Envisagement: Ali Cherri e Alberto Giacometti

About the Author: Cristina Biordi

Published On: 20 Gennaio 2024

Tempo stimato per la lettura: 3,2 minuti

L’anno 2024 all’l’Istituto Giacometti di Parigi si apre con la mostra Envisagement: un dialogo tra le opere dell’artista e filmmaker libanese Ali Cherri e quelle di Alberto Giacometti, uno dei grandi maestri dell’arte moderna.

L’esposizione, dal 23 gennaio al 24 marzo 2024, presenta alcune nuove creazioni di Ali Cherri progettate appositamente per l’occasione. Queste opere inedite risuonano con la ricca selezione di dipinti, sculture e disegni di Alberto Giacometti, dalle collezioni della Fondazione.

La scenografia originale e creativa offre una lettura unica dello spazio. Concepito come un viaggio intorno all’assemblaggio di teste scolpite, la mostra curata da Romain Perrin, riflette lo sguardo dell’artista libanese.

L’arte come una “visione”

Ali Cherri condivide con Alberto Giacometti un particolare interesse per la rappresentazione della storia umana. In questa conversazione, l’artista esplora il concetto di “visione”, termine polisemico che si riferisce ad entrambi l’azione di osservare qualcosa, ma anche all’evocazione del volto.

Questo doppio significato trova una particolare eco prominente nelle sculture e nei dipinti di Giacometti dove il volto umano è il motivo di una ricerca incessante quanto una conquista diventare.

Opere poetiche e politiche

Vincitore del prestigioso Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2022, Ali Cherri ha fatto scalpore anche al cinema con Le Barrage (La diga), opera prima incisiva, ipersensoriale, tanto poetica quanto politica, uscita nelle sale nel marzo 2023. L’artista moltiplica il suo lavoro anche sulle collezioni delle istituzioni museali per rivelarne le logiche colonialiste o escludenti.

L’archeologia come fonte d’inspirazione

Il lavoro di Ali Cherri esplora gli spostamenti temporali tra mondi antichi e società contemporanee la cui logica è tesa tra la costituzione di un’origine fondatrice e il mito di un progresso illimitato. Il suo lavoro sui legami tra archeologia, narrazione storica e patrimonio tiene conto dei processi di scavo, ricollocazione e museificazione dei resti funerari che fanno violenza alle pratiche culturali senza tempo e al significato stesso dei siti archeologici. Il suo interesse per questa “scienza degli inizi” e per le pratiche e le istituzioni ad essa collegate lo ha portato a produrre opere speculative e poetiche.

Albero della vita: una scultura aperta su un immaginario comune

Alberto Giacometti e Ali Cherri hanno in comune la passione per l’arte arcaica. Il Museo del Louvre, visitato da Giacometti con assiduità per tutta la vita, conserva le decorazioni mesopotamiche del palazzo del re Sargon II (VIII secolo a.C.), scoperto nella metà del XIX secolo sul sito di Dur-Sharrukin, nell’Iraq moderno. Tra i tanti motivi, quello del “Genio che porta un fiore di papavero davanti a un albero della vita” ha affascinato particolarmente Ali Cherri fino a ossessionarlo. L’artista libanese ne conserva il motivo dell’albero della vita che riproduce in una grande scultura a tutto tondo, Albero della vita, realizzata in bronzo per la mostra. Simbolo del carattere ciclico dell’evoluzione cosmica, la scultura è in binomio, nella grande sala centrale, con la Grande femme (1958).

Volti e cicatrici

«La questione del volto è centrale il mio lavoro scultoreo, ma anche in molti dei miei film, perché anche il cinema è guardare un viso. Sono interessato a come si svela il volto, ma soprattutto come lo si legge», afferma Ali Cherri. Per l’artista libanese quest’esposizione gli ha regalato il piacere di dialogare profondamente con un altro artista. L’occasione  per imparare a conoscere il modo in cui pensava Giacometti, e indagare da dove nasceva il suo gesto creativo.

