Urban Lives. L’arte urbana secondo Ivana De Innocentis

About the Author: Redazione ViviCreativo

Published On: 3 Aprile 2015

Tempo stimato per la lettura: 6,9 minuti

Ai neofiti del genere quali artisti consigli di seguire e tenere d’occhio?

Ai neofiti del genere consiglio innanzitutto di uscire per le strade, cercare, seguire, scoprire, sostenere in primis artisti nazionali, ancora meglio se locali. Potrei consigliare un centinaio di artisti oramai… ma per quello basta seguire il mio sito! Ne scelgo allora sei, che spero di intervistare presto: Cyop&Kaf, Nemo’s, James Kalinda, Collettivo FX, Tellas, Hopnn.

A Roma le periferie, i margini sociali e culturali della città, sembrano rivivere grazie a progetti come Sanba o Big City Life, a Rebibbia il mammut di Zero Calcare attira curiosi, lavoratori e pendolari. Credi che l’attenzione su iniziative simili possa portare ad attività parallele di riqualificazione urbana (servizi al cittadino, assistenza, riconversione di aree abbandonate)?

Più che un pensiero è una speranza per il futuro prossimo. C’è una gran confusione sul termine “riqualificazione”: non basta una bella opera su un muro grigio di un quartiere periferico, è dietro il muro che bisognerebbe agire, in parallelo: ad esempio con interventi di manutenzione per arginare il degrado all’interno degli edifici, iniziative di assistenza sociale e psicologica, coinvolgimento del cittadino nello svolgimento delle attività di street art e riqualificazione, indagine sulla memoria storica del quartiere, iniziative sociali educative e culturali. E poi sarebbe bello associare a tutto questo percorsi guidati che raccontino le tappe, la storia del progetto, gli aneddoti, le tecniche: un po’ quello che viene fatto ad esempio per MURo, Museo di Urban Art di Roma

Quando un artista lavora alla propria opera, qual è la reazione della gente del quartiere?

Le reazioni più affascinati sono certamente quelle di bambini e anziani, soprattutto in quartieri popolari. Sono i primi a porre domande, i primi a voler capire l’opera, i primi a preoccuparsi… nel bene e nel male. Non scorderò mai una signora anziana che si avvicinò a me mentre 108 dipingeva, concludendo la sua raffica di domande con un “ma poi quando ha finito rimette tutto a posto, sì??”.

Quando nasce la tua passione per l’arte urbana?

Non esiste in realtà un momento preciso, ci ho sempre convissuto. Ma è stata perlopiù una passione solitaria, purtroppo, fino a un paio di anni fa. A scuola, al liceo, ricopiavo dalle riviste di writing le tag sul diario. E sognavo di monitorare da sola, armata di macchinetta fotografica, tutta la street art, o meglio i graffiti, della scena romana. Mentre lo racconto a voi realizzo di non averlo mai detto a nessuno.

Ivana e il Collettivo FX

Ivana e il Collettivo FX

Un quadro, un film e una canzone che dicono chi è Ivana?

Luci e ombre, intensità e malinconia: Nighthawks di Edward Hopper, mio pittore preferito, uno dei pochi che mi ha emozionato fino alle lacrime. Come film scelgo una commedia chiamata “Chaos Theory” in cui il protagonista tenta di tenere a bada il lato razionale ma esplode nel caos. La canzone è una ballad rock, “Black” dei Pearl Jam, che mi accompagna da tutta la vita.

Cose che non mancano mai nella tua valigia quando parti?

Ho imparato a viaggiare con bagagli davvero essenziali. Fondamentale è lo smartphone con 2 batterie di ricambio: mi serve per le foto, la musica e il lavoro (sono social media specialist oltre che blogger). Poi sicuramente un buon libro e un blocco per gli appunti.

Dove ti vedi tra un anno?

Difficile rispondere, da quando è nato Urban Lives fatico a capire dove sarò a distanza di sole due settimane… Ovunque sarò tra un anno spero di aver realizzato nuovi progetti, di aver imparato, viaggiato tanto, conosciuto tante persone. E spero di essere circondata da persone stimolanti, creative, positive, incoraggianti. E, naturalmente, da tanta street art.

