Matteo Pani, un sardo a Sagmeister & Walsh

About the Author: Redazione ViviCreativo

Published On: 7 Giugno 2016

Tempo stimato per la lettura: 5,9 minuti

Chiunque voglia fare il grafico ha provato almeno una volta a mandare il suo portfolio a Sagmeister & Walsh, uno degli studi grafici più importanti e prestigiosi del mondo; almeno una volta ha sognato di lavorare per Stefan Sagmeister, l’uomo che ha realizzato le cover di album storici – da Lou Reed ai Rolling Stones, passando per i Talking Heads e gli Aerosmith -e i manifesti volutamente provocatori dell’AIGA (American Institute of Graphic Arts).

Matteo Giuseppe Pani quel sogno lo ha realizzato e noi lo abbiamo intervistato, curiosi di sapere cosa ci fa un sardo oltreoceano.

Era troppo per crederla vera; così complicata, immensa, insondabile” così Kerouac descriveva New York. Un sardo invece come descriverebbe la Grande Mela?

Non posso che ripetere tutti gli stereotipi con cui la identifichiamo, anche prima di andarci, poiché sono tutti veri: Frenetica, multietnica, immensa, cinematografica e ricca di opportunità… ma anche piena di pazzi eccentrici, vittima di un clima capriccioso e molto cara!

Nella città che non dorme mai, quanto dorme un designer?

Dipende dalle ambizioni del designer. A New York tutti lavorano tanto e le ferie sono solo 12 giorni, comprese le festività importanti come Natale. Facendo qualcosa che mi piace, in una città unica, in uno studio in cui ho sempre sognato lavorare, dormire diventa un problema secondario. Anche durante i weekend. La vita Newyorchese è molto intensa, tutto si accorcia e quello che potrebbe succedere in 6 mesi accade in 3.

Stefan Sagmeister

Foto di John Madere

 

Stefan Sagmeister è “IL” graphic designer tra i più celebri del mondo, lavorare per lui è un traguardo per molti irraggiungibili, siamo curiosi di sapere come sei entrato nel suo team. Immaginiamo non si sia trattato di un colloquio formale (ti prego, dicci che ti ha accolto senza pantaloni!)

Cercavano un freelance graphic designer e ho mandato una mail e dopo 3 mesi ero a New York. Non ho fatto nessun colloquio, loro si basano sopratutto sulle competenze e il portfolio, è bastato quello. Non importa quanti anni hai, da dove vieni o dove hai studiato.
In verità l’ufficio è meno pazzo di quanto possa sembrare da fuori e Stefan è molto quieto e rilassato, la sua figura è assimilabile più a quella dell’amorevole nonno che a quella del direttore creativo.

Apro il sito di Sagmeister&Walsh e mi accorgo di una web cam piazzata sulle vostre scrivanie, una combinazione di Grande Fratello e telecamera di sicurezza,come riuscite a concentrarvi pur sapendo di “essere spiati”?

Non è facile ma è divertente. Riceviamo costantemente tweet di persone che ci ricordano se siamo arrivati in ritardo a lavoro o commentano gli outfit o magari piccole gag che accadono in studio. Io però sono esattamente sotto la webcam (vicino al serpente) per cui è impossibile vedermi e questo mi risolve il problema della privacy.

Sagmeister & Walsh nude

Ok balls, great tits. A new nude photo to celebrate our new site” – ci dici la tua su quella foto?

È diventato un marchio di fabbrica ormai. Mette in luce il fatto che chi vuole lavorare con o per Sagmeister & Walsh deve poter metter in gioco qualcosa di se stesso. Deve mettersi a nudo e liberarsi dei pregiudizi e dalle catene della moralità. La foto è stata scattata tanti mesi fa per cui io mi sono salvato dalla performance. Ci tengo a sottolineare che nessuno è stato costretto a prendere parte allo scatto e chi ha partecipato era perfettamente conscio di ciò che avrebbe implicato.

Qual è la parte più difficile del tuo lavoro?

Mantenersi creativi (qualunque cosa voglia dire questa parola). Essere sempre critici e autocritici. Evitare le mode e personalmente evitare gli stili.

Tra i tuoi lavori tre in particolare hanno attirato la nostra attenzione per la cura del dettaglio, l’approccio artigianale e insieme innovativo: “The Scarab” per il centro culturale Onassis ad Atene, “Hummingbird” un libro interamente realizzato a mano e il poster “Womade” realizzato durante l’evento milanese. Ci racconti come sono nati?

