Elisa DueBì, illustratrice e fumettista: vivo una vita spericolata per il gusto di raccontarla

About the Author: Alessia

Published On: 22 Febbraio 2019

Tempo stimato per la lettura: 4,2 minuti

Elisa Beli Borrelli, in arte Elisa DueBì, è una illustratrice e fumettista che ci ha raccontato una parte di sé e del suo lavoro, da come elabori gli eventi spiacevoli mettendoli sotto forma di illustrazione, fino a un sogno che faceva sin da bambina…

Elisa dall’Accademia di Belle Arti di Torino, ha studiato fumetto in Belgio e ha pubblicato diversi volumi, tra i quali ricordiamo: una storia a fumetti, scritta da Cristina Vezzaro e presente nell’antologia Novel, edita dalla Eris Edizioni e Accademia Albertina Press, e una serie di illustrazioni per L’incontro. Scene e ricordi di vita di un sinto piemontesedi Giovanni Cena (Romolo) ed edito da Alzani Editore. Collabora con il collettivo La Stanza e ha realizzato la graphic novel La Chiamata per BeccoGiallo Edizioni. Elisa sempre per BeccoGiallo ha all’attivo anche I segreti di David Lynch, su sceneggiatura di Matteo Marino.

“Si dice che casa è dove sta il cuore,
io dico che il cuore sta dove la testa riposa.
La mia non si è fermata un attimo, da quando sono nata.
Forse il punto è che sono fatta così. E basta.
Dovrei sentirmi fuori posto per questo?”

Nelia, protagonista del libro La chiamata, è un’anima inquieta. È la ragazza in prima persona a narrarci la sua storia e ciò che apprendiamo, fin da subito, è la sua convinzione di sentirsi un’aliena. Una convinzione che le farà vivere una vera e propria odissea e che la porterà a cercare quelli che lei crede suoi simili…

Ci racconti del tuo libro “La chiamata”? Da cosa è nata l’esigenza di realizzare questo progetto?
Quando ho cominciato a scriverlo erano passati anni dall’ultima volta che avevo fatto qualcosa che riguardasse anche solo vagamente il fumetto. Frequentavo un corso all’Accademia che richiedeva che io facessi character design e, piano piano, si è fatta strada dentro me l’idea di utilizzare quelle competenze che stavo acquisendo per realizzare qualcosa di cui potessi andare fiera. E siccome era da tanto che sognavo di raccontare una serie di avvenimenti che mi avevano fatta soffrire – per liberarmene – ho scelto di ricominciare da lì. In generale il modo migliore che ho di elaborare eventi spiacevoli, è metterli in forma di fumetto e illustrazione.

Cosa ci puoi dire invece dell’antologico Ghost Stories, a cui hai partecipato con un tuo lavoro?
Che mi sarebbe piaciuto fare di più! Quando mi hanno chiamata per partecipare avevo poco tempo e ho realizzato una singola illustrazione; una parte di me avrebbe voluto rifarla da capo ma non è stato possibile. Per il resto, l’unico modo di scoprire di più a riguardo è comprare il volume!

Quali tecniche utilizzi per le illustrazioni?
Ormai prevalentemente il digitale, ho cominciato a utilizzarlo per ragioni pratico-economiche e alla fine è diventato il mezzo che prediligo. Continuo comunque a lavorare a mano, non posso farne a meno.

Cosa significa per te la parola creatività?
Significa riappropriarsi di una forma di potere espressivo che tutti abbiamo. È uno spazio espositivo, una stanza trasparente chiusa a chiave dall’interno, il cui contenuto sta in bella vista davanti al mondo intero.

Come ti vedi fra 3 anni, professionalmente parlando?
Più che vedermi in un certo modo, mi auguro di avvicinarmi sempre di più alla realizzazione di una storia che per il momento è, in grande parte, nella mia testa. E al sogno di diventare un’insegnante.

Chi sono le tue fonti di ispirazione, chi osservi, leggi, studi, che cosa ti colpisce oggi?
In questo momento sto facendo pace con la cultura giapponese, che una parte di me aveva messo da parte. Inoltre sto cercando di recuperare tutto quello che mi sono persa finora di Manu Larcenet, Chris Ware e Shaun Tan; autori che amo molto, ma di cui ancora devo completare il quadro.

Da bambina cosa sognavi di diventare?
L’unica cosa che mi interessava da piccola era essere un guerriero Z. Ho cominciato a fare fumetti per sentirmi parte del mondo di Dragonball e, in un certo senso, speravo che passare all’età adulta avrebbe significato entrarci dentro definitivamente. Contemporaneamente pensavo che sarebbe stato bello realizzare io stessa, gli episodi della serie, per cui mi impegnavo molto per diventare una brava disegnatrice. Poi ho letto “La mia vita disegnata male” di Gipi e ho deciso che avrei vissuto una vita spericolata giusto per il gusto di raccontarla. Ed eccoci qua.

A cosa ti stai dedicando adesso?
Al prossimo libro per BeccoGiallo – una raccolta delle mie illustrazioni – e a un paio di cose di cui spero di poter parlare presto. Muoverò nuovi passi verso i miei obiettivi. Sperando che questa strada mi riservi sorprese piacevoli. Restate sintonizzati!

