Filippo Di Piramo, animatore 2D: “La creatività è caratterizzante della nostra epoca perché non ci riconosciamo più nei valori dei nostri padri”

About the Author: Alessia

Published On: 28 Settembre 2019

Tempo stimato per la lettura: 5,4 minuti

“La creatività è il rifugio dalla disumanizzazione come effetto del capitalismo, del consumismo e della globalizzazione”

Così Filippo Di Piramo, classe 1988, uno dei finalisti nella sezione Videoarte che parteciperà alla prossima Biennale MArteLive.
Frequenta a Roma il liceo scientifico Louis Pasteur. Si trasferisce a Torino per seguire il corso di Cinema d’Animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia sede Piemonte.

Frank è il nome del suo videoclip.
“Ogni volta che Frank guarda se stesso cade in uno stato di alienazione mentale: entra dentro il suo Io e viene tormentato dalle paranoie che infestano la sua mente”

Ci racconti l’esperienza con MArteLive? Perché hai deciso di partecipare e quali sono le tue aspettative sulla finale?
Ho conosciuto MArteLive su internet mentre mi informavo sui festival attraverso i quali potevo promuovere il videoclip “Frank” che adesso si trova in finale; mi sono accorto subito che non era un festival come gli altri per la trasversalità con cui unisce tantissime discipline artistiche e l’attenzione che pone verso i talenti emergenti.
Per questo motivo ho deciso di inviare il videoclip, essendo questo il primo cortometraggio che invio ai festival – in più in altre categorie del MArteLive ha partecipato anche mio fratello che fa parte del gruppo che ha scritto la canzone su cui poi ho realizzato“Frank”. Per adesso quindi si è rivelata una scelta azzeccata, anche perché la finale si svolge a Roma che è la mia città di origine.

Come si sta sviluppando la tua attività artistica?
Io mi ritengo un creativo più che un’artista, comunque lo sviluppo della mia attività artistica va di pari passo con lo sviluppo e il cambiamento dei miei interessi. Se qualcosa mi interessa mi viene voglia di farci un video. Allo stesso modo anche se qualcuno mi offre del denaro, mi viene voglia di fare un video su quello che il committente mi chiede di fare. È famosa una frase di Dalì che dice: “Quando vedo un assegno mi viene subito l’ispirazione”. A parte questo comunque guardandomi per quel poco che posso un attimo indietro, mi accorgo che tutto ciò che ho fatto torna spesso sempre sugli stessi temi ricorrenti, senza che io me ne sia mai accorto –  se non fino a poco fa. Questo rivela il fatto che ciò che produco artisticamente è sempre molto personale, e quindi molte volte poco comprensibile agli altri; l’esperienza che sto sviluppando mi aiuta ad avvicinarmi allo spettatore per far in modo che capisca cosa voglio dire, perché più un mio lavoro è vecchio e più mi rendo conto che è contenutisticamente di difficile comprensione. Personalmente, quindi, crescere artisticamente significa seguire il flusso dei miei interessi e migliorarmi nel riuscire a far capire cosa voglio dire allo spettatore.

La tua definizione di “creatività”.
Io vedo che la diffusione dell’interesse per la creatività attiva è uno dei fenomeni più caratterizzanti della nostra epoca storica, da una parte per merito del progresso della tecnica che ci fornisce i mezzi, dall’altra a causa del fenomeno sociale per cui non ci riconosciamo più nei valori delle generazioni precedenti. È nata quindi una crisi della figura simbolica del padre, crisi dell’autorità, intesa come crisi delle istituzioni, crisi dello Stato, della Chiesa, crisi delle famiglie. Di fronte all’incolpevole inadeguatezza delle istituzioni siamo portati a esplorare nuovi spazi, cercare le risposte che il vuoto comunicativo tra le generazioni non ci ha permesso di avere. La globalizzazione poi ci mette tutti i giorni con forza di fronte al fatto che esistono altri milioni di persone come noi.
La creatività è quindi anche il bisogno di distinguerci, di trovare noi stessi, di individuare cosa ci distingue dagli altri. Per quanto mi riguarda ho sempre visto l’essere umano diviso tra due poli: razionalità ed emotività. Ciò che ci caratterizza di più come esseri umani è la sfera emotiva, quindi ho deciso di fare un lavoro che avesse a che fare con le emozioni, perché mi rende più umano, perché restare umani è una questione di urgenza, considerando il fatto che siamo portati implicitamente ad essere molto prima dei consumatori infelici che degli esseri umani.
La creatività è il rifugio dalla disumanizzazione come effetto del capitalismo, del consumismo e della globalizzazione.