Ciò che accomuna questi 3 progetti è la volontà di evadere dal quotidiano lavoro grafico   davanti a uno schermo. Sono lavori che ho svolto interamente a mano dalla A alla Z.

Womade è un poster in 3 dimensioni che ho realizzato durante l’evento milanese Womade. Su più di 30 livelli ho inciso la “W” di Womade appunto. Diciamo che la difficoltà di svolgere un lavoro Live, oltre a saper gestire la tensione che si accumula, è la consapevolezza di aver un tempo limitato e di non poter assolutamente sbagliare tagliando la carta.
womade - matteo pani
The scarab è un progetto che nasce dalla collaborazione con il centro di arte contemporanea Onassis di Atene (dove l’opera si trova permanentemente). Il mio intervento è stato curato dall’agenzia londinese Double Decker che mi ha fornito la Moleskine su cui ho intagliato uno scarabeo in 50 livelli. Nella tradizione iconografica egizia, e successivamente anche greca, lo scarabeo rappresenta il simbolo di rigenerazione. La mia volontà è stata quella di regalare un simbolo positivo alla Grecia che, oggigiorno, affronta una profonda crisi. Avendo a disposizione una sola copia dell’agenda, anche in questo caso avevo un’unica possibilità di eseguire il lavoro correttamente.

scarab - matteo pani

Hummingbird è stato commissionato da Naresh Ramchandani, partner di Pentagram. Ho avuto la fortuna di conoscerlo a Londra ed è rimasto colpito dalle mie incisioni. In questo caso, oltre a scolpire su 80 livelli di carta, ho deciso di realizzare a mano anche la copertina rigida del libro e la confezione che lo contiene. Questo è in assoluto il lavoro di incisione a cui sono maggiormente legato.

hummingbird - matteo pani

In che modo la Sardegna influenza quello che fai e come quell’anima tribale e antica si concilia con il fervore newyorchese?

Porto con me la tradizione sarda dei colori e delle geometrie. Poiché la cultura Sarda è ancora inesplorata o persino sottovalutata, spero di poter usare questo svantaggio come motore per alimentare la ricerca di una personale identità grafica. New York e la Sardegna sono romanticamente inconciliabili e spero di poter sfruttare questo dialogo su 2 livelli separati per potermi distinguere dalle infinite menti artistiche che si trovano a New York. Un po’ come a suo tempo fece Costantino Nivola.

Tre cose su cui il tuo sguardo si sofferma mentre cammini per la 5° strada.

Central Park,
Gli immensi negozi,
Ovviamente le Newyorchesi.

 

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Chiunque voglia fare il grafico ha provato almeno una volta a mandare il suo portfolio a Sagmeister & Walsh, uno degli studi grafici più importanti e prestigiosi del mondo; almeno una volta ha sognato di lavorare per Stefan Sagmeister, l’uomo che ha realizzato le cover di album storici – da Lou Reed ai Rolling Stones, passando per i Talking Heads e gli Aerosmith -e i manifesti volutamente provocatori dell’AIGA (American Institute of Graphic Arts).

Matteo Giuseppe Pani quel sogno lo ha realizzato e noi lo abbiamo intervistato, curiosi di sapere cosa ci fa un sardo oltreoceano.

Era troppo per crederla vera; così complicata, immensa, insondabile” così Kerouac descriveva New York. Un sardo invece come descriverebbe la Grande Mela?

Non posso che ripetere tutti gli stereotipi con cui la identifichiamo, anche prima di andarci, poiché sono tutti veri: Frenetica, multietnica, immensa, cinematografica e ricca di opportunità… ma anche piena di pazzi eccentrici, vittima di un clima capriccioso e molto cara!

Nella città che non dorme mai, quanto dorme un designer?

Dipende dalle ambizioni del designer. A New York tutti lavorano tanto e le ferie sono solo 12 giorni, comprese le festività importanti come Natale. Facendo qualcosa che mi piace, in una città unica, in uno studio in cui ho sempre sognato lavorare, dormire diventa un problema secondario. Anche durante i weekend. La vita Newyorchese è molto intensa, tutto si accorcia e quello che potrebbe succedere in 6 mesi accade in 3.

Stefan Sagmeister

Foto di John Madere

 

Stefan Sagmeister è “IL” graphic designer tra i più celebri del mondo, lavorare per lui è un traguardo per molti irraggiungibili, siamo curiosi di sapere come sei entrato nel suo team. Immaginiamo non si sia trattato di un colloquio formale (ti prego, dicci che ti ha accolto senza pantaloni!)

