Giulio Voce, cantautore: “La creatività è rendere unico il momento, è fermarlo nel tempo”

About the Author: Alessia

Published On: 15 Agosto 2020

Tempo stimato per la lettura: 9,7 minuti

Giulio Voce, è un cantautore romano classe 1986.

Cantautore pirata e poeta del mare, suggestionato dalla tradizione italiana del cantautorato, dal Rock ‘n’ Roll anglosassone e dal punk che ha segnato la generazione degli anni ’90, Voce ha rielaborato tutti questi spunti in chiave personale come ha dimostrato nei tre EP finora pubblicati: Lithos, Terra Bruciata e il più recente, omonimo, Voce.

Si è finora esibito su diversi palcoscenici come la Casa del Jazz, Jailbreak, Teatro Arciliuto, Gilda, Contestaccio, Sanremo Giovani, Musicultura, Musiche Festival, La Notte Bianca del X Municipio di Roma, Assisi OveRock, Cave in Rock, MarteLive, Cantagiro e Stazione Birra.

È con Terra Bruciata (2016) che Giulio diventa fautore di un genere tutto suo in cui riesce a far convergere vari linguaggi raccontando la vita prima di dispiegarla proprio come accade con le vele… Nel 2019, grazie all’Ep Voce nel quale pulsano atmosfere che fuggevoli e moltiplici, a ricordare la fragilità umana.

Quando hai iniziato e perché? Qual è stato il motivo che ti ha fatto scegliere questo mestiere?
Ho iniziato all’età di 12 anni, folgorato da un videoclip musicale degli “Offspring”: “Pretty Fly (for a white guy)”. All’epoca non ascoltavo molta musica, vivevo un po’ fuori dal mondo; poi un mio amico mi consigliò di iniziare a vedere Mtv, come facevano tutti e… improvvisamente rimasi colpito da quella canzone e dal video. Ho pensato subito “ok, devo fare questo nella vita! Voglio suonare, cantare e stare su un palco”!
Forse, siccome nella vita reale sono abbastanza timido e tendo a “stare sulle mie”, ho percepito la musica come il vero momento nel quale potevo esprimere me stesso al 100%. Così decisi di iniziare a suonare la chitarra, cominciando con la classica. Sono partito con il punk rock per poi spaziare attraverso tantissimi generi musicali, dai cantautori al rock anni ‘70, passando per la musica folk etc.
Ho suonato in varie cover band finché, all’età di 19 anni, ho iniziato a scrivere canzoni mie per poi pubblicare, nel corso degli anni, un album e due EP.

Perché ti definisci “cantautore pirata”?
Questa definizione è nata un po’ per gioco durante le ultime dirette, immersi nel periodo di quarantena!
In effetti sto scrivendo un concept album che parla di mare, di viaggio, di pirati appunto. Ma ci sto mettendo dentro anche temi di vita quotidiana moderna, elementi classici etc. : mi piace l’idea che possa essere ascoltato da tutti e che ognuno ci si possa immedesimare. Per l’ispirazione mi sono lasciato suggestionare dalla lettura de “La trilogia dei pirati” firmata da Valerio Evangelisti.
Di sicuro la figura del pirata richiama prepotentemente alla liberà, che è un perno fondante di tutte le mie canzoni, composizioni, poesie e in generale di tutte le mie espressioni artistiche: mi ispiro ad una figura indipendente e svincolata da regole precostituite e preconcetti morali, una sorta di “principe libero” come De André stesso ha volute ricordare nell’album “Le Nuvole”, prendendo una frase di un pirata realmente esistito: Mattew Bellamy.
Una figura quindi un po’ romantica, un po’ scanzonata…a volte leggera, a volte più riflessiva, comunque sempre e costantemente rock. Basta pensare a Keith Richards, che è stato di ispirazione per il personaggio di Jack Sparrow nella saga de “I Pirati dei Caraibi”!
E poi forse quest’idea del cantautore pirata è iniziata a serpeggiare durante le mie dirette perché, dietro di me, c’è sempre la mia fedelissima “Jolie Rouge”, la bandiera pirata appunto con il teschio e le tibie incrociate, a vegliare sulla mia musica e sulle conversazioni che intrattengo – virtualmente – con tutti coloro che mi seguono! Infatti questa cosa è piaciuta parecchio alle persone, che hanno iniziato a immedesimarsi molto, come se fossero una ciurma appunto, e io il loro capitano se vogliamo, tutti pronti a salpare insieme in un mare di note, parole…ed emozioni ovviamente.