Se non avessi fatto questo lavoro…
Io faccio l’animatore 2D. Le cose che non mi piacciono del mio lavoro sono il fatto che non spendo il mio tempo nell’aiutare materialmente le persone e che mi fa venire il mal di schiena quindi forse avrei lavorato in una Onlus o avrei studiato psicologia.

Quale artista, non del tuo campo, del passato o del presente, è stato per te fonte di ammirazione e ispirazione?
Ammiro due tipi di artisti: quelli che riescono ad arrivare alle persone dopo un attento studio del loro pubblico e in generale quindi della società nella loro specifica epoca storica e quelli che invece all’estremo opposto ci arrivano in maniera estremamente diretta e spontanea. Nel primo caso penso ad artisti come Pasolini o I Cani o a tantissimi comici come Fantozzi o Zalone. Nel secondo caso a tutti quelli che ti arrivano per la loro naturalezza, umanità, verità senza filtri, chi mi viene in mente ora sono Totti, la Sora Lella, Pippo Sowlo.
L’ispirazione invece non l’ho mai cercata in altre forme d’arte ma mi è sempre venuta da cose che non sono arte, perché per me l’arte è l’elaborazione della realtà e non posso rielaborare una cosa che già è stata elaborata. Diventerebbe ridondante e autoreferenziale – come mi sembra sia tanta arte moderna. Mi è capitato di ispirarmi partendo avvolte dalla psicoanalisi di Jung, dal cinismo di Richard Dawkins, da riflessioni disparate di alcuni disparati filosofi, Levinas, Galimberti, Recalcati, Baumann, Camus.

Cosa farai domani.
Attualmente sto lavorando al mio corto di diploma del CSC Animazione, un film di 5 minuti che parla del passaggio dall’adolescenza alla vita adulta usando la simbologia del viaggio e dei ricordi.

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Published On: 28 Settembre 2019

About the Author: Alessia

Tempo stimato per la lettura: 16 minuti

“La creatività è il rifugio dalla disumanizzazione come effetto del capitalismo, del consumismo e della globalizzazione”

Così Filippo Di Piramo, classe 1988, uno dei finalisti nella sezione Videoarte che parteciperà alla prossima Biennale MArteLive.
Frequenta a Roma il liceo scientifico Louis Pasteur. Si trasferisce a Torino per seguire il corso di Cinema d’Animazione del Centro Sperimentale di Cinematografia sede Piemonte.

Frank è il nome del suo videoclip.
“Ogni volta che Frank guarda se stesso cade in uno stato di alienazione mentale: entra dentro il suo Io e viene tormentato dalle paranoie che infestano la sua mente”

Ci racconti l’esperienza con MArteLive? Perché hai deciso di partecipare e quali sono le tue aspettative sulla finale?
Ho conosciuto MArteLive su internet mentre mi informavo sui festival attraverso i quali potevo promuovere il videoclip “Frank” che adesso si trova in finale; mi sono accorto subito che non era un festival come gli altri per la trasversalità con cui unisce tantissime discipline artistiche e l’attenzione che pone verso i talenti emergenti.
Per questo motivo ho deciso di inviare il videoclip, essendo questo il primo cortometraggio che invio ai festival – in più in altre categorie del MArteLive ha partecipato anche mio fratello che fa parte del gruppo che ha scritto la canzone su cui poi ho realizzato“Frank”. Per adesso quindi si è rivelata una scelta azzeccata, anche perché la finale si svolge a Roma che è la mia città di origine.