Cercavano un freelance graphic designer e ho mandato una mail e dopo 3 mesi ero a New York. Non ho fatto nessun colloquio, loro si basano sopratutto sulle competenze e il portfolio, è bastato quello. Non importa quanti anni hai, da dove vieni o dove hai studiato.
In verità l’ufficio è meno pazzo di quanto possa sembrare da fuori e Stefan è molto quieto e rilassato, la sua figura è assimilabile più a quella dell’amorevole nonno che a quella del direttore creativo.

Apro il sito di Sagmeister&Walsh e mi accorgo di una web cam piazzata sulle vostre scrivanie, una combinazione di Grande Fratello e telecamera di sicurezza,come riuscite a concentrarvi pur sapendo di “essere spiati”?

Non è facile ma è divertente. Riceviamo costantemente tweet di persone che ci ricordano se siamo arrivati in ritardo a lavoro o commentano gli outfit o magari piccole gag che accadono in studio. Io però sono esattamente sotto la webcam (vicino al serpente) per cui è impossibile vedermi e questo mi risolve il problema della privacy.

Sagmeister & Walsh nude

Ok balls, great tits. A new nude photo to celebrate our new site” – ci dici la tua su quella foto?

È diventato un marchio di fabbrica ormai. Mette in luce il fatto che chi vuole lavorare con o per Sagmeister & Walsh deve poter metter in gioco qualcosa di se stesso. Deve mettersi a nudo e liberarsi dei pregiudizi e dalle catene della moralità. La foto è stata scattata tanti mesi fa per cui io mi sono salvato dalla performance. Ci tengo a sottolineare che nessuno è stato costretto a prendere parte allo scatto e chi ha partecipato era perfettamente conscio di ciò che avrebbe implicato.

Qual è la parte più difficile del tuo lavoro?

Mantenersi creativi (qualunque cosa voglia dire questa parola). Essere sempre critici e autocritici. Evitare le mode e personalmente evitare gli stili.

Tra i tuoi lavori tre in particolare hanno attirato la nostra attenzione per la cura del dettaglio, l’approccio artigianale e insieme innovativo: “The Scarab” per il centro culturale Onassis ad Atene, “Hummingbird” un libro interamente realizzato a mano e il poster “Womade” realizzato durante l’evento milanese. Ci racconti come sono nati?

Ciò che accomuna questi 3 progetti è la volontà di evadere dal quotidiano lavoro grafico   davanti a uno schermo. Sono lavori che ho svolto interamente a mano dalla A alla Z.

Womade è un poster in 3 dimensioni che ho realizzato durante l’evento milanese Womade. Su più di 30 livelli ho inciso la “W” di Womade appunto. Diciamo che la difficoltà di svolgere un lavoro Live, oltre a saper gestire la tensione che si accumula, è la consapevolezza di aver un tempo limitato e di non poter assolutamente sbagliare tagliando la carta.
womade - matteo pani
The scarab è un progetto che nasce dalla collaborazione con il centro di arte contemporanea Onassis di Atene (dove l’opera si trova permanentemente). Il mio intervento è stato curato dall’agenzia londinese Double Decker che mi ha fornito la Moleskine su cui ho intagliato uno scarabeo in 50 livelli. Nella tradizione iconografica egizia, e successivamente anche greca, lo scarabeo rappresenta il simbolo di rigenerazione. La mia volontà è stata quella di regalare un simbolo positivo alla Grecia che, oggigiorno, affronta una profonda crisi. Avendo a disposizione una sola copia dell’agenda, anche in questo caso avevo un’unica possibilità di eseguire il lavoro correttamente.

scarab - matteo pani

Hummingbird è stato commissionato da Naresh Ramchandani, partner di Pentagram. Ho avuto la fortuna di conoscerlo a Londra ed è rimasto colpito dalle mie incisioni. In questo caso, oltre a scolpire su 80 livelli di carta, ho deciso di realizzare a mano anche la copertina rigida del libro e la confezione che lo contiene. Questo è in assoluto il lavoro di incisione a cui sono maggiormente legato.

hummingbird - matteo pani

In che modo la Sardegna influenza quello che fai e come quell’anima tribale e antica si concilia con il fervore newyorchese?

Porto con me la tradizione sarda dei colori e delle geometrie. Poiché la cultura Sarda è ancora inesplorata o persino sottovalutata, spero di poter usare questo svantaggio come motore per alimentare la ricerca di una personale identità grafica. New York e la Sardegna sono romanticamente inconciliabili e spero di poter sfruttare questo dialogo su 2 livelli separati per potermi distinguere dalle infinite menti artistiche che si trovano a New York. Un po’ come a suo tempo fece Costantino Nivola.

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Central Park,
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