Cosa significa per te il mare.
Libertà, anche a costo di ripetermi. Il mare torna spesso nelle mie canzoni, dal primo album “Lithos”, fino all’ultimo EP pubblicato “Voce”, passando ovviamente per questo concept album che sto scrivendo e da cui è stato tratto il nuovo videoclip del singolo “Tortuga”.
Il mare mi ha sempre affascinato sin da quando ero piccolo: saranno le mie origini calabresi o il fascino che esercita su di me il Circeo ad esempio, dove spesso mi reco per prendere ispirazione e parlare con la Maga Circe, alla quale ho dedicato anche una canzone e un videoclip: “Il Volto della Maga”, chissà.
Il mare che spaventa e affascina; il gusto dell’ignoto, dell’infinito; l’idea di spostarsi da un porto all’altro, il silenzio meraviglioso che si può godere sopra una barchetta in mezzo al mare, dove ti senti parte di un tutto, dell’universo, dove non hai bisogno di nient’altro.
Il mare come malinconia: un tramonto, una riflessione, vissuti a volte cazzeggiando, a volte commuovendosi.
Il mare come momento di sguardi, di flirt, di amori e passioni, proprio come nella canzone “C’eri tu”.

Il tuo rapporto con Roma…
Odi et amo.
Lo dico sempre: amore e odio. Roma è una fonte inesauribile di ispirazione e di storie. Ho scritto tantissimo perso nei quartieri, nelle vie, nelle notti romane. Tra osterie, locali, pub, piazze. Tra storie vissute, tra storie di altri. Roma è magica ma allo stesso tempo è pesante, a volte ti opprime, a volte ho bisogno di scappare.
Diciamo che c’è una sorta di dualità nelle mie canzoni: quelle più “urbane” appunto, più istintive e di pancia e quelle magari più “poetiche/romantiche” dove riesco ad estraniarmi dal caos cittadino, nelle quali ho trovato un raro momento di serenità e ho preso ispirazione proprio da quest’ultimo.

Cosa significa per te la parola creatività?
Non so con esattezza. Credo semplicemente nella necessità di cercare di trasformare in qualcosa di bello una sensazione (anche negativa), un‘emozione o un sentimento. Anche una chiacchierata, un episodio. Cercare di renderlo unico, come un qualcosa che resta fermo nel tempo e del quale tutti ne possono godere o nel quale tutti finiscono per immedesimarsi: ecco, per me questa può essere l’essenza stessa della creatività.

Come hai vissuto il momento di lockdown?
Devo dire che l’ho vissuto come una specie di rinascita, come una fenice che risorge dalle sue ceneri. Venivo da un momento molto negativo della mia vita e potevo abbattermi ulteriormente ancora di più. Invece è stato il momento giusto per riprendere in mano quello che amo di più: la musica, appunto. Tornare a scrivere a creare… mi sono reinventato, ho iniziato a fare dirette, cosa che prima evitavo come la peste… lo confesso, non ero molto social!
Durante il lockdown ho avuto un bellissimo rapporto con I fan, basato sullo scambio continuo sia di ispirazione che di affetto. Ho conosciuto persone meravigliose, seppur virtualmente, piene di stimoli e di spunti, finendo per trovare una bellissima ciurma.
Per questo motivo ho sempre cercato di differenziare i vari format, passando dalle dirette prevalentemente suonate, alle interviste fino a momenti di sano “cazzeggio” con I fan. È stato molto divertente e stimolante.