Come si sta sviluppando la tua attività artistica?
Io mi ritengo un creativo più che un’artista, comunque lo sviluppo della mia attività artistica va di pari passo con lo sviluppo e il cambiamento dei miei interessi. Se qualcosa mi interessa mi viene voglia di farci un video. Allo stesso modo anche se qualcuno mi offre del denaro, mi viene voglia di fare un video su quello che il committente mi chiede di fare. È famosa una frase di Dalì che dice: “Quando vedo un assegno mi viene subito l’ispirazione”. A parte questo comunque guardandomi per quel poco che posso un attimo indietro, mi accorgo che tutto ciò che ho fatto torna spesso sempre sugli stessi temi ricorrenti, senza che io me ne sia mai accorto –  se non fino a poco fa. Questo rivela il fatto che ciò che produco artisticamente è sempre molto personale, e quindi molte volte poco comprensibile agli altri; l’esperienza che sto sviluppando mi aiuta ad avvicinarmi allo spettatore per far in modo che capisca cosa voglio dire, perché più un mio lavoro è vecchio e più mi rendo conto che è contenutisticamente di difficile comprensione. Personalmente, quindi, crescere artisticamente significa seguire il flusso dei miei interessi e migliorarmi nel riuscire a far capire cosa voglio dire allo spettatore.

La tua definizione di “creatività”.
Io vedo che la diffusione dell’interesse per la creatività attiva è uno dei fenomeni più caratterizzanti della nostra epoca storica, da una parte per merito del progresso della tecnica che ci fornisce i mezzi, dall’altra a causa del fenomeno sociale per cui non ci riconosciamo più nei valori delle generazioni precedenti. È nata quindi una crisi della figura simbolica del padre, crisi dell’autorità, intesa come crisi delle istituzioni, crisi dello Stato, della Chiesa, crisi delle famiglie. Di fronte all’incolpevole inadeguatezza delle istituzioni siamo portati a esplorare nuovi spazi, cercare le risposte che il vuoto comunicativo tra le generazioni non ci ha permesso di avere. La globalizzazione poi ci mette tutti i giorni con forza di fronte al fatto che esistono altri milioni di persone come noi.
La creatività è quindi anche il bisogno di distinguerci, di trovare noi stessi, di individuare cosa ci distingue dagli altri. Per quanto mi riguarda ho sempre visto l’essere umano diviso tra due poli: razionalità ed emotività. Ciò che ci caratterizza di più come esseri umani è la sfera emotiva, quindi ho deciso di fare un lavoro che avesse a che fare con le emozioni, perché mi rende più umano, perché restare umani è una questione di urgenza, considerando il fatto che siamo portati implicitamente ad essere molto prima dei consumatori infelici che degli esseri umani.
La creatività è il rifugio dalla disumanizzazione come effetto del capitalismo, del consumismo e della globalizzazione.

Se non avessi fatto questo lavoro…
Io faccio l’animatore 2D. Le cose che non mi piacciono del mio lavoro sono il fatto che non spendo il mio tempo nell’aiutare materialmente le persone e che mi fa venire il mal di schiena quindi forse avrei lavorato in una Onlus o avrei studiato psicologia.

Quale artista, non del tuo campo, del passato o del presente, è stato per te fonte di ammirazione e ispirazione?
Ammiro due tipi di artisti: quelli che riescono ad arrivare alle persone dopo un attento studio del loro pubblico e in generale quindi della società nella loro specifica epoca storica e quelli che invece all’estremo opposto ci arrivano in maniera estremamente diretta e spontanea. Nel primo caso penso ad artisti come Pasolini o I Cani o a tantissimi comici come Fantozzi o Zalone. Nel secondo caso a tutti quelli che ti arrivano per la loro naturalezza, umanità, verità senza filtri, chi mi viene in mente ora sono Totti, la Sora Lella, Pippo Sowlo.
L’ispirazione invece non l’ho mai cercata in altre forme d’arte ma mi è sempre venuta da cose che non sono arte, perché per me l’arte è l’elaborazione della realtà e non posso rielaborare una cosa che già è stata elaborata. Diventerebbe ridondante e autoreferenziale – come mi sembra sia tanta arte moderna. Mi è capitato di ispirarmi partendo avvolte dalla psicoanalisi di Jung, dal cinismo di Richard Dawkins, da riflessioni disparate di alcuni disparati filosofi, Levinas, Galimberti, Recalcati, Baumann, Camus.

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Attualmente sto lavorando al mio corto di diploma del CSC Animazione, un film di 5 minuti che parla del passaggio dall’adolescenza alla vita adulta usando la simbologia del viaggio e dei ricordi.

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