“La creatività? Non è ispirazione, è il fare”. Intervista agli scenografi Ambramà

About the Author: Alessia

Published On: 12 Gennaio 2017

Tempo stimato per la lettura: 5,1 minuti

“Essere creativi non è certo un dono, né un’indole. Per noi è semplicemente non fermarsi a un’idea. Renderla effettiva e fattibile. La creatività va intesa come processo. Non è ispirazione, è il fare”. Rispondono così gli Ambramà, al secolo Adriano Balsamà e Ilaria Ambrosino, di professione scenografi che hanno fatto della loro passione un lavoro bellissimo e creativo. Li abbiamo intervistati.

Innanzitutto come mai la scelta del vostro nome? Da dove deriva?

In realtà è molto semplice: Ambramà è La combinazione dei nostri cognomi AMBRosino e balsAMA’. L’idea originale non è nostra, nasce da un semplice gioco goliardico dei  ragazzi della nostra compagnia teatrale “IllocoTeatro”  quando, cercando amichevoli appellativi, ci è stato attribuito il nome Ambramà, appunto, che tutto sommato ci è piaciuto sin dal principio avendo nella sua fonetica qualcosa che rimandasse al magico, al fiabesco, alla meraviglia.

Lavorate prevalentemente nei teatri ma vi cimentate anche in performance di vario genere: in quale progetto, a vostro avviso, avete espresso la massima creatività?

Capita spesso che ci vengano proposti progetti diversi dal teatro, come la cura della grafica, modellismo, performance.. ma le emozioni che lascia il teatro non sono certo paragonabili a nessuno di questi progetti. Siamo dei teatranti ed è in questo contesto che arriviamo ad esprimere compiutamente le nostre idee , le nostre emozioni. Fondamentalmente cerchiamo di utilizzare lo spazio scenico come piattaforma polivalente, come spazio ove diversi codici comunicativi possano descrivere un luogo ma soprattutto descrivano un’azione, uno stato d’essere, un test.

A quale tipo di pubblico vi rivolgete?

Abbiamo incentrato il nostro progetto per supportare le piccole/medie compagnie teatrali e i laboratori sparsi per il territorio, ma ovviamente miriamo ad arrivare anche ai circuiti più grandi con i quali stiamo stringendo importanti collaborazioni. Per entrambe le direzioni cerchiamo comunque di mantenere la nostra grammatica estendendola poi a progetti diversi come eventi artistico-culturali, cinema, fotografia, grafica.

Che significa per voi “essere creativi”?

Essere creativi non è certo un dono, né un’indole. Per noi è semplicemente non fermarsi a un’idea, ma lavorare su di essa. Renderla effettiva e fattibile. La creatività va intesa come processo. Non è ispirazione, è il fare. Prima di arrivare ad una soluzione tecnica e visiva è necessario impastare conoscenza, esperienza e curiosità nello spazio ideativo e produttivo di un progetto. Non c’è una formula magica o un metodo giusto, si tratta, come dicevamo prima, semplicemente di un percorso, un processo, che è bene mantenere sui binari della cura lavorativa, artistica e non meno importante, ludica.


Come avviene il processo creativo nel vostro lavoro?

Quando ci commissionano un lavoro con una sceneggiatura da leggere iniziamo spesso separati. Ognuno legge il proprio copione e costruisce mentalmente un’idea di scene e luci. Questo è il momento più lungo di tutta la progettazione, perché abbiamo bisogno di svolgerlo con metodi e tempi diversi; il farlo inizialmente separati ci dà la possibilità di trovare direzioni diverse e non contaminate. Dopo si elaborano e si miscelano. Si capiscono. Qui si inserisce uno dei frangenti progettuali più coinvolgente e di per sé bello: qui abbiamo l’opportunità di giocare, di discutere le idee più strane, assurde, trattenendo le più audaci e dando loro corpo attraverso la ricerca della tecnica. Con essa, a questo punto, bisogna fare i conti con i pesi e le misure. È esattamente il luogo in cui si deve attraversare lo spazio che va dal pensabile al fattibile. Prendendo un caffè con la gravità e un tè con l’oggettività.

Quali sono le vostre fonti di ispirazione? A chi o a cosa vi ispirate?