Le tue fonti di ispirazione? Nella Musica e non…
Sono tanti e sono vari: Guccini e De André su tutti come cantautori. Ma come non citare Rino Gaetano, Battiato, Paolo conte , Bennato e tanti altri? Poi ci sono i grandi miti del rock come Elvis o Johnny Cash. Impossibile non citare gli anni ‘70: I Doors, I Led Zeppelin, I Creedence Clearwater Revival, e poi i Rolling Stones! Ovviamente il punk con il quale sono cresciuto e che tuttora ascolto: I Green Day, gli Offspring, Rancid e Social Distortion. Ma anche l’Hard Rock quanto la musica classica, la musica medievale e il folk.
Letteratura…beh I classici, I miti greci. La figura di Odisseo in particolare. Poi i romanzi storici, il medioevo. Un po’ di alchimia, esoterismo, filosofia….potrei farne un elenco sconfinato.
I romanzi d’avventura, Il Signore degli Anelli…. E poi il Conte di Montecristo, uno dei miei romanzi preferiti! Senza disdegnare anche l’influenza di alcuni noir e dei gialli.

La prima canzone che ricordi di aver ascoltato da bambino.
Non so quale sia stata la prima onestamente, ma quella che di sicuro ricordo con grande affetto e che lego alla mia infanzia è senza dubbio “L’isola che non c’è” di Edoardo Bennato.

Il tuo motto.
Non ho un motto in particolare… mi viene in mente una frase di una canzone che ho scritto e che fa parte del concept di cui parlavo poco fa; la canzone si chiama “Blu profondo”:
“Libertà è un blu profondo che si tingerà di rosso all’orizzonte”.

Progetti per il futuro.
Sicuramente c’è la volontà di “cristallizzare” il concept che sto scrivendo in un album e quindi portarlo in studio di registrazione e poi distribuirlo.
Inoltre, visto che avrei dovuto suonare all’Auditorium Parco della Musica di Roma e visto che avrei sostenuto anche un tour estivo, che, ahimè, è saltato causa COVID-19, ho deciso di inventarmi un format per fare un tour più “casareccio”: Si chiama #cantautoreadomicilio, ne ha parlato anche TgCom24 e altri media, perché devo dire che ha già suscitato molta curiosità e interesse.
L’idea è nata quasi per scherzo, durante la quarantena, parlando con I miei fan che mi hanno proposto di andare a suonare nelle loro case vista l’impossibilità di esibirsi nei locali pubblici ancora per un po’. Sono iniziate ad arrivare tante adesioni da tutta Italia, da nord a sud; infatti credo che dividerò il tour almeno in due parti e sarà tutto documentato: l’idea sarebbe quella di realizzarne un docu-film, visto che infatti sarò accompagnato da altre figure professionali durante il mio viaggio.
L’idea è quella di un “baratto” tra fan e artista: io vengo a suonare da te e tu metti a disposizione uno spazio, che sia una casa, un giardino, una barca (sì, ci sarà anche una barca in quel di Ancona!) etc; si offre pure un bel pranzo/cena e via: tutto questo per dar vita a un momento di scambio, di convivialità e condivisione sempre attenendosi ai protocolli di sicurezza legati al COVID.
Siccome le mie dirette Instagram e Facebook erano molto seguite e mooolto interattive, mi piace l’idea di trasformarle in qualcosa di reale, con lo stesso spirito “casereccio” che le anima alla base di questo viaggio on the road; informazioni sul tour #cantautoreadomicilio si possono trovare sui miei social (Instagram e Facebook, @giuliovoce) oppure tutti coloro interessati possono sempre contattarmi su quest’ultimi o mandando una mail a giuliovocepressoffice@gmail.com, che al momento stiamo utilizzando anche per raccogliere le adesioni al progetto.


