AKAA, la fiera sull’arte africana, sempre più dinamica e indispensabile

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 19 Ottobre 2023

Tempo stimato per la lettura: 5,4 minuti

Per la sua ottava edizione, dal 20 al 22 ottobre 2023, AKAA – Also Known As Africa al Carreau du Temple di Parigi mette in risalto la pratica curatoriale nel contesto di una fiera e del suo mercato. Sotto la direzione generale di Victoria Mann e quella artistica di Armelle Dakouo, la fiera francese dedicata alle scene artistiche dell’Africa, alle sue diaspore e agli afrodiscendenti, e uno degli eventi imperdibili della settimana dedicata all’arte parigina in autunno.

Una bella edizione che rappresenta la vitalità, la qualità, il talento, la sperimentazione, della scena artistica africana dalle connotazioni politiche e sociologiche. 37 gallerie internazionali, 118 artisti e 36 paesi (Africa – America – Europa) partecipano a quest’evento affrontando diverse tematiche, dal genere al femminismo, dalla decolonizzazione all’ecologia, senza dimenticare le problematiche razziali e le guerre.

AKAA 2023, LIMIN/EN, installazione di Cosmo Whyte © Cristina Biordi

Installazione monumentale

Ad accogliere i visitatori, come nelle precedenti edizioni, un’installazione monumentale, perno della fiera. Per la prima volta nel 2023, AKAA affida l’installazione monumentale a un curatore ospite, Fahamu Pecou, artista e fondatore di ADAMA (Museo d’arte della diaspora africana di Atlanta), che presenta LIMIN/EN una installazione monumentale dell’artista Cosmo Whyte. Un’opera traversabile che invita gli spettatori a esaminare criticamente la relazione tra architettura, potere ed esperienza africana.

Per il suo curatore, «Cosmo Whyte cerca di ricostruire e rivendicare le storie e le identità frammentate che sono state dilaniate dal colonialismo e dalla supremazia bianca. Attraverso la sua installazione, mira a riunire i pezzi dislocati della soggettività nera, ricollegarli alle loro radici e ripensare un futuro incentrato sulla liberazione e sull’autodeterminazione».

Una società matricale e uno sguardo decolonizzato

Per sua seconda partecipazione ad AKAA, Fisheye Gallery – la galleria della nota rivista francese di fotografia – investe il suo stand con una serie di collage inedita di Delphine Diallo, artista e fotografa franco-senegalese con sede a Brooklyn. Dal titolo Motherboard, scheda madre, questi lavori usano la metafora di questo connettore essenziale per il corretto funzionamento di qualsiasi oggetto tecnologico, per esaltare la figura della madre, legame universale onnipresente nel suo lavoro.

Tra autoritratti e immagini del passato, i diversi montaggi parlano del corpo della donna africana, e della donna in generale, del colonialismo e della decolonizzazione dello sguardo. Ovvero come eliminare i preconcetti alla radice, capendo come è stata costruita la visione dell’Africa da parte dei colonizzatori.

AKAA 2023, Motherboard di Delphine Diallo © Cristina Biordi

Donna, uomo e natura

Ritorna per il secondo anno alla fiera anche la galleria By Lara Sedbon che espone della sua scuderia due artiste d’origine marocchina, Aurélie Bauer, che rivisita i classici sotto la lente degli eventi attuali per parlare d’immigrazione e trasmissione, e Rebecca Brodskis, i cui ritratti di donne dallo sguardo penetrante sono una celebrazione della forza spirituale femminile.

E ancora, Eugénie Modai le cui opere in plastica vegetale, tra quadro e scultura, gioiose e colorate sono profondamente ancorate alle problematiche della società e della vita, come un dialogo paritario tra uomo e donna. Lélia Demoisy che studia la relazione dell’uomo con la natura, denunciando lo sfruttamento del primo e sublimando la materia, come dimostra la testuggine in legno esposta. Infine, il giovane artista nigeriano Ojisua Midegbeyan le cui tele, dei ritratti schizzati, tendono ad esplorare le gamme del grigio e dell’ocra mettendo in risalto le sue qualità di disegnatore.