In realtà non abbiamo un’unica fonte d’ispirazione, né un artista particolare a cui ci ispiriamo. La linea guida che portiamo avanti nella progettazione deriva da un ottimo metodo di lavoro che abbiamo appreso durante gli anni accademici. Diciamo che più che ispirarsi a qualcuno o qualcosa facciamo opera di ricerca. Di ogni tipo: video, pittorica, musicale, sociale, di costume o architettonica. È il prodotto dei fattori a dare il risultato.

Lo stato dell’Arte in Italia, secondo il vostro punto di vita. Cosa c’è da mantenere o salvaguardare e cosa invece dovrebbe cambiare radicalmente…

Non siamo di sicuro in età auree, ma crediamo che il problema non sia certo la morte dell’arte figurativa, o una pigrizia intellettuale, la sterilità concettuale o l’inadeguatezza socio-culturale. Crediamo che quello che manchi sia supporto. Insomma le cose nell’attività artistica, si fanno da sempre e se ne fanno tante di buone e moltissime di meno buone. Ma quello che manca è supporto. Culturale e infrastrutturale. E ad esso poi si affianca un difficile passaggio di consegna generazionale a livello di codici. Si incappa spesso in produzioni che arrivano oggi, a un ragazzo di 20 anni, attraverso codici vecchi, superati. Non errati, non da cestinare, ma da far evolvere e maturare. È tempo che l’arte si tolga da dosso questa tunica senatoriale e impari di nuovo a divertire e meravigliare. Senza troppe pretese.

La giornata lavorativa ideale, per voi, come dovrebbe essere?

La giornata ideale lavorativa non crediamo esista. E sarebbe difficile anche inventarla. Forse è la quantità di bei momenti a poter descriverla. O meglio la qualità di essi. Forse una corretta fotografia di questo è l’essere immerso nelle progettazioni, nei suoni, nel chiasso dei macchinari del laboratorio e soffermarsi improvvisamente su tuo figlio, sull’avere 5 anni e conoscere già la parola teatro. Su quanto impegno ci vuole nel dipingere, nel farlo entro le righe. Su quanto sia difficile a volte la parola scegronafare..no scegraforane…oh insomma scenografare papà!

Il prossimo lavoro…

Troppo scaramantici per parlarne prima..incrociamo le dita e “merda. Tanta, tanta merda”!

 

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“La creatività? Non è ispirazione, è il fare”. Intervista agli scenografi Ambramà

Published On: 12 Gennaio 2017

About the Author: Alessia

Tempo stimato per la lettura: 15 minuti

“Essere creativi non è certo un dono, né un’indole. Per noi è semplicemente non fermarsi a un’idea. Renderla effettiva e fattibile. La creatività va intesa come processo. Non è ispirazione, è il fare”. Rispondono così gli Ambramà, al secolo Adriano Balsamà e Ilaria Ambrosino, di professione scenografi che hanno fatto della loro passione un lavoro bellissimo e creativo. Li abbiamo intervistati.

Innanzitutto come mai la scelta del vostro nome? Da dove deriva?

In realtà è molto semplice: Ambramà è La combinazione dei nostri cognomi AMBRosino e balsAMA’. L’idea originale non è nostra, nasce da un semplice gioco goliardico dei  ragazzi della nostra compagnia teatrale “IllocoTeatro”  quando, cercando amichevoli appellativi, ci è stato attribuito il nome Ambramà, appunto, che tutto sommato ci è piaciuto sin dal principio avendo nella sua fonetica qualcosa che rimandasse al magico, al fiabesco, alla meraviglia.

Lavorate prevalentemente nei teatri ma vi cimentate anche in performance di vario genere: in quale progetto, a vostro avviso, avete espresso la massima creatività?

Capita spesso che ci vengano proposti progetti diversi dal teatro, come la cura della grafica, modellismo, performance.. ma le emozioni che lascia il teatro non sono certo paragonabili a nessuno di questi progetti. Siamo dei teatranti ed è in questo contesto che arriviamo ad esprimere compiutamente le nostre idee , le nostre emozioni. Fondamentalmente cerchiamo di utilizzare lo spazio scenico come piattaforma polivalente, come spazio ove diversi codici comunicativi possano descrivere un luogo ma soprattutto descrivano un’azione, uno stato d’essere, un test.

A quale tipo di pubblico vi rivolgete?