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Giulio Voce, è un cantautore romano classe 1986.

Cantautore pirata e poeta del mare, suggestionato dalla tradizione italiana del cantautorato, dal Rock ‘n’ Roll anglosassone e dal punk che ha segnato la generazione degli anni ’90, Voce ha rielaborato tutti questi spunti in chiave personale come ha dimostrato nei tre EP finora pubblicati: Lithos, Terra Bruciata e il più recente, omonimo, Voce.

Si è finora esibito su diversi palcoscenici come la Casa del Jazz, Jailbreak, Teatro Arciliuto, Gilda, Contestaccio, Sanremo Giovani, Musicultura, Musiche Festival, La Notte Bianca del X Municipio di Roma, Assisi OveRock, Cave in Rock, MarteLive, Cantagiro e Stazione Birra.

È con Terra Bruciata (2016) che Giulio diventa fautore di un genere tutto suo in cui riesce a far convergere vari linguaggi raccontando la vita prima di dispiegarla proprio come accade con le vele… Nel 2019, grazie all’Ep Voce nel quale pulsano atmosfere che fuggevoli e moltiplici, a ricordare la fragilità umana.

Quando hai iniziato e perché? Qual è stato il motivo che ti ha fatto scegliere questo mestiere?
Ho iniziato all’età di 12 anni, folgorato da un videoclip musicale degli “Offspring”: “Pretty Fly (for a white guy)”. All’epoca non ascoltavo molta musica, vivevo un po’ fuori dal mondo; poi un mio amico mi consigliò di iniziare a vedere Mtv, come facevano tutti e… improvvisamente rimasi colpito da quella canzone e dal video. Ho pensato subito “ok, devo fare questo nella vita! Voglio suonare, cantare e stare su un palco”!
Forse, siccome nella vita reale sono abbastanza timido e tendo a “stare sulle mie”, ho percepito la musica come il vero momento nel quale potevo esprimere me stesso al 100%. Così decisi di iniziare a suonare la chitarra, cominciando con la classica. Sono partito con il punk rock per poi spaziare attraverso tantissimi generi musicali, dai cantautori al rock anni ‘70, passando per la musica folk etc.
Ho suonato in varie cover band finché, all’età di 19 anni, ho iniziato a scrivere canzoni mie per poi pubblicare, nel corso degli anni, un album e due EP.

Perché ti definisci “cantautore pirata”?
Questa definizione è nata un po’ per gioco durante le ultime dirette, immersi nel periodo di quarantena!
In effetti sto scrivendo un concept album che parla di mare, di viaggio, di pirati appunto. Ma ci sto mettendo dentro anche temi di vita quotidiana moderna, elementi classici etc. : mi piace l’idea che possa essere ascoltato da tutti e che ognuno ci si possa immedesimare. Per l’ispirazione mi sono lasciato suggestionare dalla lettura de “La trilogia dei pirati” firmata da Valerio Evangelisti.
Di sicuro la figura del pirata richiama prepotentemente alla liberà, che è un perno fondante di tutte le mie canzoni, composizioni, poesie e in generale di tutte le mie espressioni artistiche: mi ispiro ad una figura indipendente e svincolata da regole precostituite e preconcetti morali, una sorta di “principe libero” come De André stesso ha volute ricordare nell’album “Le Nuvole”, prendendo una frase di un pirata realmente esistito: Mattew Bellamy.
Una figura quindi un po’ romantica, un po’ scanzonata…a volte leggera, a volte più riflessiva, comunque sempre e costantemente rock. Basta pensare a Keith Richards, che è stato di ispirazione per il personaggio di Jack Sparrow nella saga de “I Pirati dei Caraibi”!
E poi forse quest’idea del cantautore pirata è iniziata a serpeggiare durante le mie dirette perché, dietro di me, c’è sempre la mia fedelissima “Jolie Rouge”, la bandiera pirata appunto con il teschio e le tibie incrociate, a vegliare sulla mia musica e sulle conversazioni che intrattengo – virtualmente – con tutti coloro che mi seguono! Infatti questa cosa è piaciuta parecchio alle persone, che hanno iniziato a immedesimarsi molto, come se fossero una ciurma appunto, e io il loro capitano se vogliamo, tutti pronti a salpare insieme in un mare di note, parole…ed emozioni ovviamente.