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Elisa DueBì, illustratrice e fumettista: vivo una vita spericolata per il gusto di raccontarla

Published On: 22 Febbraio 2019

About the Author: Alessia

Tempo stimato per la lettura: 13 minuti

Elisa Beli Borrelli, in arte Elisa DueBì, è una illustratrice e fumettista che ci ha raccontato una parte di sé e del suo lavoro, da come elabori gli eventi spiacevoli mettendoli sotto forma di illustrazione, fino a un sogno che faceva sin da bambina…

Elisa dall’Accademia di Belle Arti di Torino, ha studiato fumetto in Belgio e ha pubblicato diversi volumi, tra i quali ricordiamo: una storia a fumetti, scritta da Cristina Vezzaro e presente nell’antologia Novel, edita dalla Eris Edizioni e Accademia Albertina Press, e una serie di illustrazioni per L’incontro. Scene e ricordi di vita di un sinto piemontesedi Giovanni Cena (Romolo) ed edito da Alzani Editore. Collabora con il collettivo La Stanza e ha realizzato la graphic novel La Chiamata per BeccoGiallo Edizioni. Elisa sempre per BeccoGiallo ha all’attivo anche I segreti di David Lynch, su sceneggiatura di Matteo Marino.

“Si dice che casa è dove sta il cuore,
io dico che il cuore sta dove la testa riposa.
La mia non si è fermata un attimo, da quando sono nata.
Forse il punto è che sono fatta così. E basta.
Dovrei sentirmi fuori posto per questo?”

Nelia, protagonista del libro La chiamata, è un’anima inquieta. È la ragazza in prima persona a narrarci la sua storia e ciò che apprendiamo, fin da subito, è la sua convinzione di sentirsi un’aliena. Una convinzione che le farà vivere una vera e propria odissea e che la porterà a cercare quelli che lei crede suoi simili…

Ci racconti del tuo libro “La chiamata”? Da cosa è nata l’esigenza di realizzare questo progetto?
Quando ho cominciato a scriverlo erano passati anni dall’ultima volta che avevo fatto qualcosa che riguardasse anche solo vagamente il fumetto. Frequentavo un corso all’Accademia che richiedeva che io facessi character design e, piano piano, si è fatta strada dentro me l’idea di utilizzare quelle competenze che stavo acquisendo per realizzare qualcosa di cui potessi andare fiera. E siccome era da tanto che sognavo di raccontare una serie di avvenimenti che mi avevano fatta soffrire – per liberarmene – ho scelto di ricominciare da lì. In generale il modo migliore che ho di elaborare eventi spiacevoli, è metterli in forma di fumetto e illustrazione.

Cosa ci puoi dire invece dell’antologico Ghost Stories, a cui hai partecipato con un tuo lavoro?
Che mi sarebbe piaciuto fare di più! Quando mi hanno chiamata per partecipare avevo poco tempo e ho realizzato una singola illustrazione; una parte di me avrebbe voluto rifarla da capo ma non è stato possibile. Per il resto, l’unico modo di scoprire di più a riguardo è comprare il volume!

Quali tecniche utilizzi per le illustrazioni?
Ormai prevalentemente il digitale, ho cominciato a utilizzarlo per ragioni pratico-economiche e alla fine è diventato il mezzo che prediligo. Continuo comunque a lavorare a mano, non posso farne a meno.

Cosa significa per te la parola creatività?
Significa riappropriarsi di una forma di potere espressivo che tutti abbiamo. È uno spazio espositivo, una stanza trasparente chiusa a chiave dall’interno, il cui contenuto sta in bella vista davanti al mondo intero.

Come ti vedi fra 3 anni, professionalmente parlando?
Più che vedermi in un certo modo, mi auguro di avvicinarmi sempre di più alla realizzazione di una storia che per il momento è, in grande parte, nella mia testa. E al sogno di diventare un’insegnante.

Chi sono le tue fonti di ispirazione, chi osservi, leggi, studi, che cosa ti colpisce oggi?
In questo momento sto facendo pace con la cultura giapponese, che una parte di me aveva messo da parte. Inoltre sto cercando di recuperare tutto quello che mi sono persa finora di Manu Larcenet, Chris Ware e Shaun Tan; autori che amo molto, ma di cui ancora devo completare il quadro.

Da bambina cosa sognavi di diventare?
L’unica cosa che mi interessava da piccola era essere un guerriero Z. Ho cominciato a fare fumetti per sentirmi parte del mondo di Dragonball e, in un certo senso, speravo che passare all’età adulta avrebbe significato entrarci dentro definitivamente. Contemporaneamente pensavo che sarebbe stato bello realizzare io stessa, gli episodi della serie, per cui mi impegnavo molto per diventare una brava disegnatrice. Poi ho letto “La mia vita disegnata male” di Gipi e ho deciso che avrei vissuto una vita spericolata giusto per il gusto di raccontarla. Ed eccoci qua.

A cosa ti stai dedicando adesso?
Al prossimo libro per BeccoGiallo – una raccolta delle mie illustrazioni – e a un paio di cose di cui spero di poter parlare presto. Muoverò nuovi passi verso i miei obiettivi. Sperando che questa strada mi riservi sorprese piacevoli. Restate sintonizzati!

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