Intervista a Tommaso Fagioli, autore del film A.l.b.e. (A Life Beyond Earth)

About the Author: Alessia

Published On: 31 Marzo 2017

Tempo stimato per la lettura: 4,4 minuti

Abbiamo intervistato Tommaso Fagioli, autore del film di Elisa Fuksas A.l.b.e. (A Life Beyond Earth), della cui lavorazione afferma che “la più delicata è il rapporto con i personaggi-protagonisti di questa storia, che è anche il più eccitante e ricco perché si tratta di persone davvero speciali

Tommaso, sei creatore e manager di Good Short Films, una piattaforma web dedicata ai cortometraggi. Ci puoi raccontare più nello specifico di cosa si tratta?
È un progetto nato con Good Films, casa di distribuzione romana, ma ora indipendente. L’idea era quella di dare risalto a questo formato, snobbatissimo in Italia, e che invece va fortissimo all’estero, sia nei festival, sia come pura fruizione online. Abbiamo in progetto di diventare “festival agency” e produzione/distribuzione corti.

Insieme a Elisa Fuksas sei autore di  A.l.b.e. (A Life Beyond Earth), il progetto si basa su una coraggiosa campagna di crowdfunding. Come mai avete pensato a questa soluzione per il finanziamento?
ALBE è un progetto nato dal nulla, da una fissa sugli alieni mia e di Elisa, inizialmente auto-finanziato, ma è impensabile completare un film, per quanto a basso costo, in questo modo. Per questo siamo ricorsi a Indiegogo, sperando di poter raccogliere parte del budget necessario grazie ai contributi di chi crede in questo progetto e desidera vederlo al cinema.

In un’intervista a proposito del film hai detto “Credo che oggi una maniera per raccontare temi umani sia rilanciarli in chiave cosmica”, cosa intendevi dire?
Che non si può più pensare la vicenda umana solo in chiave terrestre, ma già con un senso di prospettiva oltre la Terra. Anche il pensiero deve gettarsi oltre i confini planetari, immaginare altre destinazioni, immaginare l’uomo che verrà, dopo l’enorme mutazione antropologica che subirà, e che sta già subendo, grazie alla tecnologia. Siamo sempre più vicini a concepirci come una “umanità interplanetaria”. Le recenti scoperte di pianeti abitabili a soli 40 anni luce di distanza, costituiscono uno spartiacque, un punto di non ritorno nella nostra percezione emozionale dello spazio là fuori, un spinta finale al nostro centralismo cosmologico.

Ma tu agli “alieni” ci credi?
Eccome. Sia da un punto di vista statistico, sia intuitivo. I due assi classici di orientamento per dare risposta a questa domanda sono “l’equazione di Drake”, che calcola la probabilità di vista intelligente oltre la Terra nella nostra galassia, e il “paradosso di Fermi”, che si chiede: se le probabilità sono così alte, dove sono tutti quanti? Ci sono varie ipotesi per questo. Io amo citare Carl Sagan che, per rispondere a questa domanda, diceva: “The universe is a pretty big place. If it’s just us, seems like an awful waste of space.” Al di là di questo, dato l’enorme sviluppo tecnologico delle nostre capacità osservative, credo che non siamo lontani dal risolvere il dubbio sull’esistenza della vita nel cosmo: mostruosa coincidenza o imperativo cosmico? E questo avrà delle enormi conseguenze psicologiche su ogni di noi, sia come singoli sia come civiltà.

Qual è l’aspetto più duro di una scrittura per immagini?
Appunto scrivere per immagini. A volte ci si lasca trasportare dall’entusiasmo, dalle proprie suggestioni, dal proprio pensiero. Io poi avendo una forte formazione filosofica mi lascio trasportare dai concetti, dalle idee, ma poi alla fine occorre sempre chiedersi: OK bello – ma si può vedere?

La parte più difficile della lavorazione del tuo film…
La parte più “difficile” nei film è sempre il budget! ALBE ce lo siamo in grandissima parte autofinanziati, ma è impensabile completare un film, per quanto a bassissimo costo, in questo modo.
Mentre invece la parte che definirei più “delicata” è il rapporto con i personaggi-protagonisti di questa storia, che è anche il più eccitante e ricco perché si tratta di persone davvero speciali, terrestri davvero “extra”, e sopratutto generosi, perché mettersi così a disposizione non è affatto scontato. Sono tutte persone che hanno avuto esperienze “aliene” dirette o indirette, o ne sono a conoscenza, e vogliono mandare un messaggio. Allo stesso tempo sono persone assolutamente normali, con una vita, un lavoro, una casa, una famiglia, dei figli.

Si dice che il cinema italiano sia autoreferenziale e provinciale, che sia questo il suo peccato originale. Tu cosa ne pensi?
Non so se è il suo peccato originale, perché il cinema italiano fino alla fine degli anni 70 veniva distribuito in tutto il mondo, specie i film di genere che ahimè non si fanno più: western, polizieschi, horror. La nostra creatività locale piaceva. Poi, per tante ragioni, ci si è persi e ci siamo involuti. Oggi si rischia poco, ci siano troppe sovrastrutture a tutti i livelli, produttivi e creativi. Però qualcosa sta cambiando, la globalizzazione impone un rimescolamento di linguaggi e generi. Prodotti anche locali, ma che sappiano parlare a tutti. Sembra una frase fatta, ma applicarla è difficile.