Cosa significa per te il mare.
Libertà, anche a costo di ripetermi. Il mare torna spesso nelle mie canzoni, dal primo album “Lithos”, fino all’ultimo EP pubblicato “Voce”, passando ovviamente per questo concept album che sto scrivendo e da cui è stato tratto il nuovo videoclip del singolo “Tortuga”.
Il mare mi ha sempre affascinato sin da quando ero piccolo: saranno le mie origini calabresi o il fascino che esercita su di me il Circeo ad esempio, dove spesso mi reco per prendere ispirazione e parlare con la Maga Circe, alla quale ho dedicato anche una canzone e un videoclip: “Il Volto della Maga”, chissà.
Il mare che spaventa e affascina; il gusto dell’ignoto, dell’infinito; l’idea di spostarsi da un porto all’altro, il silenzio meraviglioso che si può godere sopra una barchetta in mezzo al mare, dove ti senti parte di un tutto, dell’universo, dove non hai bisogno di nient’altro.
Il mare come malinconia: un tramonto, una riflessione, vissuti a volte cazzeggiando, a volte commuovendosi.
Il mare come momento di sguardi, di flirt, di amori e passioni, proprio come nella canzone “C’eri tu”.

Il tuo rapporto con Roma…
Odi et amo.
Lo dico sempre: amore e odio. Roma è una fonte inesauribile di ispirazione e di storie. Ho scritto tantissimo perso nei quartieri, nelle vie, nelle notti romane. Tra osterie, locali, pub, piazze. Tra storie vissute, tra storie di altri. Roma è magica ma allo stesso tempo è pesante, a volte ti opprime, a volte ho bisogno di scappare.
Diciamo che c’è una sorta di dualità nelle mie canzoni: quelle più “urbane” appunto, più istintive e di pancia e quelle magari più “poetiche/romantiche” dove riesco ad estraniarmi dal caos cittadino, nelle quali ho trovato un raro momento di serenità e ho preso ispirazione proprio da quest’ultimo.

Cosa significa per te la parola creatività?
Non so con esattezza. Credo semplicemente nella necessità di cercare di trasformare in qualcosa di bello una sensazione (anche negativa), un‘emozione o un sentimento. Anche una chiacchierata, un episodio. Cercare di renderlo unico, come un qualcosa che resta fermo nel tempo e del quale tutti ne possono godere o nel quale tutti finiscono per immedesimarsi: ecco, per me questa può essere l’essenza stessa della creatività.

Come hai vissuto il momento di lockdown?
Devo dire che l’ho vissuto come una specie di rinascita, come una fenice che risorge dalle sue ceneri. Venivo da un momento molto negativo della mia vita e potevo abbattermi ulteriormente ancora di più. Invece è stato il momento giusto per riprendere in mano quello che amo di più: la musica, appunto. Tornare a scrivere a creare… mi sono reinventato, ho iniziato a fare dirette, cosa che prima evitavo come la peste… lo confesso, non ero molto social!
Durante il lockdown ho avuto un bellissimo rapporto con I fan, basato sullo scambio continuo sia di ispirazione che di affetto. Ho conosciuto persone meravigliose, seppur virtualmente, piene di stimoli e di spunti, finendo per trovare una bellissima ciurma.
Per questo motivo ho sempre cercato di differenziare i vari format, passando dalle dirette prevalentemente suonate, alle interviste fino a momenti di sano “cazzeggio” con I fan. È stato molto divertente e stimolante.