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Published On: 3 Aprile 2015

About the Author: Redazione ViviCreativo

Tempo stimato per la lettura: 21 minuti

Ai neofiti del genere quali artisti consigli di seguire e tenere d’occhio?

Ai neofiti del genere consiglio innanzitutto di uscire per le strade, cercare, seguire, scoprire, sostenere in primis artisti nazionali, ancora meglio se locali. Potrei consigliare un centinaio di artisti oramai… ma per quello basta seguire il mio sito! Ne scelgo allora sei, che spero di intervistare presto: Cyop&Kaf, Nemo’s, James Kalinda, Collettivo FX, Tellas, Hopnn.

A Roma le periferie, i margini sociali e culturali della città, sembrano rivivere grazie a progetti come Sanba o Big City Life, a Rebibbia il mammut di Zero Calcare attira curiosi, lavoratori e pendolari. Credi che l’attenzione su iniziative simili possa portare ad attività parallele di riqualificazione urbana (servizi al cittadino, assistenza, riconversione di aree abbandonate)?

Più che un pensiero è una speranza per il futuro prossimo. C’è una gran confusione sul termine “riqualificazione”: non basta una bella opera su un muro grigio di un quartiere periferico, è dietro il muro che bisognerebbe agire, in parallelo: ad esempio con interventi di manutenzione per arginare il degrado all’interno degli edifici, iniziative di assistenza sociale e psicologica, coinvolgimento del cittadino nello svolgimento delle attività di street art e riqualificazione, indagine sulla memoria storica del quartiere, iniziative sociali educative e culturali. E poi sarebbe bello associare a tutto questo percorsi guidati che raccontino le tappe, la storia del progetto, gli aneddoti, le tecniche: un po’ quello che viene fatto ad esempio per MURo, Museo di Urban Art di Roma

Quando un artista lavora alla propria opera, qual è la reazione della gente del quartiere?

Le reazioni più affascinati sono certamente quelle di bambini e anziani, soprattutto in quartieri popolari. Sono i primi a porre domande, i primi a voler capire l’opera, i primi a preoccuparsi… nel bene e nel male. Non scorderò mai una signora anziana che si avvicinò a me mentre 108 dipingeva, concludendo la sua raffica di domande con un “ma poi quando ha finito rimette tutto a posto, sì??”.

Quando nasce la tua passione per l’arte urbana?

Non esiste in realtà un momento preciso, ci ho sempre convissuto. Ma è stata perlopiù una passione solitaria, purtroppo, fino a un paio di anni fa. A scuola, al liceo, ricopiavo dalle riviste di writing le tag sul diario. E sognavo di monitorare da sola, armata di macchinetta fotografica, tutta la street art, o meglio i graffiti, della scena romana. Mentre lo racconto a voi realizzo di non averlo mai detto a nessuno.

Ivana e il Collettivo FX

Ivana e il Collettivo FX

Un quadro, un film e una canzone che dicono chi è Ivana?

Luci e ombre, intensità e malinconia: Nighthawks di Edward Hopper, mio pittore preferito, uno dei pochi che mi ha emozionato fino alle lacrime. Come film scelgo una commedia chiamata “Chaos Theory” in cui il protagonista tenta di tenere a bada il lato razionale ma esplode nel caos. La canzone è una ballad rock, “Black” dei Pearl Jam, che mi accompagna da tutta la vita.

Cose che non mancano mai nella tua valigia quando parti?

Ho imparato a viaggiare con bagagli davvero essenziali. Fondamentale è lo smartphone con 2 batterie di ricambio: mi serve per le foto, la musica e il lavoro (sono social media specialist oltre che blogger). Poi sicuramente un buon libro e un blocco per gli appunti.

Dove ti vedi tra un anno?

Difficile rispondere, da quando è nato Urban Lives fatico a capire dove sarò a distanza di sole due settimane… Ovunque sarò tra un anno spero di aver realizzato nuovi progetti, di aver imparato, viaggiato tanto, conosciuto tante persone. E spero di essere circondata da persone stimolanti, creative, positive, incoraggianti. E, naturalmente, da tanta street art.

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