 

 

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Published On: 20 Gennaio 2024

About the Author: Cristina Biordi

Tempo stimato per la lettura: 9 minuti

L’anno 2024 all’l’Istituto Giacometti di Parigi si apre con la mostra Envisagement: un dialogo tra le opere dell’artista e filmmaker libanese Ali Cherri e quelle di Alberto Giacometti, uno dei grandi maestri dell’arte moderna.

L’esposizione, dal 23 gennaio al 24 marzo 2024, presenta alcune nuove creazioni di Ali Cherri progettate appositamente per l’occasione. Queste opere inedite risuonano con la ricca selezione di dipinti, sculture e disegni di Alberto Giacometti, dalle collezioni della Fondazione.

La scenografia originale e creativa offre una lettura unica dello spazio. Concepito come un viaggio intorno all’assemblaggio di teste scolpite, la mostra curata da Romain Perrin, riflette lo sguardo dell’artista libanese.

L’arte come una “visione”

Ali Cherri condivide con Alberto Giacometti un particolare interesse per la rappresentazione della storia umana. In questa conversazione, l’artista esplora il concetto di “visione”, termine polisemico che si riferisce ad entrambi l’azione di osservare qualcosa, ma anche all’evocazione del volto.

Questo doppio significato trova una particolare eco prominente nelle sculture e nei dipinti di Giacometti dove il volto umano è il motivo di una ricerca incessante quanto una conquista diventare.

Opere poetiche e politiche

Vincitore del prestigioso Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2022, Ali Cherri ha fatto scalpore anche al cinema con Le Barrage (La diga), opera prima incisiva, ipersensoriale, tanto poetica quanto politica, uscita nelle sale nel marzo 2023. L’artista moltiplica il suo lavoro anche sulle collezioni delle istituzioni museali per rivelarne le logiche colonialiste o escludenti.

L’archeologia come fonte d’inspirazione

Il lavoro di Ali Cherri esplora gli spostamenti temporali tra mondi antichi e società contemporanee la cui logica è tesa tra la costituzione di un’origine fondatrice e il mito di un progresso illimitato. Il suo lavoro sui legami tra archeologia, narrazione storica e patrimonio tiene conto dei processi di scavo, ricollocazione e museificazione dei resti funerari che fanno violenza alle pratiche culturali senza tempo e al significato stesso dei siti archeologici. Il suo interesse per questa “scienza degli inizi” e per le pratiche e le istituzioni ad essa collegate lo ha portato a produrre opere speculative e poetiche.

Albero della vita: una scultura aperta su un immaginario comune

Alberto Giacometti e Ali Cherri hanno in comune la passione per l’arte arcaica. Il Museo del Louvre, visitato da Giacometti con assiduità per tutta la vita, conserva le decorazioni mesopotamiche del palazzo del re Sargon II (VIII secolo a.C.), scoperto nella metà del XIX secolo sul sito di Dur-Sharrukin, nell’Iraq moderno. Tra i tanti motivi, quello del “Genio che porta un fiore di papavero davanti a un albero della vita” ha affascinato particolarmente Ali Cherri fino a ossessionarlo. L’artista libanese ne conserva il motivo dell’albero della vita che riproduce in una grande scultura a tutto tondo, Albero della vita, realizzata in bronzo per la mostra. Simbolo del carattere ciclico dell’evoluzione cosmica, la scultura è in binomio, nella grande sala centrale, con la Grande femme (1958).

Volti e cicatrici

«La questione del volto è centrale il mio lavoro scultoreo, ma anche in molti dei miei film, perché anche il cinema è guardare un viso. Sono interessato a come si svela il volto, ma soprattutto come lo si legge», afferma Ali Cherri. Per l’artista libanese quest’esposizione gli ha regalato il piacere di dialogare profondamente con un altro artista. L’occasione  per imparare a conoscere il modo in cui pensava Giacometti, e indagare da dove nasceva il suo gesto creativo.

 

 

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