Le tue fonti di ispirazione? Nella Musica e non…
Sono tanti e sono vari: Guccini e De André su tutti come cantautori. Ma come non citare Rino Gaetano, Battiato, Paolo conte , Bennato e tanti altri? Poi ci sono i grandi miti del rock come Elvis o Johnny Cash. Impossibile non citare gli anni ‘70: I Doors, I Led Zeppelin, I Creedence Clearwater Revival, e poi i Rolling Stones! Ovviamente il punk con il quale sono cresciuto e che tuttora ascolto: I Green Day, gli Offspring, Rancid e Social Distortion. Ma anche l’Hard Rock quanto la musica classica, la musica medievale e il folk.
Letteratura…beh I classici, I miti greci. La figura di Odisseo in particolare. Poi i romanzi storici, il medioevo. Un po’ di alchimia, esoterismo, filosofia….potrei farne un elenco sconfinato.
I romanzi d’avventura, Il Signore degli Anelli…. E poi il Conte di Montecristo, uno dei miei romanzi preferiti! Senza disdegnare anche l’influenza di alcuni noir e dei gialli.

La prima canzone che ricordi di aver ascoltato da bambino.
Non so quale sia stata la prima onestamente, ma quella che di sicuro ricordo con grande affetto e che lego alla mia infanzia è senza dubbio “L’isola che non c’è” di Edoardo Bennato.

Il tuo motto.
Non ho un motto in particolare… mi viene in mente una frase di una canzone che ho scritto e che fa parte del concept di cui parlavo poco fa; la canzone si chiama “Blu profondo”:
“Libertà è un blu profondo che si tingerà di rosso all’orizzonte”.

Progetti per il futuro.
Sicuramente c’è la volontà di “cristallizzare” il concept che sto scrivendo in un album e quindi portarlo in studio di registrazione e poi distribuirlo.
Inoltre, visto che avrei dovuto suonare all’Auditorium Parco della Musica di Roma e visto che avrei sostenuto anche un tour estivo, che, ahimè, è saltato causa COVID-19, ho deciso di inventarmi un format per fare un tour più “casareccio”: Si chiama #cantautoreadomicilio, ne ha parlato anche TgCom24 e altri media, perché devo dire che ha già suscitato molta curiosità e interesse.
L’idea è nata quasi per scherzo, durante la quarantena, parlando con I miei fan che mi hanno proposto di andare a suonare nelle loro case vista l’impossibilità di esibirsi nei locali pubblici ancora per un po’. Sono iniziate ad arrivare tante adesioni da tutta Italia, da nord a sud; infatti credo che dividerò il tour almeno in due parti e sarà tutto documentato: l’idea sarebbe quella di realizzarne un docu-film, visto che infatti sarò accompagnato da altre figure professionali durante il mio viaggio.
L’idea è quella di un “baratto” tra fan e artista: io vengo a suonare da te e tu metti a disposizione uno spazio, che sia una casa, un giardino, una barca (sì, ci sarà anche una barca in quel di Ancona!) etc; si offre pure un bel pranzo/cena e via: tutto questo per dar vita a un momento di scambio, di convivialità e condivisione sempre attenendosi ai protocolli di sicurezza legati al COVID.
Siccome le mie dirette Instagram e Facebook erano molto seguite e mooolto interattive, mi piace l’idea di trasformarle in qualcosa di reale, con lo stesso spirito “casereccio” che le anima alla base di questo viaggio on the road; informazioni sul tour #cantautoreadomicilio si possono trovare sui miei social (Instagram e Facebook, @giuliovoce) oppure tutti coloro interessati possono sempre contattarmi su quest’ultimi o mandando una mail a giuliovocepressoffice@gmail.com, che al momento stiamo utilizzando anche per raccogliere le adesioni al progetto.


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