 

Dipingere con la fiamma ossidrica

La galleria Soview di Accra, in Ghana, presenta un solo show dell’artista Appolinaire Doff Guidimbaye, alias DOFF, che descrive la sua arte come espressione del suo ambiente attraverso il quale esplora temi legati all’istruzione, all’infanzia rubata attraverso la schiavitù e ai bambini-soldato, nonché all’immigrazione clandestina. Tutti temi che riguardano questioni sociali che egli considera “una grande piaga che mina la gioventù africana in cerca di un futuro migliore”.

A Parigi, è esposta la serie astratto-figurativa Black Beyond Darkness e altre opere realizzate riciclando il paxalu, un rivestimento a base di catrame che si presenta sotto forma di un materiale nero avvolto da uno strato di alluminio utilizzato per isolare i tetti. Nei dipinti di DOFF l’alluminio diventa dorato. Non vi è dipinto nulla, tranne le cornici che sono annerite. Per ottenere le sue creazioni che prendono forma utilizzando una fiamma ossidrica, fonde con il paxalu, giornali o residui di plastica per ottenere i colori. Protagonisti di queste opere i giovani, in un quadro sono in attesa, forse proprio di “futuro migliore”.

AKAA 2023, Appolinaire Doff Guidimbaye, L’Attente, 2023 © Cristina Biordi

Artbook AKAA

Dal 2021, AKAA pubblica un libro d’arte con ogni edizione. L’AKAA Artbook è prodotto sotto la direzione artistica di Armelle Dakouo. Sviluppa un tema che costituisce il filo conduttore della pubblicazione annuale e invita diversi autori a contribuire alla storia dell’arte africana creando e trasmettendo un archivio.

L’Art Book 2023, intitolato D’AUTRES VIENDRONT (Altri verranno), esamina l’impatto delle voci curatoriali (spaziali e letterarie) nel mondo dell’arte contemporanea, in particolare per quanto riguarda l’inclusione e la rappresentazione degli artisti africani e neri. Tre autrici, Armelle Dakouo, Allison Glenn e Jeanne Mercier esplorano queste nozioni ed evidenziano le pratiche di una selezione di ventidue artisti.

AKAA nella città degli angeli

AKAA si espande e aprirà i battenti a Los Angeles dal 2 al 12 maggio 2024. AKAA – LA, che riunirà più di 80 artisti, gallerie e curatori da tutto il mondo, assumerà la forma di una mostra commerciale, piuttosto che una fiera tradizionale con stand espositivi. Questa mostra ibrida unica metterà in risalto le diverse scene artistiche dell’Africa e della sua diaspora, afroamericana e caraibica. Offrirà una nuova interpretazione della mappa dell’arte contemporanea, ponendo al centro un’Africa multiforme, al fine di creare un nuovo spazio dove consapevolezza e dialogo possano decostruire idee preconcette.

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Published On: 19 Ottobre 2023

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 16 minuti

Per la sua ottava edizione, dal 20 al 22 ottobre 2023, AKAA – Also Known As Africa al Carreau du Temple di Parigi mette in risalto la pratica curatoriale nel contesto di una fiera e del suo mercato. Sotto la direzione generale di Victoria Mann e quella artistica di Armelle Dakouo, la fiera francese dedicata alle scene artistiche dell’Africa, alle sue diaspore e agli afrodiscendenti, e uno degli eventi imperdibili della settimana dedicata all’arte parigina in autunno.

Una bella edizione che rappresenta la vitalità, la qualità, il talento, la sperimentazione, della scena artistica africana dalle connotazioni politiche e sociologiche. 37 gallerie internazionali, 118 artisti e 36 paesi (Africa – America – Europa) partecipano a quest’evento affrontando diverse tematiche, dal genere al femminismo, dalla decolonizzazione all’ecologia, senza dimenticare le problematiche razziali e le guerre.

AKAA 2023, LIMIN/EN, installazione di Cosmo Whyte © Cristina Biordi

Installazione monumentale

Ad accogliere i visitatori, come nelle precedenti edizioni, un’installazione monumentale, perno della fiera. Per la prima volta nel 2023, AKAA affida l’installazione monumentale a un curatore ospite, Fahamu Pecou, artista e fondatore di ADAMA (Museo d’arte della diaspora africana di Atlanta), che presenta LIMIN/EN una installazione monumentale dell’artista Cosmo Whyte. Un’opera traversabile che invita gli spettatori a esaminare criticamente la relazione tra architettura, potere ed esperienza africana.