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Published On: 31 Marzo 2017

About the Author: Alessia

Tempo stimato per la lettura: 13 minuti

Abbiamo intervistato Tommaso Fagioli, autore del film di Elisa Fuksas A.l.b.e. (A Life Beyond Earth), della cui lavorazione afferma che “la più delicata è il rapporto con i personaggi-protagonisti di questa storia, che è anche il più eccitante e ricco perché si tratta di persone davvero speciali

Tommaso, sei creatore e manager di Good Short Films, una piattaforma web dedicata ai cortometraggi. Ci puoi raccontare più nello specifico di cosa si tratta?
È un progetto nato con Good Films, casa di distribuzione romana, ma ora indipendente. L’idea era quella di dare risalto a questo formato, snobbatissimo in Italia, e che invece va fortissimo all’estero, sia nei festival, sia come pura fruizione online. Abbiamo in progetto di diventare “festival agency” e produzione/distribuzione corti.

Insieme a Elisa Fuksas sei autore di  A.l.b.e. (A Life Beyond Earth), il progetto si basa su una coraggiosa campagna di crowdfunding. Come mai avete pensato a questa soluzione per il finanziamento?
ALBE è un progetto nato dal nulla, da una fissa sugli alieni mia e di Elisa, inizialmente auto-finanziato, ma è impensabile completare un film, per quanto a basso costo, in questo modo. Per questo siamo ricorsi a Indiegogo, sperando di poter raccogliere parte del budget necessario grazie ai contributi di chi crede in questo progetto e desidera vederlo al cinema.

In un’intervista a proposito del film hai detto “Credo che oggi una maniera per raccontare temi umani sia rilanciarli in chiave cosmica”, cosa intendevi dire?
Che non si può più pensare la vicenda umana solo in chiave terrestre, ma già con un senso di prospettiva oltre la Terra. Anche il pensiero deve gettarsi oltre i confini planetari, immaginare altre destinazioni, immaginare l’uomo che verrà, dopo l’enorme mutazione antropologica che subirà, e che sta già subendo, grazie alla tecnologia. Siamo sempre più vicini a concepirci come una “umanità interplanetaria”. Le recenti scoperte di pianeti abitabili a soli 40 anni luce di distanza, costituiscono uno spartiacque, un punto di non ritorno nella nostra percezione emozionale dello spazio là fuori, un spinta finale al nostro centralismo cosmologico.

Ma tu agli “alieni” ci credi?
Eccome. Sia da un punto di vista statistico, sia intuitivo. I due assi classici di orientamento per dare risposta a questa domanda sono “l’equazione di Drake”, che calcola la probabilità di vista intelligente oltre la Terra nella nostra galassia, e il “paradosso di Fermi”, che si chiede: se le probabilità sono così alte, dove sono tutti quanti? Ci sono varie ipotesi per questo. Io amo citare Carl Sagan che, per rispondere a questa domanda, diceva: “The universe is a pretty big place. If it’s just us, seems like an awful waste of space.” Al di là di questo, dato l’enorme sviluppo tecnologico delle nostre capacità osservative, credo che non siamo lontani dal risolvere il dubbio sull’esistenza della vita nel cosmo: mostruosa coincidenza o imperativo cosmico? E questo avrà delle enormi conseguenze psicologiche su ogni di noi, sia come singoli sia come civiltà.

Qual è l’aspetto più duro di una scrittura per immagini?
Appunto scrivere per immagini. A volte ci si lasca trasportare dall’entusiasmo, dalle proprie suggestioni, dal proprio pensiero. Io poi avendo una forte formazione filosofica mi lascio trasportare dai concetti, dalle idee, ma poi alla fine occorre sempre chiedersi: OK bello – ma si può vedere?

La parte più difficile della lavorazione del tuo film…
La parte più “difficile” nei film è sempre il budget! ALBE ce lo siamo in grandissima parte autofinanziati, ma è impensabile completare un film, per quanto a bassissimo costo, in questo modo.
Mentre invece la parte che definirei più “delicata” è il rapporto con i personaggi-protagonisti di questa storia, che è anche il più eccitante e ricco perché si tratta di persone davvero speciali, terrestri davvero “extra”, e sopratutto generosi, perché mettersi così a disposizione non è affatto scontato. Sono tutte persone che hanno avuto esperienze “aliene” dirette o indirette, o ne sono a conoscenza, e vogliono mandare un messaggio. Allo stesso tempo sono persone assolutamente normali, con una vita, un lavoro, una casa, una famiglia, dei figli.

Si dice che il cinema italiano sia autoreferenziale e provinciale, che sia questo il suo peccato originale. Tu cosa ne pensi?
Non so se è il suo peccato originale, perché il cinema italiano fino alla fine degli anni 70 veniva distribuito in tutto il mondo, specie i film di genere che ahimè non si fanno più: western, polizieschi, horror. La nostra creatività locale piaceva. Poi, per tante ragioni, ci si è persi e ci siamo involuti. Oggi si rischia poco, ci siano troppe sovrastrutture a tutti i livelli, produttivi e creativi. Però qualcosa sta cambiando, la globalizzazione impone un rimescolamento di linguaggi e generi. Prodotti anche locali, ma che sappiano parlare a tutti. Sembra una frase fatta, ma applicarla è difficile.

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