Abbiamo incentrato il nostro progetto per supportare le piccole/medie compagnie teatrali e i laboratori sparsi per il territorio, ma ovviamente miriamo ad arrivare anche ai circuiti più grandi con i quali stiamo stringendo importanti collaborazioni. Per entrambe le direzioni cerchiamo comunque di mantenere la nostra grammatica estendendola poi a progetti diversi come eventi artistico-culturali, cinema, fotografia, grafica.

Che significa per voi “essere creativi”?

Essere creativi non è certo un dono, né un’indole. Per noi è semplicemente non fermarsi a un’idea, ma lavorare su di essa. Renderla effettiva e fattibile. La creatività va intesa come processo. Non è ispirazione, è il fare. Prima di arrivare ad una soluzione tecnica e visiva è necessario impastare conoscenza, esperienza e curiosità nello spazio ideativo e produttivo di un progetto. Non c’è una formula magica o un metodo giusto, si tratta, come dicevamo prima, semplicemente di un percorso, un processo, che è bene mantenere sui binari della cura lavorativa, artistica e non meno importante, ludica.


Come avviene il processo creativo nel vostro lavoro?

Quando ci commissionano un lavoro con una sceneggiatura da leggere iniziamo spesso separati. Ognuno legge il proprio copione e costruisce mentalmente un’idea di scene e luci. Questo è il momento più lungo di tutta la progettazione, perché abbiamo bisogno di svolgerlo con metodi e tempi diversi; il farlo inizialmente separati ci dà la possibilità di trovare direzioni diverse e non contaminate. Dopo si elaborano e si miscelano. Si capiscono. Qui si inserisce uno dei frangenti progettuali più coinvolgente e di per sé bello: qui abbiamo l’opportunità di giocare, di discutere le idee più strane, assurde, trattenendo le più audaci e dando loro corpo attraverso la ricerca della tecnica. Con essa, a questo punto, bisogna fare i conti con i pesi e le misure. È esattamente il luogo in cui si deve attraversare lo spazio che va dal pensabile al fattibile. Prendendo un caffè con la gravità e un tè con l’oggettività.

Quali sono le vostre fonti di ispirazione? A chi o a cosa vi ispirate?

In realtà non abbiamo un’unica fonte d’ispirazione, né un artista particolare a cui ci ispiriamo. La linea guida che portiamo avanti nella progettazione deriva da un ottimo metodo di lavoro che abbiamo appreso durante gli anni accademici. Diciamo che più che ispirarsi a qualcuno o qualcosa facciamo opera di ricerca. Di ogni tipo: video, pittorica, musicale, sociale, di costume o architettonica. È il prodotto dei fattori a dare il risultato.

Lo stato dell’Arte in Italia, secondo il vostro punto di vita. Cosa c’è da mantenere o salvaguardare e cosa invece dovrebbe cambiare radicalmente…

Non siamo di sicuro in età auree, ma crediamo che il problema non sia certo la morte dell’arte figurativa, o una pigrizia intellettuale, la sterilità concettuale o l’inadeguatezza socio-culturale. Crediamo che quello che manchi sia supporto. Insomma le cose nell’attività artistica, si fanno da sempre e se ne fanno tante di buone e moltissime di meno buone. Ma quello che manca è supporto. Culturale e infrastrutturale. E ad esso poi si affianca un difficile passaggio di consegna generazionale a livello di codici. Si incappa spesso in produzioni che arrivano oggi, a un ragazzo di 20 anni, attraverso codici vecchi, superati. Non errati, non da cestinare, ma da far evolvere e maturare. È tempo che l’arte si tolga da dosso questa tunica senatoriale e impari di nuovo a divertire e meravigliare. Senza troppe pretese.

La giornata lavorativa ideale, per voi, come dovrebbe essere?

La giornata ideale lavorativa non crediamo esista. E sarebbe difficile anche inventarla. Forse è la quantità di bei momenti a poter descriverla. O meglio la qualità di essi. Forse una corretta fotografia di questo è l’essere immerso nelle progettazioni, nei suoni, nel chiasso dei macchinari del laboratorio e soffermarsi improvvisamente su tuo figlio, sull’avere 5 anni e conoscere già la parola teatro. Su quanto impegno ci vuole nel dipingere, nel farlo entro le righe. Su quanto sia difficile a volte la parola scegronafare..no scegraforane…oh insomma scenografare papà!

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