Per il suo curatore, «Cosmo Whyte cerca di ricostruire e rivendicare le storie e le identità frammentate che sono state dilaniate dal colonialismo e dalla supremazia bianca. Attraverso la sua installazione, mira a riunire i pezzi dislocati della soggettività nera, ricollegarli alle loro radici e ripensare un futuro incentrato sulla liberazione e sull’autodeterminazione».

Una società matricale e uno sguardo decolonizzato

Per sua seconda partecipazione ad AKAA, Fisheye Gallery – la galleria della nota rivista francese di fotografia – investe il suo stand con una serie di collage inedita di Delphine Diallo, artista e fotografa franco-senegalese con sede a Brooklyn. Dal titolo Motherboard, scheda madre, questi lavori usano la metafora di questo connettore essenziale per il corretto funzionamento di qualsiasi oggetto tecnologico, per esaltare la figura della madre, legame universale onnipresente nel suo lavoro.

Tra autoritratti e immagini del passato, i diversi montaggi parlano del corpo della donna africana, e della donna in generale, del colonialismo e della decolonizzazione dello sguardo. Ovvero come eliminare i preconcetti alla radice, capendo come è stata costruita la visione dell’Africa da parte dei colonizzatori.

AKAA 2023, Motherboard di Delphine Diallo © Cristina Biordi

Donna, uomo e natura

Ritorna per il secondo anno alla fiera anche la galleria By Lara Sedbon che espone della sua scuderia due artiste d’origine marocchina, Aurélie Bauer, che rivisita i classici sotto la lente degli eventi attuali per parlare d’immigrazione e trasmissione, e Rebecca Brodskis, i cui ritratti di donne dallo sguardo penetrante sono una celebrazione della forza spirituale femminile.

E ancora, Eugénie Modai le cui opere in plastica vegetale, tra quadro e scultura, gioiose e colorate sono profondamente ancorate alle problematiche della società e della vita, come un dialogo paritario tra uomo e donna. Lélia Demoisy che studia la relazione dell’uomo con la natura, denunciando lo sfruttamento del primo e sublimando la materia, come dimostra la testuggine in legno esposta. Infine, il giovane artista nigeriano Ojisua Midegbeyan le cui tele, dei ritratti schizzati, tendono ad esplorare le gamme del grigio e dell’ocra mettendo in risalto le sue qualità di disegnatore.

 

Dipingere con la fiamma ossidrica

La galleria Soview di Accra, in Ghana, presenta un solo show dell’artista Appolinaire Doff Guidimbaye, alias DOFF, che descrive la sua arte come espressione del suo ambiente attraverso il quale esplora temi legati all’istruzione, all’infanzia rubata attraverso la schiavitù e ai bambini-soldato, nonché all’immigrazione clandestina. Tutti temi che riguardano questioni sociali che egli considera “una grande piaga che mina la gioventù africana in cerca di un futuro migliore”.

A Parigi, è esposta la serie astratto-figurativa Black Beyond Darkness e altre opere realizzate riciclando il paxalu, un rivestimento a base di catrame che si presenta sotto forma di un materiale nero avvolto da uno strato di alluminio utilizzato per isolare i tetti. Nei dipinti di DOFF l’alluminio diventa dorato. Non vi è dipinto nulla, tranne le cornici che sono annerite. Per ottenere le sue creazioni che prendono forma utilizzando una fiamma ossidrica, fonde con il paxalu, giornali o residui di plastica per ottenere i colori. Protagonisti di queste opere i giovani, in un quadro sono in attesa, forse proprio di “futuro migliore”.

AKAA 2023, Appolinaire Doff Guidimbaye, L’Attente, 2023 © Cristina Biordi

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L’Art Book 2023, intitolato D’AUTRES VIENDRONT (Altri verranno), esamina l’impatto delle voci curatoriali (spaziali e letterarie) nel mondo dell’arte contemporanea, in particolare per quanto riguarda l’inclusione e la rappresentazione degli artisti africani e neri. Tre autrici, Armelle Dakouo, Allison Glenn e Jeanne Mercier esplorano queste nozioni ed evidenziano le pratiche di una selezione di ventidue artisti.

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