmente innamorato della libertà e della semplicità, rispecchiando la sua inclinazione per l’ascetismo orientale.

Pittore itinerante, T’ang Haywen prediligeva i formati trasportabili. Queste opere originali e toccanti, mostrate al pubblico per la prima volta, come le cartoline inviate ai suoi amici, o le piastrelle di ceramica dipinta, ricordi di un soggiorno a San Francisco nel 1965, piccoli ritratti monocromi e pagine di taccuini di schizzi.

 

Foto d’apertura: Ritratto di T’ang Haywen nella primavera 1991, fotografia di Yonfan © Con l’amabile autorizzazione degli Archivi T’ang Haywen

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L’esposizione presenta un’ampia selezione dell’eccezionale incarico museale Guimet di 202 opere e circa 400 pezzi di archivio personale, realizzati dalla Direzione Nazionale Interventi dello Stato nel 2022. I lavori consegnati I Guimet erano oggetto di traffico d’arte: sequestrati dallo Stato selezionati insieme ai team del museo. Oggi ritrovano la luce e permettondo di evocare il destino unico di T’ang Haywen, artista singolare modernità del dopoguerra.

Senza titolo, 1988, inchiostro su carta Arches, MA 13252 © T’ang Haywen Archives © T’ang Haywen / ADAGP, Paris, 2024

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Arrivato a Parigi nel 1948, ufficialmente per studiare medicina, T’ang Haywen non lascerà più la Francia. Scopre un paese in cui la creazione è in pieno svolgimento ed effervescenza. Come altri artisti stranieri, si confronta con la modernità occidentale e, come i primi artisti cinesi venuti a Parigi per formarsi, tra cui Zao Wou-Ki (1920-2013) o Chu Teh-Chun (1920-2014), divenne uno delle figure maggiori di questo scalpitante centro di vita artistica che fu allora Montparnasse.

Formatosi nella pittura occidentale, i suoi quaderni da disegno rivelano che ha visitato regolarmente i musei parigini, compreso il museo Guimet, e che si ispira ai paesaggi urbani parigini abbozzati velocemente con una penna a sfera.

La pittura di una vocazione

Insaziabilmente curioso delle arti e delle culture dell’Occidente, trovò la sua vocazione di pittore. Formatosi in calligrafia e interessato alla filosofia taoista, vive libero da vincoli materiali o sociali. Scrisse al fratello nel 1958: «Sì ho trovato la mia vocazione nella pittura… non pensavo potesse piacere ai nostri genitori… è una questione molto seria, di cui non si può parlare, onestamente cercare il successo fine a sé stesso… Il successo deve, per essere vero, essere tutto completamente sincero. Una volta trovato un pittore, può lavorare per altri deve, ma non può farlo prima… Non posso e non voglio abbandonare questa vocazione.»

Senza titolo, 1956 cinese, gouache et aquarello su carta Japon, Foto Cristina Biordi

 

La tradizione cinese e la modernità occidentale

Deliberatamente autodidatta, T’ang Haywen si distingue dal suo apprendistato Occidentale ancora sensibile nelle sue prime opere a muoversi verso il non-figurativo come molti suoi contemporanei che sperimentarono l’astrazione in tutte le sue forme, espressioniste, geometriche o liriche.

La sua opera, vibrante legame tra due culture pittoriche, esprime questo dualità, una tensione tra pieno e vuoto, bianco e nero, mondo visibile e mondo mondo del pensiero, della figurazione e dell’astrazione.

Per una riconoscenza mondiale

Diverse creazioni inedite ed elementi d’archivio conservati nel segreto del suo studio esposti, sollevano un velo sull’intimità di questo artista fondamentalmente innamorato della libertà e della semplicità, rispecchiando la sua inclinazione per l’ascetismo orientale.

Pittore itinerante, T’ang Haywen prediligeva i formati trasportabili. Queste opere originali e toccanti, mostrate al pubblico per la prima volta, come le cartoline inviate ai suoi amici, o le piastrelle di ceramica dipinta, ricordi di un soggiorno a San Francisco nel 1965, piccoli ritratti monocromi e pagine di taccuini di schizzi.

 

Foto d’apertura: Ritratto di T’ang Haywen nella primavera 1991, fotografia di Yonfan © Con l’amabile autorizzazione degli Archivi T’ang Haywen

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